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Lo stupore delle prese elettriche

Quando l’austerità fa crescere

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Da “Austerità” di Favero, Alesina, Giavazzi

AUSTRIA ANNI 80

Cause: aumento del debito pubblico, tassi di interesse elevati, deficit relativamente basso.

Obiettivo: ridurre il deficit nel medio termine di circa il 2,5% del pil.

Tagli di spesa: riduzione del contributo federale alle pensioni, riduzione dei sussidi ai prodotti agricoli, riduzione dei contributi ai programmi di promozione al risparmio.

Effetti: Pil cresciuto nel 1982 del 2% e nel 1983 del 3%. Più che nella media dei paesi esaminati nel libro. Anni precedenti: 1979 5,4% 1980 1,7% 1981 -0,4%

Tasso di cambio: leggermente apprezzato.

Politica monetaria: non accomodante.

Tassi di interesse: 10%, in calo dopo l’aggiustamento.

Tasso di inflazione: 5%.

Rapporto debito/pil: non diminuito, comunque sotto il 50%

Nota: nel 1984 un piano di aggiustamento fiscale basato su un aumento del gettito fiscale ha determinato un rallentamento della crescita.

BELGIO ANNI 80

Cause: deficit del 16,4% del pil nel 1981.

Tagli di spesa: 6,5% del pil tra il 1982 e il 1987. Hanno riguardato l’istruzione, i sussidi di disoccupazione, gli stipendi pubblici, le pensioni, i sussidi alle imprese pubbliche, riduzione di costi poerativi, deindicizzazione delle retribuzioni del settore pubblico, deindicizzazione delle pensioni), tagli a istruzione, pensioni, sanità, ai trasferimenti governativi alle autorità locali, a varie voci di spesa pubblica corrente e in conto capitale.

Aumenti di imposte: 1,8%. del pil. (Iva dal 17 al 19%, aumento della tassa sui prodotti petroliferi, riforma delle deducibilità fiscali, aumenti di imposte societarie e personali).

Effetti: la crescita del pil è stata negativa nel 1981, è tornata positiva nel 1982, è rimasta positiva (1,5% di media) durante il consolidamento con un picco del 2,4% nel 1984. La crescita è proseguita raggiungendo il 4,3% nel 1988. La crescita è stata oscillante intorno alla media degli altri paesi.

Il tasso di crescita dei consumi ha impiegato più tempo a recuperare ma ha raggiunto il 2,2% nel 1987 e è cresciuto fino al 1989. Il tasso di crescita degli investimenti ha iniziato a salire quasi subito attestandosi in media intorno al 6,4% tra il 1984 e il 1987.

Rapporto debito/pil: si è stabilizzato dopo il picco del 1988 del 125%. Il costo di rifinanziamento del debito era superiore all’8% negli anni dell’austerità. Quindi inizialmente il debito è aumentato.

CANADA ANNI NOVANTA

Cause: rapporto debito/pil superiore all’80%, deficit di bilancio superiore all’8% nei primi anni novanta.

Tagli di spesa dal 1990 al 1996. Riduzione dell’occupazione pubblica del 15% in quattro anni, riduzione dei sussidi alle imprese del 60%, ridimensionamento dei trasferimenti del governo federale alle province, definizione di limiti massimi alla spesa pubblica.

Programmi di accompagnamento: deregolamentazioni, privatizzazioni, programmi a favore delle piccole imprese e per stimolare ricerca e sviluppo.

Effetti: tasso di crescita del pil positivo per tutto il periodo, con un minimo dell’1,5% e un massimo del 3,4%. Tasso di cambio deprezzato, tasso di crescita delle esportazioni nette a due cifre.

SPAGNA ANNI NOVANTA

Cause: 1993. Disavanzo 8% del pil, rapporto debito/pil del 55%.

Tagli di spesa tra il 1994 e il 1998: riduzione della spesa corrente di più di un punto percentuale annuo, tagli agli investimenti pubblici e alle spese militari, congelamento delle retribuzioni del settore pubblico, riduzione dell’indennità di disoccupazione.

Effetti: crescita del pil tra il 2% del 1994 e il 4% del 1998. Gli investimenti e i consumi sono calati nel 1993 ma poi sono risaliti. Il tasso di cambio si è svalutato nel 1992 1993 ma la svalutazione è stata meno significativa negli anni successivi.

AUSTERITA’ RECESSIVE, BASATE SU TAGLI DI TASSE:

Irlanda tra il 1982 e il 1986.

Portogallo nel 1983.

