there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Più concorrenza e meno licenze per un sistema più efficiente.

Come leggiamo in questo articolo
https://phastidio.net/2006/03/06/libero-taxi-in-libero-stato/
Non è affatto detto che le licenze servano a proteggere i consumatori garantendo elevati standard di qualità delle prestazioni offerte.
Il risultato delle licenze è che ci sono meno professionisti sul mercato, che questi hanno guadagni più alti rispetto a dove il mercato è più libero, che i costi per i consumatori sono più alti. Quest’ultimo aspetto significa anche che se esiste una tutela questa beneficia i consumatori a maggiore reddito, mentre l’accesso alle prestazioni è ristretto per i più poveri.

Come leggiamo su The Fielder http://thefielder.net/19/11/2014/licenze-permessi-albi-cartastraccia-che-blocca-la-liberta/:
“Tra l’altro, non c’è alcuna garanzia che quest’innalzamento dei prezzi sia controbilanciato dalla disponibilità di beni e servizi di maggiore qualità. I motivi sono svariati. Vuoi perché, per mancanza d’un numero sufficiente di professionisti o per un costo troppo elevato, molte persone potrebbero optare per il fai da te. Vuoi perché la scarsità di soggetti autorizzati potrebbe oberare di lavoro i pochi presenti, facendone decadere la qualità nel lungo periodo. Vuoi perché, a causa dei prezzi troppo elevati, le persone potrebbero diminuire il numero di volte in cui usufruiscono di quel servizio. O vuoi perché, piú banalmente, i criteri per ottenere la licenza, il permesso o l’iscrizione all’albo potrebbero non essere dettati da ragioni qualitative. In fondo, quanti medici, giornalisti o avvocati pessimi abbiamo incontrato nella nostra vita? Eppure sono tutti soggetti con licenza di produrre (e di farsi pagare a caro prezzo).”

Laddove il servizio venga svolto in condizioni di sufficiente omogeneità si formano delle associazioni che ne chiedono la regolamentazione attraverso licenze a fronte del pagamento di una tassa annua. A che pro? Lo scopo è quello di impedire il ribasso dei prezzi applicati e quindi l’ottenimento del “surplus del produttore”.

Secondo Kleiner, dell’università del Minnesota, una soluzione sarebbe quella di sostituire il sistema di licenze con uno di certificazione, tale cioè da “tutelare la qualità della prestazione del servizio senza tuttavia impedire l’aumento dell’offerta di lavoratori specializzati, con evidente effetto calmieratore sui prezzi di fornitura.”

È interessante notare quante proposte di legge siano finalizzate alla creazione di albi o alla regolamentazione di settori attraverso licenze. Molto spesso chi svolge professioni che non hanno albi non chiedono la deregolamentazione altrui in modo da favorire una vera concorrenza, ma chiedono di “partecipare al banchetto”. Vale a dire: dato che non mi fate entrare nel vostro club, ne creo uno tutto mio.
In attesa dell’albo dei pizzaioli, sono state richieste licenze per cuochi, agenti di spettacolo, consulenti d’ufficio, artisti, ex parlamentari, pedagogisti, biotecnologi alimentari, diplomati in agraria, consulenti sulla sicurezza ecc.ecc.ecc.

Casi analoghi si verificano quando qualche nuovo operatore riesce a offrire servizi simili a quelli regolamentati, a intercettare bisogni e domanda e quindi a trovare clienti che, secondo i detentori delle licenze, verrebbero loro rubati. Pensiamo ad Airbnb, a Uber, perfino ad Amazon o a chissà quanti altri. Gli albergatori, i tassisti, i ristoratori, i negozianti si lamentano delle maggiori regole a cui essi sono sottoposti e delle tasse che loro devono pagare, ma non chiedono la deregolamentazione o la diminuzione della pressione fiscale, bensì la soppressione o limitazione della concorrenza altrui. Che, ripetiamo, non è detto che sia vera concorrenza: chi usa Uber potrebbe non essere disposto a usare un taxi. Chi va nelle case attraverso Airbnb non è detto che potrebbe permettersi di andare in albergo oppure ha esigenze diverse da quelle che troverebbe soddisfatte in albergo e così via.

Lo stesso Scarfone ricorda come Milton Friedman avesse evidenziato il costo sociale delle licenze, ma poi nota con piacere che lo sviluppo di internet ha colpito in buona parte il sistema delle autorizzazioni amministrative pur senza abolirle.
Un servizio pagato con la pubblicità, basato sui risciò, era stato creato in Francia, a leggere questo articolo. Notate come i commenti siano dalla parte dei poveri tassisti: non c’è speranza in Italia per la concorrenza! http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/22/libero-taxi-gratis-libero-stato-parigi-roma/179450/#disqus_thread

Eppure la migliore forma di protezione contro gli abusi dei produttori e anche dei consumatori è proprio la concorrenza.

Come dice Scarfone su The Fielder:
“Ma la ragione che piú incide sulla creazione d’un sistema scarsamente qualitativo è la mancanza di concorrenza. Il consumatore è un essere spietato e, se non riceve ciò che desidera, tende a rivolgersi ad altri. Questa pressione da parte dei consumatori fa sí che i fornitori d’un bene o d’un servizio debbano migliorarsi in continuazione. Ridurre il numero dei concorrenti significa ridurre le possibilità del consumatore di «scappare» da qualcun altro, e riduce significativamente l’incentivo a migliorarsi. Nel lungo periodo, la presenza d’albi, permessi e licenze deresponsabilizza il consumatore, che sarà portato sempre piú ad affidarsi a certificazioni e scartoffie di difficile interpretazione, piuttosto che indagare le reali capacità di chi gli sta di fronte. E, di regola, ledere la supremazia del consumatore e togliergli la responsabilità delle sue scelte non è un buon viatico per un sistema efficiente.”

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