Quanto segue è stato preso da articoli o commenti presi dai seguenti siti o rapporti:
Semplifica
Wired
Salmone
Blog di Dario Bressanini su “Le Scienze”
Biotecnologiebastabugie
Studio Barilla
MA CI SONO SOLO POCHI PRODOTTI OGM?
Dice Petrini: “A circa trent’anni dall’inizio dello studio sugli Ogm, i risultati in ambito agroalimentare riguardano
solo tre prodotti (mais, colza e soia). Le piante infatti mal sopportano le modificazioni genetiche e
questa scienza è ancora rudimentale e in parte affidata al caso. Vorremmo ci si attenesse ad
atteggiamenti di cautela e precauzione, come hanno fatto Germania e Francia, che hanno vietato
alcune coltivazioni di Ogm.”
FALSO: che “Le piante infatti mal sopportano le modificazioni genetiche” è una stupidaggine
colossale che qualunque studente di biologia può smentire. Un gene è un gene! Può Petrini
citare un lavoro serio dove si documenta che “Le piante infatti mal sopportano le modificazioni
genetiche” ?
Che sia falso lo dimostra il fatto che sono stati sviluppati ormai centinaia di ogm diversi, per
rispondere a vari problemi agricoli. Dalla vite al pomodoro al riso al frumento. Solo che questi ogm
sono ancora nei cassetti delle universita’ dove sono stati sviluppati per via dell’avversione a queste
tecnologie. È intellettualmente disonesto quindi, dopo essersi opposti all’introduzione di altri ogm,
sostenere che ci sono solo pochi prodotti sul mercato. Anche in Italia, nelle serre di molte
universita’, ci sono ogm pronti di vari tipi, dalla mela della valle d’aosta, alla melanzana resistente, al
pomodoro san marzano.
Sono
in arrivo, nei prossimi cinque anni, centinaia di nuovi OGM, per la maggior parte
frutto della ricerca pubblica. Vedi questo documento del cento studi JRC della Commissione
Europea
http://ipts.jrc.ec.europa.eu/publications/pub.cfm?id=2420
Francia e Germania hanno vietato il mais Ogm con motivazioni politiche, non scientifiche.
Nessuna delle passate decisioni di vietare le coltivazioni nella UE è stata poi supportata da un
parere scientifico favorevole e sono quindi da considerarsi decisioni dettate dalle esigenze
politiche interne ai due paesi dove l’opposizione agli OGM non è meno forte che da noi in Italia. In
Spagna invece se ne coltivano circa 80.000 ettari con grande soddisfazione degli agricoltori che lo
utilizzano.
L’EFSA ha ribadito che il divieto applicato in Francia non è fondato scientificamente e alle stesse
conclusioni è arrivata la commissione centrale tedesca per la biosicurezza.
http://www.efsa.europa.eu/en/scdocs/doc/
gmo_op_ej850_French_safeguard_clause_on_MON810_maize_en.pdf
http://www.gmo-compass.org/eng/news/
455.no_new_evidence_environmental_risks_through_maize_mon810.html
Oltre a mais, soia e colza esiste in commercio la papaya ogm, esiste la
Patata ogm (in Russia), esiste la barbabietola da zucchero (Canada e USA), e il riso sarà sul
mercato in asia entro due anni. In Sud Africa esiste il mais ogm bianco, coltivato per consumo
umano.
CARLO PETRINI, OGM E SALUTE ANIMALE.
Dice Petro: “Ci possono essere problemi di salute per animali alimentati a Ogm.”
