there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Le sciocchezze di Oxfam sulla disuguaglianza (1).

https://iea.org.uk/blog/oxfams-global-inequality-statistics-dont-believe-the-anti-capitalist-hype
1) La metodologia usata fa sì che risultino più persone povere in Nord America che in Cina.
La metodologia che Oxfam usa implica che ci sono più poveri in Nord America che in Cina. Oxfam usa le cifre sulla ricchezza netta che prende da un rapporto di Credit Suiss. Sommare le attività e sottrarre le passività fa sì che le povere anime neolaureatesi ad Harvard siano tra le più povere al mondo. Non è esattamente il concetto di povertà che abbiamo in mente. Gli stessi grafici di Oxfam mostrano che più del dieci per cento di chi si trova nell’ultimo decile della ricchezza vive in Nord America.
2) La metodologia usata produce statistiche orribili.
Aggiungere molti valori negativi o zero nella parte bassa della distribuzione rende esagerato ogni confronto con i valori molto positivi che stanno al top della distribuzione. Oxfam dice che a escludere i debiti il risultato non cambia molto, ma resta il fatto che le persone con pochi asset in un paese ricco saranno considerati tra i più poveri del mondo. Ciò che conta nella nostra considerazione di povertà sono i redditi e la disuguaglianza dei redditi globale (che Oxfam sostanzialmente non menziona) è in calo da tre decenni.
3) L’età mediana della popolazione globale è tra i 35 e i 39 anni. La demografia conta, ma non viene considerata nel rapporto.
Oxfam dice che il top un per cento ha una ricchezza netta maggiore rispetto alla seconda metà della distribuzione. Sappiamo che le persone accumulano poca ricchezza finché non sono ben dentro la loro vita lavorativa. Molte delle persone più vecchie, inoltre, vivono nei paesi più ricchi e sono molto ricchi. Non sorprende, quindi, che la ricchezza globale sia così distribuita: la demografia è molto importante.
4) Oxfam usa le statistiche in modo incoerente.
Oxfam evidenzia il livello di disuguaglianza nella riccheza netta quando considera il mondo intero. Quando invece usa i dati di Credit Suisse in riferimento al Regno Unito, non discute più i livelli ma le variazioni. Perché? Forse perché gli stessi dati mostrano come la maggior parte delle nazioni abbia una disuguaglianza (espressa in termini di ricchezza netta) più alta di quella del Regno Uniti (vedi il coefficiente di Gini, la quota del top 10% e del top 1%) e questo non si adatterebbe alla narrativa di Oxfam in UK. Inoltre considerare le variazioni mostrerebbe che alcune delle nazioni con più welfare e più redistribuzione hanno una diseguaglianza maggiore nella ricchezza poiché ci sono pochi incentivi per i poveri a risparmiare e accumulare asset.
5) Oxfam, un’organizzazione che vorrebbe aiutare i paesi non sviluppati, è ossessionata dai ricchi anziché dai poveri.
Si potrebbe pensare che un’associazione contro la povertà si focalizzi sulla vasta letteratura che mostra le condizioni necessarie per sradicare la povertà e il ruolo che i mercati e le istituzioni capitaliste hanno nel ridurre la povertà.
Invece Oxfam è ossessionata dai ricchi, forse implicando che la ricchezza causi la povertà. Può farlo, in quei casi in cui domina il crony capitalism. Però l’evidenza contrasta con questa implicazione. Oxfam perpetua la fallacia della torta fissa (fixed pie fallacy).
6) Per Oxfam la soluzione è sempre una, quella dimostratasi fallimentare: più stato e più governo per tutti.
Oxfam chiede salari minimi, tagli agli stipendi per i top manager, tasse patrimoniali, tasse sulle transazioni finanziare. Forse Oxfam un giorno vorrà evidenziare in quali nazioni questo tipo di politiche ha avuto successo migliorando le condizioni di vita dei poveri in modo consistente?

