there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Porto 2019. Seconda parte.

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1. Dato che la città è piccola, le cose che appaiono alla vista o i percorsi che si fanno sono più o meno gli stessi qualunque viaggio si faccia, esclusa la passeggiata lungo l’Atlantico. Però tutti questi percorsi hanno il loro fascino e li rifarei tutti. Quali sono? Il viaggio sulla teleferica dal ponte Dom Luiz al lungofiume di Villa Nova de Gaia, quello in barca per la crociera dei ponti (con un registratore che dà delle informazioni interessanti su ciò che si vede e delle notizie storiche sulla città), quello nel tram storico sulla linea uno che va dal centro alla foce del Douro, le passeggiate sul lungofiume sia “di qua, dal ponte Dom Luiz alla foce” che “di là, dal ponte Dom Luiz ad Afurada”. Il ponte, peraltro, si può percorrere sia dal basso che dall’alto ed è sempre bello farlo.

2. Non è solo che i portoghesi dicono “obrigado”. È come lo dicono. Come se fossero degli umili servitori. Si percepisce l’inchino. Forse anche se ti accoltellano lo fanno con l’inchino. Tuttavia in due o tre casi in centro le bariste (tutte femmine) sono sembrate un po’ scontrose.

3. Afurada. Casine colorate, azulejos, vecchine che guardano alla finestra, vecchine che cantano Ave Maria sulla soglia della porta di casa, signori che grligliano il pesce davanti casa, camerieri che grigliano il cibo nei barbecue davanti ai ristoranti, odore di cibo, pescatori che parlano tra sé o pescano (non fanno finta: un pesce attaccato all’amo l’ho visto portare via!). Il mercato di Afurada è piccolo, ma è uno spettacolo vedere i pescatori che portano il pesce o gli ambulanti che urlano per far venire la gente al loro banco o parlano tra sé da un banco all’altro. Per ambulanti si intendono spesso delle vecchie signore che mostrano con orgoglio il pesce nel loro banco. Nel villaggio di pescatori rimasto, dicono, a 40 anni fa, ci sono alcuni negozi, tra i quali uno di articoli di pesca e canottaggio e l’edicola in cui ho comprato la guida al campionato di calcio portoghese. Non mi sono addentrato nel bosco per andare a vedere la chiesa, ma sono convinto che andarci avrebbe aggiunto fascino al ricordo del posto. In tutta Porto si percepisce la restistenza del tempo che vuole continuare a scorrere lento e qui si percepisce ancora di più.

4. Alcuni musei sono aperti e gratuiti la domenica. Altri sono chiusi il lunedì. La caratteristica comune è che secondo il sito “scoprireporto” si possono saltare. Ad averlo saputo forse avrei saltato anche la visita al Salone della Borsa. È bello e imponente, le stanze sono piene di quadri, le sedie e le pareti sono di legno massiccio o di plastica finto legno. Una sala è piena di lampadari e decorazioni d’oro. La visita guidata è obbligatoria e la guida spiega delle cose interessanti nella in quaranta minuti. Ho il dubbio che avrei potuto fare a meno di questa visita. Non perché non meriti, di per sé, ma perché o guardo il palazzo per una giornata intera e me lo studio per bene e mi immagino la vita lì dentro o posso farne a meno. Comunque tra le “cose imperdibili che ho deciso di perdere” non ho visto la chiesa di San Francesco. A leggere su internet la spesa di 7,5 euro è spropositata per una chiesa piena d’oro e un museo la cui visita è obbligatoria. Io, tra chiese, torre e stadio, ho deciso semplicemente di saltare la chiesa più costosa.

5. Gli azulejos sono il tocco in più del chiostro della cattedrale, della facciata delle cappelle des albes, di tante case del centro. Merita andare alla cattedrale la mattina e tornarci la sera al crepuscolo per guardare la città illuminata. Merita spendere i tre euro. Non mi ha entusiasmato invece il panorama che si vede dalla torre dei clerigos ma sia mai che rinuncio a non salire in vetta a una torre. Ho rinunciato anche al monastero. È sempre stato fuori rotta e ho pensato che fosse solo un monastero e che anche da lì si sarebbe visto lo stesso panorama che si vedeva da Villa Nova de Gaia. È una frase un po’ da la volpe e l’uva, oppure semplicemente da persona che non ha avuto mai voglia di salire fin lassù. Al contrario ho avuto voglia di inerpicarmi per la città dall’altra parte di Porto per arrivare daTaylor, una residenza di un produttore di vini. Residenza immersa nel verde, piena di vasche (una delle quali con tanti pesci rossi), fontane e leoni in pietra con possibilità di visita alle cantine e pranzo al ristorante. Tutte cose evitate: le ho viste e sono subito sceso per incamminarmi verso Afurada. Mi ero già fermato troppo, quella mattina: un’ora e mezzo per la visita alle cantine Camel, di cui scriverò dopo.

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