FALSO: Tutti gli studi SERI in questo campo hanno smentito questo fatto. Sono stati pubblicati
articoli, i piu’ recenti di Seralini, dove rianalizzando con metodi statistici vecchi esperimenti si
sostiene che il mais ogm possa causare alterazioni fisiologiche. Varie istituzioni scientifiche hanno
piu’ volte smentito queste conclusioni bollando come “sballate” le tecniche statistiche usate da
Seralini. Purtroppo gli attivisti continuano a citare questi lavori senza citare le varie bocciature
http://www.efsa.europa.eu/en/events/event/gmo100127-m.pdf
http://www.foodstandards.gov.au/educationalmaterial/factsheets/factsheets2009/
fsanzresponsetoseral4647.cfm
http://www.salmone.org/wp-content/uploads/2010/02/hcbpress.pdf
In più, che non esistano rischi sanitari dagli ogm, oltre che innumerevoli rapporti scientifici e
l’EFSA, lo hanno ammesso anche gli oppositori agli OGM, tra cui Slow Food, nel loro rapporto “Le
ragioni di chi dice no” http://content.slowfood.it/upload/3E6E345B029d525A10lQj3FD7A86/files/Dossier_OGM-in-Agricoltura_Le-ragioni-di-chi-dice-no.pdf
“i rischi delle attuali Piante Geneticamente Modificate sono molto bassi se non assenti”
Si puo’ discutere se il mais sia o meno il cibo piu’ adatto ai bovini (cfr. Il Dilemma dell’onnivoro,
Michael Pollan, Adelphi) ma questo esula dal fatto che il mais sia geneticamente modificato o
meno.
E’ pero’ un fatto, poco noto agli italiani, che il mais Bt resistente agli insetti e’ piu’ sano per l’uomo
perche’ contiene meno tossine (fumonisine), che invece sono presenti in misura maggiore nel mais
italiano sia convenzionale che biologico e che possono raggiungere livelli preoccupanti, soprattutto
per le donne in gravidanza. E da quel mais possono passare al latte delle vacche e quindi al
formaggio, anche DOP.
Sugli OGM sono stati fatti studi per vedere se la composizione del latte o della carne di animali
nutriti da OGM era in qualche modo diversa, e non è risultato nulla di anomalo. Una rassegna
completa recente in due parti è accessibile su
http://arjournals.annualreviews.org/doi/pdf/10.1146/annurev.arplant.58.032806.103840?
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e
http://arjournals.annualreviews.org/doi/pdf/10.1146/annurev.arplant.043008.092013
Perchè il cittadino italiano non ne è a conoscenza? Perchè la stampa preferisce intervistare Carlo
Petrini, Mario Capanna, Giulia Maria Crespi o il ministro Luca Zaia piuttosto che uno delle migliaia
di scienziati competenti che lavorano in questo campo, anche italiani.
CARLO PETRINI E LA BIODIVERSITA’
Dice Petro: “Le colture Gm impoveriscono la biodiversità perché hanno bisogno di grandi superfici e di un
sistema monocolturale intensivo. Se si coltiva un solo tipo di mais, si avrà una riduzione anche dei
sapori e dei saperi.”
FALSO: gli ogm possono arricchire la biodiversita’, riportando in auge varietà vegetali che non si
possono piu’ coltivare per via di virosi, attacchi di insetti o altro.
Non e’ affatto vero che gli ogm
abbiano bisogno di grandi superfici: dipende ovviamente dalle colture. Un esempio di piccola
coltura salvata dalle biotecnologie e’ la papaya delle Hawaii dove piccoli agricoltori ora possono
continuare a coltivarla http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/2007/11/07/lapapaya-
ogm/
Ed essendo il risultato della ricerca pubblica gli agricoltori non hanno bisogno di pagare royalties o
di ricomperare i semi. Per quel che riguarda l’Italia qui potete scaricabile gratuitamente, http://
snipurl.com/u89gv un libro intitolato “Biotecnologie per la tutela dei prodotti tipici italiani”. Ci sono
esempi concreti, dal pomodoro San Marzano al Melo della Valle d’Aosta, come si dovrebbe
sempre fare discutendo di questi temi, e non fare discorsi astratti come purtroppo si sentono,
troppo spesso, in Italia.
CARLO PETRINI SULLA CONTAMINAZIONE
Dice Petro: “Coltivare Ogm in sicurezza, in Italia, è impossibile; le aziende sono di piccole dimensioni e non ci
sono barriere naturali sufficienti a proteggere le coltivazioni biologiche e convenzionali.
L’agricoltura fa parte di un sistema vivente che comprende la fauna selvatica, il ciclo dell’acqua, il
vento e le reazioni dei microrganismi del terreno: una produzione Gm non potrà restare confinata
nella superficie del campo in cui viene coltivata.”
FALSO: sono disponibili vari studi che dimostrano come la coesistenza sia perfettamente possibile.
