Intervista a me stesso.
“Buongiorno. Allora oggi è il giorno dell’azione. Sei spaventato?”
“A dire il vero, no. Ero molto più teso ieri a pensarci, stranamente”.
“E le conseguenze legali?”
“Ma che vuoi che succeda?”
“Non dicevi che non avresti fatto azioni che comportavano conseguenze legali?”
“Dicevo tante cose”.
“Tipo?”
“Che non sapevo se avrei fatto azioni, che non sono molto un tipo da attività pratiche-manuali, che forse era il caso di rallentare la partecipazione a GP o almeno a GP Italia, perché ci sono anche altre cose importanti e magari per un po’ sarebbe stato il caso di dare la priorità ad altre cose e altre palle del genere”.
“Comunque ora sei in ballo e devi ballare. A proposito. Come stai seduto sugli scalini mentre aspetti che arrivi l’uomo dei pass (cioè Pierdavide)?”.
“Benissimo. Sto parlando con Enrico (Venezia) che mi spiega che ha come unici ricordi di Firenze delle disavventure capitate alla stazione. Stavolta, per esempio, non ha cambiato a Bologna e quindi è stato costretto a fare Trieste-Firenze, Firenze – Milano centrale – Milano porta Garibaldi – Torino porta nuova – Torino Lingotto prima di arrivare in Fiera. Intanto ci sono le pisane che avevamo lasciato intimorite per il ballo in costume e sono entusiaste. In particolare Betty è trascinante ed entusiasmante quando parla. Contemporaneamente Cristina sta raccontando del suo visibilio alla vista di Travaglio e ci sono dei ragazzi con cui abbiamo volantinato o orangato ieri, ma non ricordo i nomi. Arriva Silvia di Padova e mi saluta. Irene mi guarda e ride. Arriva Pierdavide e ci dà i pass. Eccoci. Entriamo”.
Allo stand Pierdavide annuncia chi saranno gli apostoli che parteciperanno all’azione e ci dice di fare qualche giro. Irene ne approfitta per andare nello stand dell’editore che ha pubblicato il libro di suo fratello e io ne approfitto per comprarlo. Si intitola “Phobia” e lo vorrebbe anche Enrico, ma è finito. Questo significa che due copie su due sono state vendute. Ci ritroviamo fuori dal Salone a compiere atti impuri (il significato non può essere spiegato perché non tutti hanno fatto il training).
Rientriamo nello stand e osserviamo Simona (la video reporter: mi ricorda quella di Basilicata coast to coast ma non so perché) che ci riprende. Sarebbe un bel video se esistesse ancora. In effetti riprende una gustosissima scena in cui Lara fa il verso del coniglio e tutti applaudiamo.
Poi tra una chiacchiera e l’altra, Cristina sostiene che noi toscani proveniamo dalla regione senza la c (che era la più numerosa là dentro, se non sbaglio) e quindi iniziano i “prova a dire Riccardo” o “Casa” e allora c’è da spiegare che bisogna che la c sia tra due vocali perché il giochino funzioni e che io provengo da un posto spostato più a est di Firenze e nasce un lieto dibattito con Lara che prima mi dà dell’aretino e poi dell’ho rimasto, per dire romagnolo.
Partono anche discorsi sul “dove sarai tra trent’anni”, detto ad Alice (“Potresti essere mio padre”, mi dice lei) e penso che a me piacevano questi discorsi già a quattordici anni. Poi che succede? Che la vita fa il suo corso (una delle frasi più banali che potessi dire e l’ho detta): segui un percorso e lo condividi con alcune persone in quel momento. Il dove saremo o dove eravamo è bello pensarlo e sarà bello scoprirlo, ma sarà comunque un attimo alla fine. Tra vent’anni (o vent’anni fa) avremo (avevamo) solo un nuovo pezzo di vita da vivere. L’importante è non perdere mai la passione. (basta: se no sconfino nella retorica). A dare retta a buona parte del resto del mondo, comunque, o è sempre troppo presto o è sempre troppo tardi per fare qualsiasi cosa.
Ad un certo punto arriva Vittoria dell’ufficio stampa e afferma orgogliosamente di aver fatto inceppare la stampante di tutta la sala stampa in un modo che ha richiesto l’intervento della Nasa, della Nato e di ogni altra organizzazione il cui acronimo inizi per N.
“Bene. Poi arriva Pierdavide”.
“Esatto. E comincia a salirmi l’adrenalina. Mi sento abbastanza eccitato”.
“Impaurito? E’ la prima azione che fai e pensa se fallisse per colpa tua”.
“E’ impossibile”.
“Perché?”
“Perché ognuno ha un compito e ognuno sa quel che deve fare e lo farà nel miglior modo possibile perché è determinato ad agire responsabilmente. Non può fallire perché mi verrà sicuramente affidato un compito semplice e sarò sicuramente accompagnato da qualcuno più esperto e non solo so benissimo queste cose perché sono state dette a suo tempo, ma soprattutto le sento”.
“Oltre all’ovvia eccitazione, che sentimento provi?”
“Fiducia. Un senso di fiducia e di appartenenza al gruppo che rassicura. Fiducia in tutti gli altri, in Claudia che fa coppia con me e in me stesso. Fiducia nell’organizzazione di GP. Posso anche aggiungere che di solito non mi fido di nessuno e nemmeno di me stesso, ma con i greenpeacini è diverso”.
Ci viene detto che entro un quarto d’ora dovremo essere pronti (sei oranghi, due da soli e quattro accompagnati).
