In tribunale. Si apre la discussione del caso di Rosaria che chiede un compenso per i danni subiti da Luciana. Inizi a parlare il dante causa.
Rosaria: “Questa signora mi ha messo le mani addosso, signor giudice. Voglio un risarcimento. Dovevo anche andare dalla parrucchiera e lei mi ha fatto arrivare in ritardo. Così ho dovuto prendere permesso la mattina successiva, perché, sa, la sera si laureava mia nipote e volevo andarci in condizioni decenti”
Luciana: “Ma proprio lei parla di decenza? Signor giudice! Ho messo un mantello addosso a quella signora, perché non è consentito dalla legge andare in giro senza pudore. Il vestito era pulito, sa? L’avevo appena comprato. Potevo andare a chiamare i carabinieri, ma tanto quelli non fanno niente. Una volta sono andata a protestare perché una pasticceria aveva una torta che costava quaranta euro e loro hanno detto sì sì e non si sono mossi. Spetta sempre a noi cittadini intervenire.”
Giudice: “Restiamo al caso in oggetto, grazie. Rosaria: prosegua la deposizione.”
Rosaria: “Grazie Vostro Onore. Ero sulla spalletta del fiume insieme ad altra gente. Avevo visto che dei sommozzatori avevano salvato un ragazzo che si era buttato nell’Arno…”
Luciana: “Ecco! Anche quella cosa. Appena ho visto quella gente ho cominciato a urlare: “Andatevene! Cosa fate qua? E’ un assembramento! Devo chiamare i carabinieri?” Tutti si sono voltati e hanno iniziato a fare degli strani segni con la testa e con le mani, ma nessuno se ne è andato. Dicevano: “C’è uno che si è buttato”e io rispondevo: “C’è l’autorità preposta che lo sta tirando su, no? Andate via: non c’è una legge che permette di guardare e quindi è proibito farlo. Una ragazza si è messa perfino a cantare, ma non è mica consentito in un luogo pubblico. Per quanto riguarda questa signora, mi sia concesso il termine, mi ha preso per un braccio dicendomi di calmarmi ed era nuda! Sarei io a doverle chiedere i danni: adesso non mi fa male niente, ma prima che si rivelino delle lesioni muscolari possono passare alcuni mesi. Io lo so, sa! Ho sempre lavorato con dei medici.”
Giudice: “Intende intentare un giudizio contro la signora Rosaria, dunque? Non è questa la sede per farlo.”
Luciana: “No, no. Lasciamo perdere.”
“Allora non divaghi troppo e lasci continuare l’altra parte, che poi potrà continuare a spiegare pure lei le sue ragioni.”
Luciana: “D’accordo. Mi scusi, Vostro Onore.”
Rosaria: “Bravo. Grazie, Signor Giudice. In realtà ero vestita normalmente, per essere in estate. Indossavo un top nero e una minigonna, oltre ad un paio di infradito. Anche lei aveva una camicetta e un paio di… ”
Luciana: “Io cosa? Io porto il pareo anche in spiaggia, quando mi dirigo verso gli stabilimenti, sa? Mica sono così indecente come voi screanzate e sgualdrine! Io avevo una camicetta e dei pantaloni lunghi. Non devono trasparire le nudità. E’ contro ogni legge e ogni senso del pudore, che è perfino più importante della legge. Ai miei tempi si usava il manganello verso quelle come voi.”.
Rosaria: “Mi sa che è proprio un certo tipo di manganello che le manca!”
Luciana: “Screanzata!”
Giudice: “Signora Luciana, la prego di non insultare l’altra parte, grazie”.
Giudice: “Allora, signora Rosaria. Lei dice di volere un risarcimento dalla signora Luciana perché l’ha apostrofata a male parole, l’ha strattonata, le ha messo le mani addosso e le ha fatto perdere un appuntamento dalla parrucchiera che le è costato delle ore di lavoro non rimborsabili il giorno successivo e un’altra forma di lucro cessante. Ci parli di questo”.
Rosaria: “Già. Sa. Svolgo un servizio privato di trasporto di persone. Avevo un signore da portare da Lungarno Soderini a via Baracca, dove si trova la parrucchiera. Questa persona, avendomi visto tardare, ha preso l’autobus e ho perso un incasso che poteva bastarmi almeno a pagare il taglio”.
Luciana: “Vede, signor giudice? Questa persona è proprio una criminale incallita! Non si può portare gente a giro facendosi pagare. Ci sono i tassisti, che pagano le tasse, e il numero equo lo fissa l’Autorità. E anche sulla parrucchiera avrei da ridire. A quell’ora sono aperti solo i cinesi, che ci rubano il lavoro, usano di sicuro gli shampoo di gatto e sono sporchi”.
Rosaria: “Ma io ci vado e a me piace. Offre un servizio ottimo a basso prezzo e con orari lunghi, in modo che anche noi che usciamo tardi dal lavoro possiamo usufruire dei loro servizi, e è pulitissima, almeno per me. Sono contenta di pagare lei anziché le persone da cui andavo prima di conoscerla.”
Luciana: “Cosa piace a lei non conta. Sono clandestini. Illegali. Non pagano le tasse. Andrebbero chiusi. Dov’è l’autorità? Dov’ è il rispetto delle regole? Meno male che ci sono i giudici. Dica, Vostro Onore. Non ho forse ragione?”
Rosaria: “Ecco. Sentiamo cosa dice lui.”
Giudice: “Direi che ho tutti gli elementi per giudicare. La Signora Rosaria chiede un risarcimento simbolico di un euro per essere stata strattonata, per di più di fronte a molte persone e il rimborso del mancato incasso derivante dal non avere potuto svolgere un servizio privato di trasporto di persone, valutabile secondo quanto ha affermato lei stessa in tredici euro (il costo di un taglio di capelli). Inoltre chiede di essere rimborsata per le tre ore di permesso che ha dovuto prendere e non le saranno rimborsate. L’importo è pari a trenta euro, dato che la signora prende dieci euro l’ora a lavoro. Mi ritiro per deliberare.”
Dopo la discussione tra il pubblico, che risulta per metà schierato a favore di Luciana e per metà di Rosaria, rientra il giudice.
Giudice: “Visti il codice civile e il regolamento comunale, dichiaro la signora Luciana colpevole di avere maltrattato in pubblico la signora Rosaria, quindi la condanno al pagamento simbolico di un euro. Inoltre la condanno al risarcimento delle ore di lavoro perse, quindi al pagamento di ulteriori trenta euro. Non è invece possibile accogliere la richiesta in merito al mancato incasso per il servizio di trasporto persone perché non è legittimamente eseguibile nella città di Firenze e perché la signora non sembra avere le necessarie autorizzazioni, licenze e altre gabelle. Non può, d’altronde, neppure essere condannata la signora Rosaria, dato che non ha svolto nessun servizio. Così è deciso. Scusate, ma sono di corsa, perché mi si scuoce la pasta. Vado a mangiare. Statemi bene.”
Rosaria fece un sorriso a trentadue denti e uscì tranquillamente.
Luciana fu portata fuori a forza da due guardie perché continuava a sbraitare e a urlare: “Comunista! Toga Rossa! Non c’è più la Magistratura di una volta! Altro che difensori della legge! Siete difensori della scostumatezza! Ladri! In galera!”