Leggiamo Voltremont
Se la popolazione mondiale aumenta e i prezzi degli alimentari anche, i più poveri non potranno permettersi cibo. Sembra una preoccupazione assolutamente condivisibile, ma teniamo presente che il prezzo di un bene è spesa per chi lo acquista ma è reddito (al netto dei costi) per chi lo produce. Dai dati del fmi scopriamo però che in termini reali il cibo oggi costa meno di venticinque anni fa! Anche se il prezzo del riso si stabilizzasse al livello corrente, si tratterebbe di un aumento reale del venti percento in venticinque anni, un periodo durante il quale il reddito mondiale, sempre in termini reali, è aumentato del centocinquanta percento, come mostrano i dati raccolti dalla Banca mondiale, e risulta più equamente distribuito. Tutto questo significa che la popolazione mondiale, oggigiorno, si può permettere molti più beni alimentari che venticinque anni fa,
Secondo Krugman se l’attività speculativa su beni come il petrolio e gli alimentari fosse stata di dimensioni tali da far andare i prezzi alle stelle avremmo dovuto osservare un forte aumento delle scorte, cosa che non risulta dai dati a disposizione. Krugman conclude pertanto che non c’entra la speculazione e che la spiegazione va cercata nel meccanismo che bilancia domanda e offerta. Frankel e Calvo in due interventi su voxeu.org ritengono invece, rispettivamente, che i prezzi dei beni agricoli, e in particolare degli alimentari, fossero spinti verso l’alto dai bassi tassi di interesse che hanno indotto i grandi investitori a cercare rendimenti migliori sul mercato dei beni e dalla
massa di liquidità immessa nell’economia mondiale negli ultimi due anni, che deve per forza di cose essersi riversata su attività non finanziarie, fra le quali sono inclusi i prodotti agricoli. Insomma, non è per niente ovvio che la speculazione sia necessariamente la causa della dinamica dei prezzi alimentari negli ultimi anni.
Aggiungiamo anche che le attività speculative, di per sé, svolgono anche un fondamentale ruolo economico. Un produttore di riso può per esempio vendere il proprio prodotto sul mercato dei futures (ossia vendere il raccolto futuro a un prezzo fissato oggi, una forma di speculazione) per garantirsi un certo prezzo e quindi un certo reddito in periodi di elevata incertezza. Se questo produttore è un piccolo agricoltore avverso al rischio di prezzo la speculazione è certamente desiderabile, perché senza questi titoli, rischierebbe, in periodi di magra, di trovarsi senza reddito. Altro che peste.