REGNO UNITO 2010 2014

Cause: diminuzione del pil del 5% nel 2009, deficit del 10% del pil, rapporto debito/pil dal 50 al 64%.

Due terzi della correzione è data da tagli di spesa: riduzione di trasferimenti come i sussidi assistenziali, politiche restrittive sui contributi dei datori di lavoro, riduzione alle pensioni dei dipendenti pubblici, riduzione dei sussidi di invalidità, restrizione dell’accesso ai programmi di assistenza sociale, riduzione dei sussidi legati all’età, tagli ai crediti di imposta, tagli agli affitti agevolati, tagli alle prestazioni in età lavorativa.

Aumenti di imposte: aumento delle aliquote iva, piccoli aumenti delle imposte dirette, aumento dei contributi previdenziali.

Riforme strutturali: deregolamentazione dei mercati del lavoro e dei beni, aumento dei requisiti di anzianità per l’accesso alle pensioni pubbliche che sono state anche legate all’aspettativa di vita.

Tasso di cambio deprezzato negli anni precedenti al consolidamento, poi si è apprezzato dopo il 2012. Le esportazioni sono aumentate.

Effetti sul pil: crescita superiore alla media dei paesi europei presi nel campione. Crescita degli investimenti dopo il .-21% del 2009.

Rapporto debito/pil: aumenta fino al 90% ma il tasso di crescita è rallentato.

IRLANDA 2010 2014

Aumenti di imposte per circa il 4% del pil.

Tagli alla spesa fino all’11% del pil: riduzione degli stipendi pubblici, risparmi nei settori dell’istruzione, della ricerca, della sanità, tagli di spesa in conto capitale. Tagli ai sussidi alle imprese e ai programmi di assistenza sociale, riduzione del supporto finanziario alle famiglie per le spese sanitarie e per l’istruzione, tagli ai consumi pubblici, tagli di spesa al sistema giudiziario, ai trasporti, alla difesa, all’apparato amminsitrativo. Riduzione dei trasferimenti, tagli ai finanziamenti ai programmi di assitenza sociale, riduzione dei sussidi all’assistenza sanitaria, all’istruzione, al settore agricolo. Tagli ai trasferimenti e alla spesa corrente in sanità, giustizia, difesa, istruzione.

Tasso di cambio effettivo nominale sceso nel 2010 e poi stabile.

Politiche di accompagnamento: liberalizzazioni del mercato dei beni, riforma del mercato del lavoro.

Effetti: crescita del pil dal -7% del 2009 al 2,3% del 2011 fino al +4,3% del 2014. Investimenti ed esportazioni sono stati il motore della ripresa.

Rapporto debito/pil: sceso dal 120% al 105% nel 2014.

PORTOGALLO 2010 2014

2010: arresto improvviso dei flussi di capitale.

Piano di austerità del 10% del pil in tagli alla spesa e 7% del pil in aumenti delle tasse.

Recessione profonda fino al 2014.

Tagli di spesa: restrizioni salariali ai dipendenti pubblici, blocco delle assunzioni di dipendenti pubblici, razionalizzazione delle spese operative per gli appalti e le attrezzature militari, sospensione della costruzione di strade, blocco delle concessioni per progetti infrastrutturali, riduzioni dei trasferimenti alle amministrazioni locali e alle imprese statali, tagli a forniture di servizi e controllo delle spese operative delle amministrazioni pubbliche, tagli delle spese sanitarie, sospensione dell’indicizzazione delle pensioni, altre riduzioni salariali, tagli ai trasferimenti sociali e ai sussidi.

Aumenti di imposte: riforma della tassazione dei redditi personali, limitazione di agevolazioni fiscali, razionalizzazione della struttura dell’iva.

Effetti. Oscillazione del pil, ma in media è diminuito del -1,3% tra il 2010 e il 2014. Il rapporto debito/pil è passato dal 96% al più del 130% nel 2014.

SPAGNA 2009 2014

Tagli di spesa: tagli degli stipendi pubblici, restrizioni alle retribuzioni dei dipendenti pubblici, altri tagli a spesa corrente e investimenti pubblici, tagli alla spesa sanitaria e alla spesa per l’istruzione, tagli ai trasferimenti, tagli ai sussidi di disoccupazione.

Il consolidamento si è basato su aumenti di imposte, però, e ha comportato una forte contrazione dell’economia e anche un mancato consolidamento del rapporto debito/pil.