Qui http://fusion.net/story/380433/oxfams-davos-wealth-inequality-wrong-misleading/
Si ribadisce che la metodologia usata, che considera come ricchezza, la differenza tra attività e passività è fuorviante e inutile.
“Se usi la metodologia di Oxfam una bambina che ha 50 centesimi in tasca è più ricca del 40% della popolazione mondiale messa insieme”.
le statistiche di Oxfam sulla ricchezza sono fuorvianti. Quell’aggregato di ricchezza non è particolarmente utile, anzi dice molto poco. Non c’è una differenza apprezzabile nel potere di acquisto tra chi ha un miliardo di dollari e chi ha dieci miliardi dollari. In nessuno dei due casi è semplice spendere tutto quel denaro in una vita.
In fin dei conti Oxfam misura il denaro risparmiato e non speso. Per la maggior parte delle persone povere, se e quando ottengono una somma di denaro, esiste una lunga lista di cose che possono fare o di modi per spendere il proprio denaro: cibo, abitazioni, spese sanitarie, istruzione. Sarebbe sbagliato per loro risparmiare anziché spendere anche se il risparmio li farebbe scalare posizioni nella classifica dei decili della ricchezza netta.
Ma ciò che rende le statistiche sciocche è il ruolo del debito. Nel mondo di Oxfam il debito è una cosa brutta, che va sottratta dalle attività per arrivare alla ricchezza netta. Però il debito non è una cosa brutta! La maggior parte degli investimenti sono debiti, all’inizio. Se prendo a prestito del denaro per iniziare un business, la cosa è buona per me e per l’economia. Allo stesso modo se prendo a prestito denaro per comprare un’auto che mi permetta di andare a lavoro, o se prendo a prestito denaro per ottenere una laurea o per dare alla mia famiglia un’abitazione sicura in cui vivere. I debiti si trovano ovunque nei decili della ricchezza considerati da Oxfam e se sradicassimo tutti i debiti domani, la maggior parte delle persone diventerebbe magicamente più ricca ma non si troverebbe in condizioni di vita migliori.

Altri articoli sul tema:
http://www.telegraph.co.uk/news/2017/01/16/oxfam-gets-wrong-global-inequality-poverty/
http://www.forbes.com/sites/timworstall/2016/09/13/oxfams-monstrous-idiocy-about-inequality-in-the-uk/#e2ce3e01f004

Ecco. È così che funziona la distribuzione della ricchezza: i poveri non hanno molta ricchezza.
La metà più povera si avvicina a zero nella ricchezza e questo fa parte dell’ordine naturale delle cose.
La ricchezza è un concetto netto. Guardiamo a quel che la gente ha, poi deduciamo i debiti per arrivare alla posizione netta.
Ci sono poi i cicli di vita. Consideriamo i neolaureati.sono in affitto, non hanno un mutuo, non hanno una casa, si sono segnati per piani pensionistici al momento vuoti, non hanno asset ma hanno debiti di studio. La ricchezza netta è negativa. I giovani adulti hanno una ricchezza netta negativa mentre i pensionati l’hanno positiva, presumibilmente. Questo deriva dal ciclo di vita e dalla demografia.
http://www.cbc.ca/news/business/oxfam-inequity-statistics-1.3937943
http://libernazione.it/oxfam-e-la-disuguaglianza-confondere-per-deliberare

Guardiamo in quest’ultimo sito  il grafico che rappresenta la distribuzione della ricchezza netta nel mondo. Sorprenderà come la distribuzione dei paesi ricchi (Nord America, Europa) sia incredibilmente bimodale, con moltissima gente nel 10% piú alto e poi molta gente nel primo 10%. Questo accade perchè nel primo 10% ci sono il signor Rossi, ingegnere ravennate quarantenne che non ha ancora ereditato la casa dei genitori, ma deve pagare vent’anni di mutuo su quella in cui abita, Fritz Müller, imprenditore di Stoccarda che ha fatto debiti personali per mantenere in piedi la sua azienda di trasporti con trenta dipendenti, come anche un Mike Tyson carico di debiti e di multe da pagare. Se vi pare poco, considerate che usando questa metrica viene fuori che un americano su due ha una ricchezza netta pari a zero: si veda qui. Sembra abbastanza chiaro che se si mette tutta questa gente insieme agli abitanti della periferia di Ouagadougou si farà in fretta a riempire la cosiddetta “coda sinistra” della distribuzione, no? Ecco quindi che i sessanta signori di cui si diceva sopra saranno di certo molto ricchi, ma molto meno di quanto sembri dalla descrizione: un numero spropositato di quel 50% di “poveri” ha una ricchezza netta totale non troppo maggiore di zero!

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