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Lo stupore delle prese elettriche

Papa promosso in climate change e bocciato in libero mercato.

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http://www.robertstavinsblog.org/2015/10/05/the-papal-encyclical-and-climate-change-policy/

Il Papa deve essere ringraziato per prendere sul serio il problema del cambiamento climatico e per avere portato la questione all’attenzione del mondo. Buona parte dell’enciclica è raccomandabile, ma non è molto utile per quanto attiene all’attuazione di possibili politiche pubbliche.

L’enciclica ignora le cause del cambiamento climatico: è un’esternalità, una conseguenza negativa non voluta di attività altrimenti meritorie svolte dai produttori, mentre producono i beni e i servizi che la gente vuole, e dai consumatori, mentre usano quei beni e servizi. Ecco perché il problema esiste. Ci possono essere delle dimensioni etiche del problema, ma non si tratta semplicemente di qualche azione immorale commessa da qualche capitalista cattivone.
Il documento ignora anche la natura comune e globale del problema, che è il motivo per cui è necessaria la cooperazione internazionale. Se le cause del problema non sono riconosciute, è molto difficile, o impossibile, venirne a capo con soluzioni realmente fattibili e significative.
Quindi, sì, il problema deriva da un fallimento del mercato, ma proprio per questo una analisi economica accurata è importante e può essere molto utile. Tale analisi conduce a trovare delle soluzioni che funzionino attraverso i meccanismi di mercato piuttosto che condannare in modo stupido, generico e superficiale il capitalismo globale di per sé.

I mercati del carbonio dovrebbero essere condannati?
In un linguaggio sorprendentemente specifico e non ambiguo, l’enciclica rigetta lo scambio di crediti di carbonio come parte della soluzione. Il papa dice che questi potrebbero portare a una nuova forma di speculazione (ndrr: termine che non ha niente di malvagio, comunque) e non aiuterebbe a ridurre le emissoni globali di gas inquinanti. L’enciclica afferma che un tale approccio supporterebbe il super consumo di certi Paesi e di certi settori.
Questa retorica fuorviante e male indirizzata viene direttamente dal playbook delle ALBA countries, il piccolo gruppo di nazioni socialiste latino americane che si oppongono al libero mercato e sono state non cooperative e sprezzanti nelle negoziazioni internazionali sul clima. Queste nazioni si sono fortemente opposte a ogni approccio basato sul mercato per risolvere il climate change, compresi le carbon tax, i cap and trade, gli offset systems, come ogni approccio che consenta in modo appropriato il finanziamento da parte di uno Stato della riduzione delle emissioni in ualtro.
(Vedi anche, dello stesso autore: “A Key Element for the Forthcoming Paris Climate Agreement”).
Se il riferimento ai carbon credit riguardano solo sistemi offset come il Clean Development Mechanism e non i sistemi di cap and trade, allora mi preoccuperei meno dei lamenti del papa. Tuttavia l’enciclica non fa questa distinzione. Dubito che i suoi autori riconoscano la differenza e, sfortunatamente, i lettori faranno di ogni erba un fascio, con tutta probabilità, quando leggono di “mercati del carbonio.” Purtroppo anche alcuni policy maker fanno lo stesso errore.
Io rispetto ciò che il papa dice in merito alla necessità di agire, ma il suo attacco sull’uso del mercato per combattere il climate change è in disaccordo col pensiero e il lavoro di analisti politici e policy maker nel mondo, i quali riconoscono che possiamo fare di più, meglio e più velocemente per risolvere il problema proprio grazie all’uso di strumento politici basati sul mercato: carbon tax e/o sistemi di cap and trade.
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Inoltre, la convenzione delle Nazioni Unite sul climate change United Nations Framework Convention on Climate Change (Article 3.3) afferma esplicitamente che “le politiche e le misure per combattere il climate change dovrebbero essere cost-effective, così da assicurare i benefici globali al costo più basso possibile” e perciò dovrebbero essere più ambiziose. Ecco perché gli strumenti di policy basati sul mercato sono un’opzione importante per molti Paesi. Tenere i costi bassi aiuterà a ispirare azioni più grandi.

Conclusioni.
L’enciclica è quindi raccomandabile per aver portato all’attenzione del mondo il problema come uno dei più rilevanti presenti oggi e in futuro nel pianeta. Però l’enciclica non riconosce che poiché i problemi del climate change consistono in fallimenti di mercato (esternalità, natura global commons del problema, free riding conseguente), risolverli attraverso il mercato è assolutamente necessario. In questo modo il cambiamento climatico può essere affrontato in modi che sono scientificamente significativi, economicamente fattibili e politicamente pragmatici.
Incorporando la retorica anti mercato delle ALBA countries, l’enciclica enfatizza una prospettiva che non è progressiva e illuminata, ma che al contrario lavorerebbe contro politiche fattibili ed efficaci.

 

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