Dal rapporto Istat un po’ di dati aggiornati al 2018 su pensioni e pensionati. https://www.istat.it/it/files/2020/01/Condizionidivitapensionati-Anno2018.pdf
Al 31 dicembre 2018 c’erano quasi 12 milioni di pensionati di vecchiaia, più di 1 milione di pensionati di invalidità, più di 4 milioni di pensionati di superstiti oltre a quasi 3 milioni di pensionati con invalidità civile e quasi 843000 pensionati sociali (più 156 000 circa pensionati di guerra). Il numero di pensioni erogate è stato di 22.785.711, di cui 4.370.538 assistenziali.
L’importo medio del reddito pensionistico sta tra i 18 mila e i 19 mila euro.
Il 36,3% dei pensionati riceve ogni mese meno di mille euro lordi, il 12,2% non supera i 500 euro. Un pensionato su quattro si colloca nella fascia di reddito superiore ai duemila euro. Questa fascia potrebbe essere in qualche modo colpita da tagli per la parte eccedente i contributi versati, almeno ragionando in termini di giustizia generazionale.
Si manifesta anche un divario di genere, che si spiega con carriere contributive più brevi e una minore partecipazione al mercato del lavoro da parte delle donne.
LO SCOSTAMENTO TRA REDDITI DA LAVORO E DA PENSIONE
Dal rapporto Istat vediamo come l’importo medio delle pensioni IVS dei lavoratori dipendenti sia cresciuto maggiormente rispetto alle retribuzioni medie dei lavoratori dipendenti tra il 2000 e il 2018.
Questo perché è entrato in pensione chi ha usufruito della crescita economica che ha portato ad avere salari elevati, sui quali è stata calcolata la pensione. Queste persone hanno anche vissuto in periodi con aliquote contributive inferiori a quelle degli anni Duemila. Hanno quindi avuto più soldi in tasca. La pensione parametrata al salario ha fatto il resto. Il problema è che la loro pensione non è parametrata ai contributi versati e che soprattutto non è stata adeguata quando il pil ha ristagnato o è calato, determinando perciò una crescita più contenuta dei redditi da lavoro.
Insomma chi non lavora guadagna più di chi lavora e lo fa spremendo chi lavora e produce. Così chi vorrebbe lavorare non trova lavoro per le condizioni economiche ma anche perché le aziende devono pagare contributi anziché spendere in ricerca, innovazione o assunzioni. Chi lavora si vede taglieggiato dell’importo dei contributi e delle tasse (lo stesso vale per le aziende). È vero che i contributi dei giovani faranno parte del loro fondo pensionistico. Ma intanto un’aliquota così alta scoraggia gli investimenti e la ricerca di lavoro in Italia. Soprattutto i più qualificati preferiranno andare dove a loro (persone o aziende) resta qualcosa più in tasca di ciò che producono e guadagnano. Restando in Italia invece pagano i pensionati attuali e restano nell’incertezza per il loro futuro pensionistico, incertezza dovuta soprattutto al declino economico.
“In termini nominali l’andamento dell’importo medio delle prestazioni del 2018 è aumentato del 70% rispetto a quello del duemila, con una dinamica più marcata rispetto a quella registrata dalle retribuzioni medie degli occupati dipendenti. Rispetto al duemila, invece, le retribuzioni sono aumentate del 35%”
Le pensioni sono indicizzate all’inflazione, quindi sono costanti in termini reali. Anche negli anni tra il 2007 e il 2012 il reddito reale degli italiani si è ridotto di oltre l’11%, anche per l’aumento del numero di disoccupati o di chi ha un lavoro precario o part time. I pensionati arretravano meno di altri.
In più di un terzo delle famiglie c’è un titolare di pensione e per quasi 7 milioni e 400 mila famiglie i trasferimenti pensionistici rappresentano più di tre quarti del reddito familiare disponibile.
Il rischio di povertà è più basso tra le famiglie con pensionati.
LA BUONA NOTIZIA?
La spesa pensionistica in Italia resterà sì tra le più alte al mondo nei prossimi dieci anni per motivi demografici e per la maggiore generosità degli assegni di chi si è ritirato dal lavoro prima delle riforme, ma con la piena applicazione delle riforme Dini e Fornero a regime si prevede una discesa della spesa. A partire dal 2050 circa la maggiore spesa italiana sarà dovuta solo a motivi demografici.
Il problema è che fare nell’attesa. Se si riduce il reddito nazionale e non si tagliano le pensioni in misura corrispondente (in media) come può far crescere il reddito, visto che chi produce dovrà essere taglieggiato per mantenere chi non produce più?
Le buone ipotesi sono basate su una crescita annuale della produttività dell’1,5% e sul fatto che l’impianto delle riforme non sia modificato, come età e come tasso di sostituzione.
Comunque le riforme comportano un rallentamento della spesa pensionistica nel lungo termine perché sono stati ridotti i benefici per chi attualmente lavora e non è ancora andato in pensione.
La spesa attuale comunque è elevata perché chi già si è ritirato dal lavoro ha avuto condizioni più favorevoli.le riforme hanno colpito chi lavora. Non sono i pensionati del tempo ad aver già dato ma i pensionati futuri, a ogni riforma.
Il reddito medio dei pensionati è di circa 15 500 euro, su un reddito medio di 25 500 euro procapite, quindi 60%. L’85% delle pensioni è di meno di 26000 euro lordi annui. I pensionati con redditi superiori sono solo un paio di milioni. Però in germania, per dire, sono 650 000 (e il reddito procapite tedesco è circa un quarto superiore a quello italiano). È vero che durante la vita lavorativa gli italiani hanno pagato più contributi mentre i tedeschi hanno potot comprare pensioni integrative. In ogni caso le pensioni erogate in italia sono più elevate di quelle giustificate in base ai contributi pagati. Se fossero basate sui contributi sarebbero in media più basse. Quindi le pensioni pagate sono alte rispetto ai contributi pagati e anche agli standard di altri paesi.
Inoltre la sanità è sostanzialmente gratuita, soprattutto per gli anziani, quindi i pensionati risparmiano spese che i lavoratori devono sostenere. Inoltre i lavoratori hanno anche i figli da mantenere. Una riduzione delle pensioni sopra un certo livello di reddito potrebbe essere assorbita da una riduzione dei risparmi dei pensionati e non da una riduzione dei consumi e degli standard di vita
I figli sono disoccupati? Anche a causa delle tasse sul lavoro che servono a pagare le pensioni. Sarebbe meglio se le tasse fossero più basse, i giovani non fossero disoccupati, i pensionati non dovessero risparmiare per sostenere i figli