Le distanze da tenere possono variare da pochi metri (come per il riso) a decine di metri (come il
mais) o addirittura non servire, in tutti quei casi dove le piante si autofecondano e non rilasciano
polline nell’ambiente. Oppure è il portainnesto (del melo o della vite) ad essere transgenico, per
proteggere da alcuni insetti, mentre fiori e frutti sarebbero completamente “ogm free”.
Vedi ad esempio questi documenti tra i tanti disponibili
http://www.gmo-compass.org/eng/regulation/coexistence/201.coexistence_is_possible.html
http://www.pgeconomics.co.uk/pdf/Co-existence_maize_10october2006.pdf
PETRINI: OGM, SEMI E BREVETTI
Dice Petro: “Le coltivazioni Ogm snaturano il ruolo dell’agricoltore che da sempre migliora e seleziona le
proprie sementi. Con le sementi Gm, invece, la multinazionale è la titolare del seme: ad essa
l’agricoltore deve rivolgersi ad ogni nuova semina (poiché, come tutti gli ibridi, in seconda
generazione gli Ogm non danno buoni risultati) ed è proibito tentare miglioramenti se non si
pagano costose royalties.”
FATTO: non tutti gli OGM sono ibridi e non tutti sono prodotti da multinazionali
FATTO: la maggior parte degli agricoltori (convenzionali o biologici) acquista semi ogni anno, e mi
stupisce che Petrini non lo sappia. Sono ormai finiti i tempi, da quasi un secolo, in cui gli agricoltori
miglioravano le proprie sementi, perche’ ora si preferisce acquistare sementi certificate, prive di
virosi, e con germinazione e qualita’ molto elevata. Salvare i propri semi per l’anno successivo, a
parte casi specifici e su piccola scala, può portare ad una riduzione notevole della qualita’ del
raccolto. In piu’ le aziende produttrici di semi (che sono spesso le stesse che producono ogm)
svolgono ricerca e sviluppo e lanciano sul mercato sempre nuove colture. Ad esempio i semi dei
pomodori di Pachino (quelli famosi a grappolo) sono sviluppati da una azienda biotech israeliana,
la Hazera Genetics, non certo dagli agricoltori “che da sempre migliorano il seme”.
Gli ibridi esistono da quasi un secolo. I coltivatori di mais italiano comprano ibridi (non
ogm) ogni anno. Per molte altre colture sono stati sviluppati gli ibridi. Se gli agricoltori li usano
evidentemente gli conviene. Nessuno li obbliga. Lasciamoli liberi di scegliere.
Gli ogm sviluppati dalla ricerca pubblica, anche italiana, sarebbero disponibili per gli
agricoltori come qualsiasi altra coltura sviluppata nel secolo precedente. Ad esempio il grano.
Il grano Cappelli, tanto decantato ultimamente, non è stato “selezionato dagli agricoltori”, ma è il
risultato del lavoro di un genetista agrario italiano, Nazareno Strampelli, che ha selezionato una
varieta’ tunisina di grano duro, adattata al clima italiano, e l’ha resa disponibile agli agricoltori.
Oltre ai maiscoltori, che hanno gia’ manifestato l’interesse a provare in campo gli ogm,
esistono anche altri agricoltori interessati. Ad esempio i risicoltori italiani, come dimostra questo
loro documento http://bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it/files/2009/11/090924-Senato-audizione-OGM.pdf
Avete mai provato a seminare e riseminare sempre lo stesso seme per generazioni (parlo di piante
a ciclo rapido, ovviamente, e lo stesso vale per talee, bulbi etc), anzichè ricambiarlo di continuo?
Avete notato quello che taluni coltivatori incolti che conosco definirebbero “la razza si
imbastardisce/si guasta”, ovvero che progressivamente le qualità anche delle piante migliori vanno
a ramengo?
E’ vero che le uniche colture che prosperano ottenute per clonazione sono quelle in cui la pianta
è di lento accrescimento e facilmente controllabile nel suo diffondersi, tipo il pioppo della val
Padana, sperando che però non salti fuori un parassita specifico se no ciao?
È incredibile che qualcuno ancora possa tirare fuori la questione della semente brevettata che
“costringe” a comprare le sementi ogni hanno!
se anche il seme può essere riseminato tal quale (con soia e frumento qualche volta si è fatto
perchè sono specie autogame) purtroppo può calare drasticamente la germinabilità a causa delle
modalità di conservazione del seme: in una normale azienda agricola è difficile poter stoccare in
modo ottimale la semente e poi farle i trattamenti chimici, meccanici e di selezione di cui avrebbe
bisogno per mantenere elevata la germinabilità e la produttività di conseguenza.
