C’erano una volta i grassi idrogenati. Gli acidi grassi trans. L’idrogenazione è un processo produttivo usato dall’industria alimentare che permette di solidificare un liquido. “Sono nocivi!” Urlavano masse di consumatori esagitati che magari facevano attività fisica soltanto per andare dalla poltrona al televisore, finché non inventarono il telecomando. L’Organizzazione Mondiale della Sanità disse che i protestatari avevano ragione: i grassi idrogenati, tra cui la margarina, facevano male alle arterie. La gente si riversava nelle strade e urlava: “Infarto, aterosclerosi! Ommiodio moriremo tutti! Ci avvelenano! Chissà cosa ci mettono nel cibo che mangiamo! Il capitalismo ci uccide! (Qualcuno lo ha detto di sicuro, no?)”
La FDA, negli Stati Uniti nel 2013, decise che era l’ora di dare un taglio alla presenza di grassi idrogenati nei prodotti alimentari. Dal 2018 saranno vietati. Notiamo, en passant, che tale normativa deriva dai cattivissimi Stati Uniti e non dai precauzionisti governanti europei che secondo qualcuno sarebbero rigorosi e protettori di cittadini e ambiente (chi vuole rida pure.)
Le imprese, ancora prima che a seguito di divieti di legge, bandirono gli acidi grassi idrogenati di fronte alla pressione dei consumatori e delle organizzazioni internazionali, nonché di fronte alla consapevolezza delle persone che in quelle imprese lavorano. Già: perché che le imprese siano composte di persone sembra una sorpresa per troppa gente a cui piace dividere il mondo in categorie dove chi parla è dalla parte dei buoni e della ragione e gli altri stanno da quella dei cattivi e del torto.
Intanto nei tropici, in Africa (Camerun, Costa d’Avorio,) Sudamerica (Colombia, Ecuador,) Asia (Indonesia, Malesia) esistevano delle piantagioni di palme dai cui frutti, simili alle olive, la popolazione estraeva un olio rosso, venduto in parte ai ristoranti per friggere oppure utilizzato quotidianamente come da noi si usa l’olio di oliva.
Le imprese hanno iniziato a studiare le proprietà di questo olio e hanno scoperto che:
1. Favorisce la solidità dei prodotti come fanno i grassi animali come il burro.
2. E’ insapore, quindi non modifica il gusto dei prodotti e le imprese non corrono il rischio di perdere dei consumatori fedeli a cui improvvisamente quella merendina o quella crema dal sapore diverso potrebbero non piacere più (e qualcuno negli uffici marketing o produzione potrebbe perdere il posto, qualche dirigente accompagnarlo, qualche azionista vedere diminuire i dividendi o il valore delle proprie azioni).
3. Favorisce la conservazione e il mantenimento dei prodotti. Immaginate una scatola di biscotti all’olio di oliva sullo scaffale di un supermercato. I biscotti irranciderebbero presto, le confezioni sarebbero presto untuose e quindi si rischierebbe di sprecare anche più cibo di quanto avvenga adesso. La produzione dovrebbe avere cicli più veloci e meno stabili e quindi aumenterebbero i costi.
4. Costa pochissimo, quindi è una manna dal cielo per le stesse imprese. Che queste cerchino di risparmiare è un sacrilegio per frotte di persone pronte a gridare allo scandalo, forse perché loro tendono a sperperare i propri soldi, a fare la spesa cercando di spendere il più possibile oppure perché queste persone ritengono che i propri soldi siano sacri mentre gli altri devono spenderli per ciò che piace a loro (oppure finire nelle loro tasche.) La maggior parte dei consumatori, invece, è ben contenta di spendere poco, checché ne dicano radical chic e compagnia cantante.
5. Le palme da olio hanno una produttività per ettaro enorme. La quantità di olio ottenuta da un ettaro di palme corrisponde a quella che sarebbe ottenibile da cinque ettari di arachidi e sette di girasoli. Una volta piantante, mantengono la possibilità di produzione per ben trent’anni. Un’altra manna dal cielo per le imprese, produttrici e consumatrici: grandi rendimenti, grandi produzioni, bassi costi.
Così oggi l’olio di palma si trova in biscotti, merendine, creme spalmabili, farciture di dolci, prodotti per l’infanzia, piatti pronti, cosmetici, prodotti per l’igiene personale, biodiesel.
Guardate come arriva l’olio di palma dalla piantagione alle vostre tavole, in questi due video: