there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Più produttività meno disuguaglianza

| 0 commenti

Di Massimo Fontana

Oggi parliamo di disuguaglianze.
Lo facciamo attraverso due articoli diversi, uno di due giorni fa, l’altro dell’anno scorso, che ci permetteranno di affrontare in modo empirico e non  ideologico quello che dal 2008 in poi è diventato il punto focale della sinistra mondiale, l’ossessione patologica di quella italiana.
Sinistra mondiale che per affrontare il problema non sta facendo altro che reindirizzarsi verso le classiche politiche socialiste di più stato, meno mercato e più tasse per i ricchi.
Purtroppo per lei, tali politiche economiche sono repressive della crescita, soprattutto delle aree economiche più povere, ma cosa più importante non diminuiscono la povertà, come vedremo.
Comunque, il punto di partenza è questa intervista molto interessante all’economista americano di origini serbe, Branko Milanovic  http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/07/12/news/populismo-e-roba-da-ricchi-1.324674
Per anni capo ricercatore alla World Bank, l’economista in questione ha fatto dello studio delle disuguaglianze la sua ragione di vita.
Di tutta l’intervista le parti ovviamente più interessanti sono due.
La prima è la risposta alla domanda se le disuguaglianze siano effettivamente aumentate.
La sua risposta è si ma anche no.
Ovvero le disuguaglianze a livello mondiale sono in realtà diminuite.
Grazie alla crescita economica permessa dalla globalizzazione, la povertà in quella parte del mondo che si è aperta al capitalismo e al libero mercato è fortemente diminuita, e con lei per l’appunto la disuguaglianza.
E’ invece aumentata nel mondo ricco occidentale, essenzialmente per la stasi dei redditi della classe media.
Come rispondere a questo movimento?
Qui abbiamo altri due punti.
Milanovic fa due proposte.
La prima è quella di aumentare la spesa per istruzione.
Questo serve ovviamente per aumentare la dotazione di capitale umano di ogni cittadino.
Capitale umano che come tutte le forme di capitale è un generatore di reddito nel lungo termine.
Milanovic specifica però che tale politica serve soprattutto agli usa, dove l’accesso all’istruzione di qualità universitaria è a pagamento, al contrario ad esempio dei paesi europei.
La seconda proposta va verso l’introduzione di vantaggi fiscali ai piccoli imprenditori e la dotazione di un vero e proprio capitale per ogni giovane.
Capitale che poi ognuno sarà libero di investire come vuole.
Al di la del merito di tali proposte, che personalmente condivido, c’è subito un aspetto che risalta: Milanovic non parla di tasse.
Non c’è nessuna richiesta di nuove tasse o di aumenti di tasse quali l’eredità, ovvero sostanzialmente il contrario di quanto chiede l’altro nume tutelare della sinistra mondiale, ovvero l’economista francese Piketty.
L’intervistatore di repubblica a questo punto chiede lumi a riguardo.
Milanovic dice chiaramente di essere concorde con le analisi di piketty, di essere anche a favore delle sue proposte, ma che ritiene semplicemente che siano impossibili da realizzarsi.
Perchè?
Milanovic non da risposta.
Proviamo invece a darla noi.
E per farlo dobbiamo estendere la nostra visione.
Partiamo dalle tasse.
Tasse che a chiederne l’aumento è rimasta sostanzialmente la sinistra estrema anticapitalista (che in Italia ormai rappresenta l’intera sinistra).
Perchè solo lei?
Semplice.
In Europa e in Italia in particolare, abbiamo raggiunto il massimo storico mondiale di pressione fiscale, anche sui ricchi.
E non a caso la crescita si è fermata.
La tassazione è talmente alta che andare oltre realisticamente non si può, come ha imparato a sue spese il socialista Hollande.
Ecco allora che si cambia e si passa ai patrimoni.
Con tobin tax, tassa sui patrimoni, aumento della pressione sulle rendite finanziarie e sui capital gain.
Ma anche qui c’è un problema:
1) la tobin tax esiste già.
E’ tripla rispetto a quanto consigliava James Tobin, e da un gettito pari ad 1/3 rispetto il minimo previsto.
E ovviamente ha depresso i mercati.
2) la tassazione delle rendite finanziarie è stata aumentata di 2 volte e mezzo dal 2011, in realtà colpisce i risparmi, non esistendo le rendite finanziarie, e ovviamente ha di nuovo depresso i mercati, non ha dato grande gettito, e non è servita a nulla per il rilancio dell’economia.
In sostanza anche sui patrimoni si sta grattando il barile.
Cosa rimane allora?
