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Lo stupore delle prese elettriche

Qe, stampa ed economia

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Di Massimo Fontana:

Molto spesso faccio notare come i destini del paese non siano molto rosei.
Per colpa di questa maggioranza sovranista?
Non solo.
Uno dei problemi che ritengo centrali è l’inadeguatezza della nostra classe dirigente.
Classe dirigente che non capisce quali siano i problemi principali del nostro paese, che si focalizza su aspetti secondari se non completamente errati, spingendo quindi il paese semplicemente verso direzioni o inutili o perfino deleterie.
Un esempio chiarissimo lo abbiamo nella stampa odierna.
E non sto parlando del solito articolo signoraggista del solito giornale sovranista, dove si favoleggia di un mondo privo di interessi, spread e recessione se l’Italia riconquista la sovranità monetaria, citando come esempio benefico il secolo precedente l’euro e gli onnipresenti anni ’70, dimenticando però di dire che nel secolo precedente l’euro, solo dal 1975 al 1981 si è effettivamente praticata la monetizzazione del debito, e che nei favolosi anni ’70 la disoccupazione continuò a salire costantemente chiudendo il decennio al 10%, si ebbe una crisi valutaria affrontata con l’aiuto della Bundesbank tedesca alla quale abbiano dato in pegno il nostro oro, abbiamo avuto una fuga costante di capitali e last but not least, una inflazione che raggiunse il 22%.
Inflazione alla quale fummo letteralmente costretti a mettere fine col “divorzio” tra tesoro e banca d’Italia proprio perchè comunque gli interessi reali piano piano stavano tornando positivi e solo aumentando ulteriormente l’inflazione si sarebbe potuto reprimerli, cosa impossibile però da fare in quanto aumentare ulteriormente l’inflazione partendo dal 22% dell’epoca avrebbe voluto dire andare in territorio iperinflattivo gettando quindi il paese nel caos monetario in stile sudamericano.
Caos monetario fatto di inflazione e recessione, visto che con simili livelli inflattivi le aziende non sono più in grado banalmente di tenere i conti del loro bilancio.
No, non sto parlando di simili articoli fatti alla fine unicamente per i contrari all’euro.
Sto parlando di ben’altro.
Nella fattispecie l’ultimo articolo di Fubini pubblicato dal Corriere della Sera, ovvero il principale quotidiano italiano, espressione di quella che dovrebbe essere la migliore borghesia del paese.
L’articolo in questione è questo e il suo titolo è “L’aiuto di Draghi è finito e l’europa lo ha sprecato” https://www.corriere.it/opinioni/18_dicembre_26/aiuto-draghie-finitoe-l-europa-ha-sprecato-a6636fe4-0949-11e9-be19-6af61a115697.shtml
Quando ho iniziato la sua lettura devo dire che ero ben predisposto, e questo perchè è assolutamente vero che Draghi ha aiutato l’europa, ed è altrettanto vero che alcuni paesi tra cui l’Italia, hanno sprecato questo aiuto.
Ma leggendo il pezzo ho capito che Fubini parlava di tutt’altro.
Nella fattispecie per il commentatore del correre, Mario Draghi col QE ha evitato la deflazione, ha abbassato i tassi d’interesse e proprio grazie a quest’ultimo intervento ha reso possibile un aumento della spesa pubblica per investimenti (ipotizziamo in deficit visto che se fatta senza questo, il mercato non avrebbe avuto nulla da dire, anche e soprattutto senza Drgahi), possibilità che però non è stata sfruttata dai paesi europei, che anzi o hanno tenuto costante la spesa o addirittura l’hanno ridotta.
Che dire di tutto questo?
Che siccome siamo a natale e quindi obbligatoriamente dobbiamo essere più buoni, ci limiteremo semplicemente a far capire perchè quanto scritto da Fubini non ha molto senso, lasciando le imprecazioni per altre occasioni.
Il QE innanzitutto.
Come abbiamo sempre ricordato il Qe nasce come mezzo per sostenere il livello dei prezzi.
Quindi evitare la deflazione e portare l’inflazione verso il livello target del 2%.
Fin qui tutto bene.
E anche Fubini lo dice e accetta.
Il problema viene dopo, ovvero sui tassi.
La Bce col QE ha ridotto i tassi d’interesse?
Per capirlo bisogna tornare alla teoria economica.
Teoria economica che è abbastanza chiara più o meno in tutte le salse: quello che conta sono i tassi d’interesse REALE, ovvero al netto dell’inflazione.
E allora, se noi depuriamo i tassi d’interesse nominali italiani dall’inflazione cosa vediamo?
Lo abbiamo fatto qualche tempo fa qui https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1952492711448955&set=pob.100000647346579&type=3&theater
