Diceva sempre che un giorno la Fiorentina avrebbe vinto il terzo scudetto. Avrà creduto, come tutti, alle promesse dei presidenti vari e avrà sperato, come tutti, che finalmente cedessero la Società quando non avevano più niente da dare alla causa viola.
Era stato un tifoso e una persona per bene, anche troppo: era generoso con tutti e in tanti lo hanno fregato facendosi prestare soldi mai restituiti. Per questo era finito a dormire in delle pensioni, insieme alla moglie.
E’ stato un uomo spettacolo prima che in molti ne facessero una professione. A quelle trasmissioni degli anni Ottanta nelle tv toscane partecipava come tifoso, appassionato e anche competente. Amava il contatto col pubblico e lì poteva dialogare con tifosi che chiamavano in studio. Da lì poteva chiedere una punta al Conte Pontello, poteva dispiacersi di uno striscione che lo contestava in curva. Le sue analisi erano passionali, ma molto più sensate di quelle di tanti soloni che avrebbero sentenziato in tv negli anni successivi.
Lo trovavi allo stadio anche durante gli allenamenti e dopo le partite se ti fermavi al bar ad ascoltare. Il giorno del licenziamento di Radice con Cecchi Gori disse che era preoccupato per l’avvenire.
Lo ascoltavi alla radio, ormai casa sua, a commentare, a dialogare coi tifosi, a protestare. Diceva di essere stato bene anche alla Rai, ma non poteva dire tutto, era come legato. Era a fare il ring dei tifosi a Canale Dieci, ma già allora sembrava meno ruspante. Quasi dovesse recitare un ruolo.
Le frustate, rivolte verso chiunque, erano il suo marchio di fabbrica. Le dispensava a giocatori, allenatori, dirigenti, politici e a chi non gli andava a genio.
Chissà se avrà continuato a sperare nel terzo scudetto durante gli anni bui delle retrocessioni e di calciopoli. Ha comunque potuto godere le imprese di Londra (Arsenal) o Liverpool. Non ha mai fatto trasparire le proprie difficoltà.
La malattia lo ha colpito nell’anno della rinascita viola dopo le delusioni passate. La gente è tornata allo stadio e la Fiorentina è tornata un amante. Anche di questi giocatori dirà che li ha lanciati lui, come di tutti quelli che ruotavano attorno ai viola, tifosi compresi.
La morte lo ha preso in una settimana particolare: la partita a Torino, persa in modo quasi umiliante, come a far pensare che il bel giocattolo si fosse rotto; la vittoria contro l’Inter dove sono riapparse le meraviglie del gioco viola di quest’anno e ad essere umiliati sono stati gli avversari. È un po’ l’emblema dell’essere tifosi della Fiorentina: una vita mai troppo normale, noiosa, ripetitiva. Vittorie, sconfitte, illusioni, delusioni, ma soprattutto grandi e focose passioni.
Mi piace pensare che anche quella di Mario Ciuffi sia stata una vita così.
Ciao grande. Se vedremo il cielo colorarsi di viola sapremo di chi sarà merito.
Quando è morto Mario Ciuffi
26 Aprile 2018