I redditi dei ricchi sono già stratassati, i patrimoni più o meno anche, i capital gain pure.
Rimane solo una cosa: l’eredità.
Eredità che ha a che vedere direttamente con la concentrazione stessa della ricchezza.
Ma anche qui ci sono problemi immensi.
Ne avevamo già parlato e quindi riprendiamo quanto già scritto partendo da un articolo del corriere di qualche tempo fa, che parlava della immutabilità storica della distribuzione della ricchezza nella Firenze attuale rispetto a quella medievale.
E con l’occasione cerchiamo anche di analizzare meglio le tesi del principe dei tassatori d’eredità: l’economista matematico freancese Piketty.
La tesi espressa è che dal medioevo ad oggi il livello di concentrazione della ricchezza è rimasto strutturalmente elevato e non è cambiato se non durante due periodi storici: dopo la grande peste del trecento e nei trent’anni successivi alla WW2.
L’ovvia conclusione è che dovremmo tornare alle politiche dell’epoca, e altrettanto ovviamente citando il prezzemolino Piketty.
Bene.
Vediamo di fare qualche considerazione per illuminare meglio la problematica dando per scontata l’esattezza della ricerca storica, ma ricordando che essendo i dati quelli del 2010, per l’Italia i valori erano diversi da quelli riportati nell’articolo e più bassi (10/45 e non 10/64, dato europeo), come vedremo al punto 2.
Comunque:
1) Se la distribuzione è rimasta la stessa, ma nel frattempo la produttività del lavoro e i salari reali sono saliti dello stesso ritmo, ciò vuol dire che nonostante il livello di disuguaglianza , il reddito reale della fascia più povera della popolazione è cresciuto rispetto al medioevo almeno di 11 volte.
In sostanza non è uno slogan quando si fa notare che il più povero lavoratore del 2017 ha uno standard di vita migliore del più ricco possidente del 1300.
2) La distribuzione della ricchezza è costante da 8 secoli a questa parte si dice e aggiungo io, nonostante tasse sui redditi più alti al 50% e patrimoniali varie.
Come è possibile?
La ragione è matematica e l’ha spiegata l’ottimo Sandro Brusco in questo vecchio articolo del 2011 di Noisefromamerika    http://noisefromamerika.org/articolo/disuguaglianza-ricchezza-societ-uguali
Il modello è semplice: se ipotizziamo una società perfettamente “comunista”, ovvero dove tutti guadagnino lo stesso reddito, ma questo reddito cresce al tasso dell’1.5% annuo, ci sia un tasso di risparmio del 10% annuo e tassazione dell’eredità al 100%, ecco che aggiungendo unicamente l’invecchiamento della popolazione arriviamo ad una distribuzione della ricchezza esattamente identica a quella vigente oggi (2010) in Italia.
La logica dovrebbe essere chiara: anche in una società perfettamente egalitaria che proibisce i passaggi ereditari, l’accumulo del puro risparmio anno dopo anno, creerà una società dove i vecchi sono più ricchi dei giovani e dove la distribuzione della ricchezza è identica a quella attuale.
E’ evidente quindi che c’è un problema matematico di “incomprimibilità” dei livelli di disuguaglianza.
3) Infine si richiama Piketty e la richiesta di politiche simili a quelle degli anni ’70.
Ma Piketty dice cose diverse.
Come ricordato Piketty trova che effettivamente nel periodo 1945-1980 le disuguaglianze sono state storicamente basse.
Per merito delle politiche dell’epoca?
No.
Piketty è abbastanza chiaro: la riduzione delle disuguaglianze si è avuta in realtà nel periodo 1914-1945 e per la distruzione delle ricchezze operata in questo periodo.
Quindi la distruzione di capitale fisico dovuta alle due guerre mondiali e soprattutto la distruzione di capitale finanziario dovuto all’inflazione elevata.
Questo ha ridotto la distribuzione della ricchezza che quindi non è stata “espropriata” ai ricchi e distribuita ai poveri, ma bensì è stata semplicemente distrutta.
Dal 1945 in poi, finendo l’opera distruttrice, la distribuzione della ricchezza non ha fatto altro che tornare alla sua media matematica vista nel punto precedente.
Quindi?
Riassumendo direi che :
– la distribuzione della ricchezza è in realtà più o meno normale e non “elevata”
– una maggiore uguaglianza è comunque difficilmente raggiungibile se non operando politiche economicamente suicide di vera e propria distruzione del capitale detenuto dai ricchi
– comunque tutto ciò non ha nessun significato visto che quello che conta è un’altra cosa, ovvero la crescita della produttività che sola può elevare i redditi reali delle fasce più povere della popolazione

Lascia un commento