In quel pezzo trovavamo alla fine che l’andamento dei tassi reali mostra che il Qe non ha ridotto in modo rilevante i tassi d’interesse.
Stiamo parlando di circa mezzo punto percentuale, reale.
E quel poco che è riuscito a fare è dovuto probabilmente alla diminuzione del rischio.
Non solo.
Come dimostra l’andamento dello spread italiano e quindi degli stessi tassi nominali e reali del bel paese, non appena il rischio sovrano è aumentato per fattori endogeni, la banca centrale, QE o non QE, comunque non è riuscita a tenere compressi i tassi d’interesse.
E qual’è stato il fattore endogeno che ha fatto aumentare lo spread?
La presentazione di una manovra finanziaria che invece di ridurre il deficit pubblico, lo aumentava.
Riassumendo abbiamo quindi che:
– la Bce col QE ha ridotto solo marginalmente i tassi d’interesse reali
– e diversamente non poteva essere visto che il QE opera nel mercato secondario, ovvero a titoli già emessi, e con l’esclusivo intento di aumentare il livello dell’inflazione
– la Bce quindi non ha il controllo dei tassi d’interesse, che come mostra l’andamento dello spread italiano, rispondono per l’Italia, tra le altre cose, alle dinamiche interne del deficit pubblico.
Ma se la Bce non controlla i tassi d’interesse e se l’Italia tentando di fare più deficit vede aumentare i tassi, ecco che per l’Italia diventa di fatto impossibile aumentare la spesa pubblica in deficit, anche per investimenti, visto che comunque i tassi d’interesse salirebbero.
Che questo problema sia reale lo mostrano alla fine le stesse parole e raccomandazioni della Bce, che guarda caso proprio oggi ha detto chiaramente che: “ È necessario proseguire gli sforzi di risanamento delle finanze pubbliche nel pieno rispetto del Patto di Stabilità e Crescita” ed “è particolarmente preoccupante la circostanza che la più ampia deviazione rispetto agli impegni assunti si riscontri in Italia, un Paese in cui il rapporto tra debito pubblico e Pil è notevolmente elevato”.
Qui http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2018/12/27/allarme-bce-preoccupa-deviazione-italia-da-patto-stabilita_c016429b-7a03-4f86-84fa-a510fe41f885.html
Quindi per la Bce non solo l’Italia non deve aumentare la sua spesa pubblica, ma anzi deve tagliarla.
Questo lo ha detto oggi, ma lo sta dicendo da anni.
E’ vero che non viene specificato se la spesa è per investimenti oppure no, ma è chiaro che se l’italia finanziasse gli investimenti con la semplice riallocazione della spesa corrente, come detto sopra nessuno avrebbe niente da dire, ne la Bce ne il mercato.
E’ evidente che l’unica spesa per investimenti che creerebbe i problemi è quella a deficit.
Quindi no, l’Italia non ha sprecato una grande occasione perchè non ha aumentato la spesa pubblica durante il QE.
Semmai è l’esatto contrario: l’Italia ha sprecato una grande occasione durante il QE perchè NON ha tagliato a sufficienza la spesa pubblica.
Tagliandola infatti durante il QE, non avrebbe causato nessuna spinta deflattiva o recessiva, visto che il reddito nominale era spinto proprio dall’inflazione prodotta dal QE, ma in compenso avrebbe liberato dal bilancio pubblico esattamente quelle risorse per gli investimenti, sia pubblici che privati, di cui l’Italia ha effettivamente bisogno.
I punti da capire allora sono tre:
1) la banca centrale a meno di non andare verso lo scenario visto nel primo pezzo, quello signoraggista, non ha il potere di determinare i tassi d’interesse.
2) Ma qual ora si andasse in quella direzione comunque ci sarebbero effetti talmente negativi da obbligarci molto presto a tornare indietro pena il collasso economico
3) alla fine la mancanza di investimenti produttivi in Italia è dovuta ad una spesa pubblica troppo elevata, la quale spiazza quella privata senza contemporaneamente avere nessun effetto da parte di quella pubblica, vista l’allocazione di questa essenzialmente per spesa corrente e non per investimenti.
La mancata comprensione di questi tre punti sono essenzialmente il problema principale che affligge culturalmente il paese e che lo condannano alla crisi perenne.
Con ogni evidenza tale problema non affligge solo i sovranisti/signoraggisti, ma anche la classe dirigente moderata, ovvero quella parte del paese che dovrebbe indicare la direzione verso cui andare.
E’ ovvio che se questa classe dirigente indica come direzione un fossato, il futuro non sarà propriamente roseo.

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