Finisci l’università e ti chiedono: “Mi consigli un’azione?”
Non è che un’azione è buona per sempre. Che prezzo ha? Chi sono i manager dell’azienda? Quali sono le strategie? Qual è stato l’andamento degli utili e quali sono gli utili attesi futuri? Com’è il settore di riferimento? Che quota di mercato ha? Chi sono i principali competitor? Il settore è soggetto a innovazioni tecnologiche distruttive? In che punto del ciclo di vita secondo una matrice bcg si trova? Qual è il suo peg? Qual è la sua struttura dei costi? Dipende dalle materie prime? Ecc. Per rispondere bisogna analizzare l’azienda e i suoi bilanci. Per farlo dovrei avere del tempo. La domanda avrebbe senso se io facessi di lavoro l’analisi dei titoli quotati come Actinvest. Non se faccio un’altra cosa
La domanda poi non ha senso perché non esistono buoni investimenti, ma buoni investitori. Perché non si investe comunque in un’azione, se non si pensa a diversificare. Non posso rispondere se non so qual è il tuo profilo di rischio o la composizione del tuo patrimonio o i tuoi desideri o quanto hai il denaro vincolato.
Soprattutto, la domanda che dovrei fare quando mi chiedi in quali azioni investire è: “quanto sei disposto a perdere?”
Lo stesso vale per quelli che mi chiedono se conviene mettere su un’azienda o un negozio. Che ne so? Prima si analizza e poi si valuta. Il contrario lo fanno i politici e i venditori. La domanda da fare nel caso di investimenti in attività imprenditoriali è: “Mi sai dire almeno sette ragioni per cui potresti fallire?”