Tralasciamo la spallata di Ninni a Lara che ha rischiato di abbattere lo stand pochi minuti prima dell’azione.
Usciamo e…
“Ehi. Tutti questi fotografi? Quanti sono? Cosa penseranno quelli che ci vedono passare dagli stand? E la gente? Siamo arrivati. Feltrinelli, stiamo arrivando. Mi metto in posizione. Già faccio cadere due libri. Andiamo bene. Sarà bene stare fermi. Ci sono quelli che si muovono. Io preferisco fare di meno che di più, specie in gruppo, e va bene così. L’importante è il messaggio e non sono certo io, bensì il gruppo, a lanciarlo. Siamo tutti importanti allo stesso modo. Non l’ho sempre detto anche nel gruppo locale?
Qui dentro intanto si tende a soffocare. Le gambe non sono messe benissimo. Forse è meglio mettersi carponi. Signora, non compri quei libri. Questo cosa vuole? Farmi un’intervista? E’ un blogger? Gli rispondo a versi. A dire il vero non dovrei lasciargli finire la domanda, perché sembra che abbia capito cosa vuole, ma va bene lo stesso. C’è agitazione là fuori? Hanno messo un faretto in faccia a Irene e una signora l’ha difesa, sostenendo che non fosse corretto? Grande signora! Intanto vedo Lara che è seduta e Claudia che regge lo striscione “Deforestazione Zero”.. Ehi. Il fotografo vuole che mi posizioni vicino al centro dello stand. La commessa ride. La commessa toglie i libri su cui stavo appoggiando la mano (e non mi permetterei di rovinarli, comunque). Poi arriva lei”.
“Lei chi? Una cliente? E che ti dice mentre sei lì a sudare dentro il vestito da orango?”
“Grazie per l’impegno. Continuate così. Siete grandi. Grazie per quello che fate. Può essere doloroso, ma è importante”.
Non so chi sia signora, ma se la vita ha un senso, è anche per vivere momenti così e conoscere gente così (questo vale anche per il mondo dei greenpeacini, naturalmente. E dei runner e di qualcun altro). Stava per farmi piangere. Ovviamente non le ho detto niente, ma avrei voluto saltarle addosso per abbracciarla (da essere umano, non da orango).
Il resto è storia. Il responsabile dello stand che parla di fascisti che vogliono farsi pubblicità, il direttore commerciale della Feltrinelli che concede l’appuntamento (che pare sia andato bene), io e Claudia che portiamo lo striscione fino allo stand, il ritrovo fuori dalla Fiera, Lara che fa il verso dello Yorkshire, Chiara che ci ringrazia, l’idea di proporre un flash mob basato sulla danza degli All Blacks (o la danza dell’orango e del tango…qualcosa del genere…non ricordo chi l’ha proposta, ma in quel momento avrebbero potuto proporci qualsiasi cosa), Alice che deve rivestirsi da orango (ancora lei!!!) per incontrare un sostenitore di GP, io e Ornella (Genova) che non ritroviamo la macchina di Cristina nel parcheggio, gli ultimi volantinaggi con Marco e Irene, i saluti finali, l’appuntamento dato per terra futura e per lo skill share interregionale, il saluto e l’invito a Terra Futura per Nina e Valentina (Verona, praticamente viste solo quando sono arrivate e quando siamo partiti: lo dico per sottolineare che eravamo costantemente impegnati e quindi alcune persone non le ho nemmeno viste, il saluto alle inossidabili pisane ( fino a qualche settimana fa avevo una certezza: in Toscana, oltre a Firenze, esistevano i gruppi di Livorno e Viareggio. Poi all’improvviso ad una manifestazione contro il rigassificatore a Livorno ci viene raccontato dell’apparizione di un nuovo gruppo, finora legato a quello livornese. Il gruppo di Pisa. Ma non è che fossero pochi: erano già in quindici!), la ricerca dei contatti su facebook (che in realtà è la degenerazione di internet, ma è anche una droga), la visione del video sull’azione completa (stesura del telo “qui giace la foresta indonesiana” davanti allo stand, striscioni mostrati, oranghi in azione), la mancanza del debriefing, il ritorno a Firenze stravolti e felici, una doccia e una dormita che erano decisamente necessarie.
“Bene. Ora basta, no? Hai fatto la tua azione. Hai avuto la tua parte. Ora puoi smettere”.
“Assolutamente no.”
“Sì, ma non è che si possa contare sulla tua coerenza”.
“Invece sì. Se mi appassiono a qualcosa o a qualcuno, non mi ferma nessuno”.
“Se però son troppe le cose?”
“Allora vedremo. Per ora è così. Se un giorno non lo sarà più, sarà bello averlo vissuto e ricordarlo”.
“Quindi?”
“Quindi ringrazio tutti”.
“Tutti chi?”
“Tutti noi. Il mondo di GP”.
Scusate, c’è uno che voleva aggiungere qualcosa.
“Buongiorno, scusate. Sono un caffè. Dovete sapere che non sono io il colpevole dell’ustione causata in un bar vicino al Lingotto da Cristina ad Adriano. Lei mi ha tradito col ginseng e appena ho visto che lui stava avvicinandosi al tavolo con una tazzina di me in mano, ho chiamato sottovoce Cristina per farle vedere che poteva ancora contare su di me, ma lei si deve essere infastidita e mi ha scacciato. Così non ho potuto fare a meno di colare per la disperazione sul braccio di quel povero ragazzo”.