Nel caso del mais che è un ibrido, ed il seme viene quindi prodotto incrociando linee parentali
diverse, è già da 30-40 anni necessario comprare il seme dalle vituperate multinazionali, perchè
viene prodotto usando tecniche particolari in aziende che generalmente sono specializzate su
questo.
Le colture fatte per produrre sementi commerciali (mais e soia in primis)
sono già fatte tramite quei contratti tipo “soccida”:
si compra la semente dalla MultiN a prezzo un po’ maggiorato rispetto alle sementi normali (cioè
quelle per produrre la granella da ammasso), si coltiva con molta accortezza il tutto e alla fine si
dovrebbe spuntare un prezzo un po’ migliore della granella normale, sempre che tu abbia la qualità
del seme sufficiente (colore, calibro, germinabilità, esenzione da malattie fungine, ecc.)
altrimenti te le tieni sul groppone e le vendi come normali.
http://www.salmone.org/2010/07/30/brevetto-monsanto-di-luca-simonetti/
Il 40% del cotone Bt seminato in India non paga
le royalties (se esiste questa possibilità vi è quindi da chiedere alla Vandana Shiva che trovi
un’altra motivazione “da vendere” circa il suicidio dei contadini indiani). Inoltre la soia argentina ha
fatto aggirare il divieto di seminare la soia GM in Brasile voluto da Lula. Si è stabilita una corrente
di contrabbando tale che ha portato il governo a venir meno al suo diktat, infatti, ormai il 65% della
soia brasiliana è GM. A proposito la Coop in risposta ad una lettera ha detto che per le sue
produzioni di carni ha creato delle enclaves di coltivazioni di soia GM-free in Brasile finanziandole
con un sovrapprezzo (la Coop sei tu!…ma paghi di più!). Ora, se al tasso del 25% ci si è arrivati in
cinque o sei anni, credo che il 100% sia prossimo.
Ricordo anche a chi non lo sa (e credo siano in molti tra gli anti-ogm) che in Argentina la diffusione
velocissima della soia OGM è dovuta anche al fatto che in quel paese i brevetti Monsanto NON
valgono, e quindi chiunque ha potuto copiare i semi e farne delle varianti.
“In altre parole, per spiegare tutto ai profani: chi vorrà coltivare pomodori dovrà pagare ogni anno
al detentore del brevetto, cioè a una multinazionale, una royalty, un diritto di brevetto.”
“Bisognerebbe denunciarli per procurato allarme quando affermano balle di questo genere.
Si può brevettare un tipo di pomodoro specifico e unico e totalmente
ingegnerizzato che serve a curare il diabete, per dire, o il broccolo che aiuta a curare qualche tipo
di cancro, magari…, e che a chi l’ha “inventato” è costato un sacco di soldi in ricerca e sviluppo.
Ma mica brevettare IL pomodoro, o I broccoli in genere. Che stupidaggine.
http://pensieri-eretici.blogspot.com/2011/10/ignoranza-brevettata.html
A proposito di brevetti non ogm, il frumento Creso è rimasto brevettato per 35 anni in luogo dei 20 per legge (cosa
incomprensibile.)
E Petrini dice:
“Le coltivazioni Ogm snaturano il ruolo dell’agricoltore che da sempre migliora e seleziona le
proprie sementi. Con le sementi Gm, invece, la multinazionale è la titolare del seme: ad essa
l’agricoltore deve rivolgersi ad ogni nuova semina (poiché, come tutti gli ibridi, in seconda
generazione gli Ogm non danno buoni risultati) ed è proibito tentare miglioramenti se non si
pagano costose royalties”
Vediamo cos’è capitato con gli ibridi di mais.
