Un vecchio articolo su Noisefromamerika:
Un fedele lettore, aspirante giornalista, ci informa che la commissione cultura della camera ha approvato una legge di riforma dell’ordine dei Giornalisti. I dettagli li trovate in un suo articolo sul giornale dell’Istituto di formazione al giornalismo di Urbino.
Dal nostro punto di vista, c’è una sola, semplice, riforma da attuare, composta di un solo articolo con un solo comma:
Art. 1. L’ordine dei giornalisti è abolito dalla data di entrata in vigore della presente legge.
Le motivazioni sono chiare, e sono già state espresse su questo sito: il “controllo di qualità” esercitabile su questo tipo di professione è di natura così delicata e controversa da essere dannoso se esercitato in modo incisivo, e inutile se di natura puramente formale. Di fatto, risulta essere inutile, come facciamo notare continuamente (un elenco non esaustivo di post lo trovate cliccando sulla parola “giornalismo” nella nuvola di parole). Alla fine dunque, l’ordine semplicemente finisce per creare una barriera all’entrata alla professione per i giovani giornalisti. Questo aumenta le rendite per gli insiders e diminuisce l’offerta di giornalismo a buon mercato per il pubblico dei lettori. I costi (fra i quali non ho nemmeno incluso le spese di gestione dell’ordine, gli esami di stato, etc…), insomma, sono di gran lunga superiori ai benefici.
Magari siamo noi che esageriamo. Una riforma pensata da una persona ragionevole potrebbe prevedere un percorso graduale, una riduzione dei vincoli ad esercitare la professione per gli entranti, e così via.
Ed invece no: la riforma va proprio in senso opposto, aumentando i vincoli di accesso alla professione. Ora basta un diploma, con la riforma servirà una laurea (salvo superare un esame di “cultura generale”). Inoltre, la riforma istituisce l’obbligo di un esame per entrare nell’elenco dei pubblicisti. Si noti che la presente formulazione è piuttosto generosa: nel testo della sua proposta originale l’ordine chiedeva che le Scuole di giornalismo e i master collegati all’Ordine diventassero l’unico canale di accesso alla professione (sottintendendo la necessità in questo caso di chiedere finanziamenti dallo stato per queste scuole, che sono anche piuttosto costose). Una bella faccia tosta, non c’è che dire.
Il resto degli articoli è fuffa: ai nostri parlamentari piace discutere di quanti giornalisti professionisti e quanti pubblicisti debba comporre il Consiglio Nazionale dell’Ordine: 60 pubblicisti e 30 professionisti, o 60 professionisti e 30 pubblicisti? Quanti gradi di giudizio devono avere i procedimenti disciplinari, e come trattare i “semplici avvertimenti” piuttosto che i “biasimi formali”? Tutte cose da disciplinare per legge, giornalisti così accuratamente selezionati non sanno certamente deciderle da soli (ed infatti il Consiglio attuale è composto da più di 150 membri).
Per fortuna la legge deve passare in un paio di altre commissioni prima di essere approvata. Ci sarebbe da ridere se non fosse da piangere. La morale, infatti, è triste. Questa proposta e altre leggi (pensiamo alle recenti misure di finanziamento al cinema, o a quella sugli sconti sui libri) rivelano una costante: oramai si approvano solo leggi reazionarie che proteggono e mantengono privilegi esistenti, spremendo i gruppi non protetti (per esempio, i lavoratori di industrie esposte a commercio internazionale, i giovani entranti nel mercato del lavoro, e così via…) per avvantaggiare insiders appartenenti a elites che, assottigliandosi il gruppo da spremere, sono anch’esse sempre più povere. Alla fine però anche i parassiti dovranno scontrarsi con la realtà.