there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Maratona di Torino 2012 (km 16-20)

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SEDICI. C’è di nuovo gente lungo queste strade, che portano verso Moncalieri. Poche persone, ma ben disposte. Sorridono, applaudono, incitano. “Vai più piano.” Mi dico. Rallento. Qua, usciti dal centro e passati i primi paesini, inizia la fase monotona del paesaggio (campi, viali, strade, palazzi) e delle vie deserte. Ndrr: questo paragrafo necessiterebbe di una revisione. Magari la prossima volta, eh. DICIASSETTE. Maglietta del giorno: “Sostieni la ricerca. Tirami!” E’ stata anche l’unica degna di nota. Era indossata da una ragazza bionda, alta, che partecipava alla Stratorino. L’ho vista poco prima della linea della partenza, mentre andavo verso un bar. Ligabue: non si è fatto sentire. Di solito “Non abbiamo classe ma abbiamo gambe e fiato finché vuoi,” e “Non ci avranno finché questo cuore non creperà di ruggine, di botte o di età” mi vengono in mente. Stavolta non saranno “frasi del chilometro.” Numeri di pettorale indossati da persone che erano nel gruppo che seguiva i pacer e che potrei andare a conoscere: 4133, 4167. DICIOTTO. Penso: “Adesso scrivo un messaggio in diretta su Facebook. Poi, prima dell’arrivo, se trovo Francesca Bianco, una tipa che andai a trovare a Milano due anni fa e ha corso l’ultima maratona di Chicago in 3h22′, le salto in collo e riparto.” Sarebbe anche una cosa da farsi, quella di scrivere una cosa in diretta, no? Delle urla dietro di me mi riportano nel mondo reale. Saranno i pacer delle quattro e tredici? Restate dietro, voi! Ndrr: ovunque abbia scritto quattro e tredici (cioè sei al chilometro) deve intendersi quattro e quindici. Ndrr due: non ne sono poi così sicuro, ma è irrilevante. Ndrr tre: hai intenzione di allungare ancora il brodo? Ti sembra di avere scritto poco? DICIANNOVE. Decido di provare a stare tra i cinque e trenta e i cinque e quaranta, anziché restare sui cinque e cinquanta e poi passare ai cinque e quaranta fino al trentesimo, malgrado quel pizzico di paura su cosa potrà succedere quando avrò scollinato oltre Trentesimo Hill. Smetto di leggere i cartelli dei chilometri, guardare il tempo impiegato finora, sommarci il tempo che devo metterci per rispettare l’andatura e verificare come sto andando. Una procedura un po’ laboriosa, ma che permette di far scorrere il tempo e di concentrarsi sulla gara. VENTI. All’inizio è apparsa regolare, grande, ordinata, spaziosa, fredda, patriottica e mi ha lasciato indifferente. Proprio come venticinque anni fa. Poi sono apparsi i primi parchi, dei palazzi non solo regali, giardini, monumenti, teatri, vicoli, varietà e sorprese. Quindi ha mostrato la vivacità del mercato di porta palazzo, nei giochi di luce sotto la maestosità del teatro di Corigliano e nell’atmosfera letteraria delle bancarelle di via Po e del Mood. Infine ha capito che mi aveva conquistato e ha fatto sì che vedessi la Mole. Torino non sa, però, che più di lei mi ha sorpreso la gentilezza e la simpatia dei torinesi.

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