L’eterosi è stata definita da colui che l’ha messa in evidenza sul mais, G.H. Shull: “l’effetto di
stimolazione dovuto all’unione gametica di elementi differenti” L’eterosi, che non è stato l’uomo a
scoprirla per primo, ma bensì la natura stessa a metterla in pratica allorquando ha selezionato
piante con meccanismi tali che impedissero l’autofecondazione o che il polline fecondasse il pistillo
della stessa pianta nel caso di sessi separati . Quali sono i vantaggi dell’etertosi: maggior vigore,
precocità, rese elevate, rusticità e buona resistenza ai bioaggressori, in definitiva una maggiore
omeostasi. Molti buoni caratteri presenti nei due genitori sono trasferiti alla progenie. Tra tutte le
strutture eterozigoti è la F1 (prima generazione )che permette di sfruttare meglio l’eterosi. L’ottima
omogeneità è data dal fatto che la progenie è data da un solo genotipo.
Anche le varietà popolazioni (quelle che Terra Madre, raccontando balle agli allocchi, dice che
sono superiori e frutto del savoir faire contadino per millenni) sfruttano l’eterosi, ma da calcoli su
risultati ottenuti dal CYMMIT è stato possibile valutare le rese ipotetiche che queste popolazioni
raggiungerebbero se fossero state lavorate geneticamente come gli ibridi. Esse avrebbero
raggiunto i 75 q/ha, vale a dire senza la selezione genetica delle case sementiere avrebbero
prodotto al massimo 30 q/ha (e sono ottimista perchè in certi paesi sottosviluppati si produce
ancora meno). Pertanto se prendiamo una produzione media di un ibrido nelle agricolture intensive
di 100 q/ha vi è un gap di ben 70 q/ha, cioè più di 2/3. Le popolazioni infatti sono in miscuglio di
ibridi semplici ma di differente performances. Qualcuno ha pensato di far fare a questi paesi delle
linee pure con le stesse rese degli ibridi e quindi non ci sarebbe stato da comprare il seme ogni
anno, ma purtroppo si è constatato che ci sarebbero da riunire cosi tanti geni della produttività che
la loro fissazione è materialmente impossibile. Qualcuno pensa che nell’ibridazione si verifichi un
superdominanza non realizzabile nelle linee pure.
L’idea che molti ambientalisti hanno fatto passare che la produzione degli ibridi F1 ( dunque F2 o
seconda generazione) siano delle specie di “sementi morte” (cioè inseminabili), ha fatto nascere la
convinzione nei profani che si trattasse di “sementi sterili” Invece avreste dovuto dire: “ no sono seminabili ma passando
dalla F1 alla F2 metà dell’effetto dell’eterosi va perso.
QUINDI GLI AGRICOLTORI NON SONO COARTATI NELLLA LORO VOLONTA’ MA è UN
COMUNE SCAMBIO DI UTILITA’: IO TI DO UN SEME CHE PRODUCE DI PIU’ E TU
CONTRUBUISCI A RIPAGARMI DELLE RICERCHE E PERMETTERMI DI FARNE ALTRE IN
FUTURO.
E’ vero che si stanno facendo studi in modo da trasferire l’apomissia sul mais (in
nessun altro campo delle colture di piena campo è presa in considerazione) ma unicamente per
poter meglio sviluppare, moltiplicare e mantenere le linee ibride elites (che non si vendono) e
produrre sementi più facilmente.
Le ditte sementiere non
sono interessate a questo lavoro. Sono enormi le spese che ci sono per riscuotere da ogni
singolo agricoltore una royalties,. Si ha notizia di solo qualche ricerca pubblica (pubblica bada
bene!) che si sta facendo nel mondo per trasferire l’apomissia nel mais.
Ti faccio notare che il tratto OGM è stato inserito in un mais ibrido (è per questo che la Monsanto
ha fatto man bassa di ditte sementiere: voleva dotarsi delle migliori linee pure di mais) Alla
Monsanto non gliene frega niente se un agricoltore risemina un suo ibrido OGM, tanto quello perde
completamente i benefici dell’eterosi già al secondo anno, quindi sa che smetterà prima
l’agricoltore di seminare e riseminare che lei di cercare le semine clandestine. Certo, se lo sa con
certezza gli intenta causa, ma per una questione di pubblicità. Il caso di Schmeiser è diverso lui ha
selezionato in una varietà di Colza non ibrida OGM e li si che la Monsanto teme le risemine e fa
valere il brevetto in tutte le circostanze
Le multinazionali non vogliono vendere sementi di mais apomittiche, per
loro sarebbe una complicazione: prima di tutto sono già protette dagli ibridi (in seconda
generazione il genotipo cambia) ed è una protezione che non gli costa nulla. Con le sementi
apomittiche dovrebbero andare a controllare i coltivatori uno per uno perché in seconda
generazione il genotipo non cambia.
