1 Non siamo riprovevoli se facciamo cosa preferiamo, come consumatori. Il problema è se la nostra scelta è limitata o dobbiamo pagare prezzi più alti e più inefficienze per assenza di alternative. Se non esiste il diverso, non possiamo conoscerlo e farcelo piacere o meno.
2 Una caffetteria può essere una buona caffetteria e potrebbe anche offrire ciò che offre starbucks, che non è il buon caffè, ma un posto in cui sentirsi a casa, piacevole, in cui puoi caricare gli apparecchi elettrici o stare ore a studiare o a lavorare al computer senza che il barista arrivi da te e ti dica malamente di sloggiare. Se ci sono tutti e due, il piccolo bar (o anche il bar di lusso, quindi tutti e tre) e Starbucks, aumenta la possibilità di scelta. Non è detto che in Italia vinca Starbucks, non è detto che ci sia un pareggio, ma è probabile che il bar accanto sia incentivato a innovare, se arriva Starbucks. Magari il barista sarà meno scontroso. Per il caffè, peraltro, ci sono bar che fanno caffè ottimi e altri che li fanno pessimi, anche senza Starbucks (e comunque al limite arriverà nelle grandi città turistiche, ma il discorso è da estendere ad altri settori).
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L’Italia è statalista e corporativa. Di modello anglosassone, purtroppo, non ha niente, se con questo intendi libero mercato e rule of law e magari istituzioni efficienti e solide. Così è in crisi continua da venti anni e più, mentre tutti i paesi che hanno liberalizzato e si sono aperti al mercato sono cresciuti: nel tempo lo hanno fatto Spagna, Uk, Nuova Zelanda, Portogallo, Svezia, Danimarca, Cile, Germania, Estonia. Il punto in cui siamo dipende da tante cose che hanno portato alla produttività totale dei fattori immobile da trent’anni.
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Le pizzerie resistono, ma perché i famosi pizzaioli napoletani, per dire, non si sono messi a creare catene di franchising tipo pizza hut, dove le pizze fanno schifo ma hanno successo? Perché, credo che si chieda l’articolo, gli italiani accettano di restare nella piccola dimensione artigianale e chiedono protezione dalla concorrenza invece di provare a crescere, a innovare, ad aprirsi? Comunque, se il sistema delle pizzerie locali resiste e quello degli alimentari no, benissimo, nel senso che quelle stanno nel mercato e gli altri no. Ci sono dei settori che sono in grado di produrre qualità e venderla in tutto il mondo. Ce ne sono altri che chiedono di vietare le importazioni o le cosiddette falsificazioni, ma pretendono le etichette di dop o doc per proteggersi quando esportano.
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La grande distribuzione può essere italiana; coop, conad, esselunga. Comunque pigrizia e comodità evidentemente sono due valori che contano per le persone, magari indaffarate. La grande distribuzione è più efficiente perché più grande (economie di scala). Non c’è necessariamente differenza di qualità rispetto ai piccoli negozi (anche perché esistono la panetteria ecc.anche lì e sono tenute da titolari di vecchi piccoli negozi). Se però c’è differenza, il piccolo negoziante può sfruttare questa sua qualità maggiore, pubblicizzandola e magari ottiene il suo successo. Tra l’altro lavorano più persone nella grande distribuzione che nel piccolo negozio. Poi, oh, se si parla di commessi o camerieri, si parla di lavori a basso valore aggiunto, in eccesso di domanda, sostituibili, quindi dagli stipendi bassi, dall’automazione invasiva, dalla qualificazione e dalle prospettive basse. Ecco a che serve la possibilità di scelta. Il commercio di una volta era caratterizzato da scarsa libertà di scelta, pochi prodotti in vendita, completo potere del negoziante, prezzi alti, scarsa disponibilità di beni in ogni momento della giornata. Questo si traduceva non solo in prezzi più alti per il consumatore (quindi meno reddito disponibile) ma anche meno tempo a disposizione per sé.
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L’italianità in sé non è un valore, mentre l’efficienza sì. Sei più bravo (efficiente, efficace, economico) degli altri a fare le cose e a venderle? Bene: il voto del mercato nei tuoi confronti sarà il profitto. Se per un motivo o per un altro non riesci a stare sul mercato, quindi la gente non viene da te a comprare le tue cose, o cambi o esci. Questo aumenta l’efficienza del sistema perché favorisce i consumatori (che spendono meno e ottengono quello che vogliono a costi più bassi, quindi hanno più reddito da destinare a consumi, risparmi, investimenti e magari creazione di imprese produttive. Sono compresi tra gli investimenti quelli in istruzione e tra le spese quelle per il proprio tempo libero). Sono incentivati i produttori a essere efficienti e resistono quelli che sanno esserlo. Non sprecando risorse a favore degli inefficienti, il capitale fisico e umano può andare in settori ad alto valore aggiunto senza perdersi in settori inefficienti. In pratica se hai un vantaggio comparato nei software e sussidi i produttori di occhiali sui quali hai uno svantaggio competitivo (ti converrebbe i portarli) perdi le opportunità di crescita data dall’investire nel primo settore.
L’italianità in sé non è un valore, mentre l’efficienza sì.