Da “Voltremont,” criticando l’idea che la crescita dei consumi nei Paesi asiatici faccia ridurre la disponibilità di risorse alimentari ai Paesi europei.
I beni
alimentari non sono
nascosti o immagazzinati
da qualche parte, come
una riserva: essi vengono
prodotti ogni anno,
usando terra, materie
prime, lavoro e
tecnologie, le quali
cambiano e quasi sempre
migliorano.
La produzione
agricola mondiale è
cresciuta nell’ultimo
secolo grazie soprattutto
al miglioramento delle
tecniche agricole e alla
‘‘rivoluzione verde’’.
L’idea che ora le
fameliche bocche
asiatiche possano essere
sfamate solo togliendo il
pane di bocca ai poveri
bambini italiani è quindi
grottesca. Il ragionamento
parte dal presupposto che
il problema principale sia
la scarsità di terre da
coltivare.
L’esperienza
dell’ultimo secolo ci dice
che questo è un problema
di gran lunga secondario
rispetto alla produttività
delle terre stesse. Certo,
l’area emersa del nostro
pianeta non cambia, ma
cambia la quantità di terre
coltivabili, e cambia la
produttività delle stesse.
Questo succede
soprattutto perché
popolazioni che prima
coltivavano poco o male
apprendono a usare
meglio le loro terre e/o ne
mettono di nuove a
coltivazione, producendo
quindi una maggior
quantità di derrate
alimentari. Anche questo
processo, ovviamente, è
stimolato e favorito dalla
globalizzazione, dal
progresso tecnologico e
dal maledetto
‘‘mercatismo’’. Non
c’è nessuna riserva
alimentare che gli abitanti
dei paesi asiatici
emergenti ci stanno
consumando. Infatti nei
paesi europei
consumiamo sempre di
più generi alimentari
prodotti altrove e
compriamo a prezzi più
bassi che in precedenza.
Ha apparentemente
più senso la
preoccupazione relativa
alle riserve minerarie ed
energetiche. Almeno in
prima approssimazione, si
può dire, queste risorse
sono effettivamente non
riproducibili (a differenza
di quelle agricole). Ma a
ben pensarci anche in
questo caso il problema è
assai meno grave di
quello che può apparire in
prima istanza. Ci sono
tanti modi di produrre
energia. Molti di questi
sono al momento
antieconomici perché
bruciare carbone o
petrolio risulta meno
caro. Se il prezzo dei
carburanti continuerà a
crescere, si passerà ad
altri metodi di produzione
dell’energia.
L’IEA prevede vari scenari e cerca di capire come favorire la transizione energetica.