http://biotecnologiebastabugie.blogspot.it/2009/03/lavvocato-del-diavolo.html
www.salmone.org/finalmente-si-capira-che-il-brevetto-non-privatizza-la-vita
SUPERSEMI
Non esistono i supersemi. Esistino delle specie che sfuggono alla molecola diserbante perchè
sono mutati ed il diserbo li seleziona, come esistono da tempo immemorabile anche delle specie
che sfuggono alla zappa es. la sorghetta da rizoma e in questo caso gli OGM non c’entrano
un’acca.
COSA SUCCEDERA’ AI PRODOTTI TIPICI DI UN LUOGO SE SI DIFFONDONO GLI OGM?
La percezione che esista un aut-aut tra tipicità e qualità del cibo da un lato e gli OGM
dall’altro è diffusa ma, alla luce dei fatti, non appare corretta. La tecnologia dell’ingegneria
genetica consente infatti di effettuare interventi che migliorano le prestazioni agronomiche
delle colture tradizionali (resistenza a parassiti o alle avversità ambientali) senza
apportare modifiche alle caratteristiche qualitative di tipicità. Lo dimostra, ad esempio, il
pomodoro S. Marzano che è stato modificato geneticamente per renderlo resistente a
un virus che ne rende impossibile la coltivazione. Questa varietà GM, in tutto uguale al
- Marzano originale, se non per il gene che conferisce la resistenza al virus, non viene
però coltivato a causa della moratoria di fatto tuttora in corso.
Occorre inoltre aggiungere che la qualità non dipende dal metodo di produzione in
sé. Ad esempio, le disposizioni europee sui prodotti biologici, oggi generalmente pubblicizzati
come di maggior qualità, vietano esplicitamente di riferirsi a essi come a prodotti
di qualità superiore (art. 10, Regolamento CE 2092/91). A ciò va aggiunto che da
un recente studio Nomisma è emerso come «un’opzione OGM free per tutte le filiere di
produzioni tipiche italiane (denominazioni DOP/IGP comunitarie) sembra non percorribile
allo stato attuale delle cose e diviene ancora più problematica per l’intera filiera zootecnica
italiana».
Regolamento 2092/91/CE relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli è alla indicazione di tale
metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari. http://europa.eu.int
Basso B et al. (2003) Biotecnologie per la tutela dei prodotti tipici italiani. 21mo secolo.
Nomisma (2004) Biotecnologie e zootecnia: scenari, potenzialità e ambiti di scelta per le produzioni italiane di
qualità. www.nomisma.it
Si parla di salvaguardia del territorio e di recupero dei suoli agricoli abbandonati. Dove sono questi
suoli agricoli abbandonati? Erano suoli agricoli 70/80 anni fa, quando uno partiva alle 4 della
mattina per andare a coltivare un terreno montagnoso con la zappa in spalla, ma ora non sono più
terreni agricoli, possono essere terreni da risistemare per i rischi idrogeologici, ma essendo di
proprietà privata rimangono abbandonati. Non si pretenderà di obbligare i proprietari ad incaricarsi
di fare un lavoro senza ricavarne nulla.
Dice Petro: “I prodotti Gm non hanno legami storici o culturali con un territorio. L’Italia basa buona parte della
sua economia agroalimentare sull’identità e sulla varietà dei prodotti locali: introdurre prodotti
senza storia indebolirebbe un sistema che ha anche un importante indotto turistico.
FATTO: se questi ragionamenti fossero stati fatti nei secoli scorsi in Italia non si sarebbe potuto
importare pomodori, patate, mais, zucchine, melanzane, per non parlare del recente Kiwi, e cosi’
via. Il patrimonio agroalimentare italiano e’ ricco proprio perche’ e’ stato in grado di adattare al
proprio territorio prodotti di altri paesi. Il gia’ citato grano Senatore Cappelli è una varieta’ tunisina,
senza “legami storici o culturali con un territorio”.
In piu’ esistono molti ogm completamente italiani, sviluppati dalla ricerca pubblica italiana.
Pomodoro, melanzana, melo… Lasciamo liberi gli agricoltori di scegliere.