PROTEZIONE DELL’OCCUPAZIONE
Restringere o rendere costosa la possibilità di licenziare un lavoratore, attraverso la corresponsione di indennizzi o l’obbligo al reintegro, significa proteggere il posto di lavoro. Lo stesso si ha limitando il periodo di prova o la durata o l’utilizzo di contratti a tempo determinato.
In Italia ci sono protezioni del posto di lavoro.
Molto minori sono le protezioni dei lavoratori licenziati in collettivo o per giusta causa. Manca un sistema adeguato di ammortizzatori sociali.
Cosa succede se le imprese competono in un mercato concorrenziale per i prodotti ma il salario è determinato da una contrattazione collettiva centralizzata ed è quindi più elevato del salario concorrenziale? Nel breve periodo le imprese, a parità di salario, licenziano meno, ma assumono meno. Nel medio periodo si avrà minore accoupazione (nel medio periodo l’occupazione è determinata esclusivamente da quanto le imprese assumono a dati livelli di protezione.) Inoltre la produttività del lavoro media nell’economia è ridotta da una maggiore protezione dell’occupazione, poiché i lavoratori non sono assegnati alle imprese la cui produttività dipende dalle caratteristiche dei lavoratori: queste emergono dopo che sono stati assunti ma da quel momento non si muovono in base alla produttività loro e delle aziende.
Cosa succede quando si introduce flessibilità? Si crea un sistema duale in cui un gruppo di lavoratori è protetto e l’altro no. Le imprese a questo punto assumeranno precari e licenzieranno loro per primi a fronte di shock negativi anche se questi fossero più produttivi dei protetti. Si crea flessibilità in un sistema rigido. Nel medio periodo la protezione dell’occupazione nel settore protetto fornisce incentivi alle imprese a strutturare le proprie operazioni attorno a lavori offribili a precari. Questo riduce la domanda di lavoro a tempo indeterminato da parte delle imprese. I posti non precari andranno, in preferenza, a lavoratori maturi, esperti, istruiti, che bbianmo poca mobilità tra imprese e dentro e fuori del mercato, insomma saranno penalizzati giovani e donne.
Dati e teoria vanno d’accordo. Più protezione del posto di lavoro implica una minore velocità di riallocazione de lavoratori, una più lenta creazione di nuovi e distruzione di vecchi posti di lavoro, una minore occupazione e una maggiore disoccupazione per giovani e donne, una maggiore prevalenza di contratti a tempo determinato, una maggiore occupazione di lavoratori istruiti in posti di lavoro protetti. Questi effetti sono più forti quanto più importante è la contrattazione collettiva.
Che succederebbe a ridurre la protezione del posto di lavoro? Più lavoratori perderebbero il lavoro, più persone ne troverebbero uno, si ridurrebbe la durata della disoccupazione, aumenterebbe la produttività dell’economia (per maggiore efficienza del processo di riallocazione di lavoro e capitale), aumenterebbero quindi i salari, giovani e donne e gruppi marginali avrebbero da guadagnare (maggiore occupazione e minore durata della disoccupazione.) I contratti a tempo indeterminato aumenterebbero. Dato che in ogni riforma ci sono vincenti e perdenti ci sarebbe chi perde e per questo occorrerebbe procedere a una riforma degli ammortizzatori sociali.
LAVORO PRECARIO
Lavoro precario non significa lavoro a tempo determinato. Precario è il lavoratore a tempo indeterminato in una occupazione con minime prospettive di avanzatmento di carriera o di trasformazione a tempo indenterminato e in un mercato del lavoro con alta e cronica disoccupazione. Vedi alla voce call center. Un mercato del lavoro ben funzionante produce molti posti a tempo determinato. In Europa il mercato del lavoro all’americana non sarebbe sostenibile, ma la scarsa protezione ha costi ma anche vantaggi per la dinamicità del mercato. Negli Stati Uniti non esiste il termine precariato. Perdere il lavoro è un dramma in recessione, ma non lo è in una situazione normale perché è facile ritrovarlo. Spesso cambiare lavoro è una decisione del lavoratore, negli USA I giovani fanno i camerieri mentre provano a scrivere il best dei romanzi o il fisioterapista stressato che si trasferisce al mare o l’avvocato che apre un ristorante. Si cambia lavoro con disarmante facilità. A quarant’anni si può anche trovare un lavoro vero passando pure per l’università- Tutte queste scelte sono spesso temporanee. Ci provo per un anno po ivediamo Trutto deciso e organizzato in pochi mesi. Questa è libertà e qualità della vita. L’incertezza è necessaria in una società viva, creativa, produttiva. Non vi è ricerca senza rischi e anche i ricercatori americani che non ce la fanno trovano altro da fare, da andare a Wall Street a costruire programmi e fare politica. Le normative Treu e Biagi hanno abbassato la disoccupazione, ma non hanno cambiato forma e strutture delle protezioni e delle garanzie sul mercato creando precarietà e dualità.
Limitare i contratti determinati produrrebbe più disoccupazione. Sistemi come la flexicurity proteggerebbero il lavoratore ma non garantiscono il posto di lavoro, limitano il precariato, aumentano i flussi tra occupati e disoccupati.
Forse in Italia la flexicurity è inattuabiule anche per l’eccessiva partecipazione dello stato inefficiente nell’economia e per il desiderio del posto fisso scolpito nella mente di molti. Però senza un mercato più dinamico non si esce fuori dal precariato. Si creano costi anche perché giovani e donne passano da lavori precari ad altri, ma soprattutto si distorcono le prospettive e le ambizioni dei giovani, si diminuisce la forza creativa, si tende a stagnare. Nessuno lascia mai un lavoro, chi perde il lavoro è spacciato: una società così non può che portare a far sognare il posto alle poste anziché diventare una società in cui si possa con facilità sperimentare e intraprendere.