ITALIA 2011 2012

Dopo la crisi finanziaria del 2007-2008, l’Italia si era incamminata verso una lenta ripresa. Tra la fine del 2010 e l’agosto 2011 il governo di centrodestra ha adottato una serie di misure fiscali che consistevano principalmente in annunci per il 2012 e il 2013 e che comportavano maggiori imposte per il 2,4% del PIL e tagli alla spesa per l’1,4% del PIL. Durante l’estate del 2011, all’indomani della crisi greca e dopo l’annuncio, a luglio, che il settore privato poteva essere coinvolto nella ristrutturazione del debito di quella nazione, l’Italia ha subito un sudden stop. I tassi di interesse sui titoli di Stato a dieci anni sono passati da meno del 5% a giugno a oltre il 7% a novembre e i titoli di Stato sono stati declassati. Nel novembre 2011 il governo si è dimesso ed è stato formato un esecutivo tecnico guidato dall’ex commissario UE alla Concorrenza, Mario Monti, con l’obiettivo specifico di riportare la fiducia sui mercati finanziari.

Per quanto riguarda la spesa pubblica, una riforma del sistema pensionistico ha prodotto risparmi sebbene l’effetto immediato sul bilancio sia stato limitato. Il governo ha anche messo in atto i tagli decisi dai predecessori, inclusi quelli ai bilanci dei singoli ministeri per un totale di 7 miliardi di euro nel 2012. Per quanto riguarda il gettito fiscale, le nuove misure più importanti hanno aumentato le tasse comunali sugli immobili, rivalutato il catasto e aumentato le accise. Buona parte di queste misure è entrata in vigore nello stesso 2012. Sono stati attuati anche altri provvedimenti annunciati dal precedente governo, come la revisione dei tassi di ammortamento, la tassazione dei redditi finanziari, alcune misure contro l’evasione fiscale, nuove sovrattasse regionali sui redditi personali, una rimodulazione del gettito da gioco d’azzardo e dalle imposte di bollo e un aumento delle aliquote IVA. L’aggiustamento di bilancio complessivo deciso dai due governi nel periodo 2011-2012 è stato pari a circa il 6% del PIL e ha agito prevalentemente sul versante della tassazione, che ha costituito circa il 55% della correzione fiscale. Il differenziale tra i titoli di Stato italiani e tedeschi è stato ridotto della metà nei primi cinque mesi di governo, passando dal 5,5% di novembre 2011 al 3% di marzo 2012. La crescita del PIL pro capite è diminuita costantemente fino a raggiungere un minimo del –3,2% nel secondo trimestre del 2012. Il tasso di crescita è rimasto negativo fino alla fine del 2013, due anni e mezzo dopo l’introduzione del programma di austerità. La ripresa è iniziata solo nel 2015. Anche i tassi di crescita dei consumi e degli investimenti si sono ridotti, rispettivamente fino a un minimo del –3,1% e del –9,4% nel secondo trimestre del 2012. Il rapporto debito/PIL dell’Italia ha continuato a salire, toccando il 132% nel 2014.

In Paesi come Spagna, Italia, Irlanda e Portogallo, che hanno realizzato i consolidamenti fiscali di maggiori dimensioni, la natura dei piani fiscali ha giocato un ruolo importante nel determinare il loro tasso di crescita. Ad esempio, se la Spagna avesse corretto la sua posizione fiscale esattamente dello stesso ammontare e negli stessi tempi, ma avesse scelto di basare l’aggiustamento unicamente su tagli alla spesa – mentre dal 2012 in poi ha aumentato le tasse – la crescita del PIL sarebbe stata di circa quattro punti percentuali più alta nel 2014, e questo avrebbe accelerato la ripresa. Lo stesso vale per l’Italia: se si fosse scelto di tagliare solo le spese nel 2011, nel 2012 e nel 2014, la crescita del PIL sarebbe stata del 2% più alta in ogni anno a partire dal 2011, generando una crescita aggiuntiva cumulata di otto punti percentuali rispetto al 2011.

Anche nel periodo post 2010 troviamo conferma che gli aggiustamenti EB sono stati molto meno costosi degli aggiustamenti TB in termini di perdita di PIL, un risultato non inatteso data l’analisi iniziale dei singoli casi. Non troviamo evidenze empiriche convincenti a sostegno della tesi che i moltiplicatori siano stati significativamente più grandi negli ultimi anni. Diversi Paesi, anche se non tutti, hanno vissuto profonde recessioni, ma la dimensione delle misure di austerità adottate – in alcuni casi soprattutto sul fronte della tassazione – è stata davvero draconiana, anche escludendo il caso della Grecia. Inoltre, si dovrebbe tenere presente che la politica fiscale non è stata l’unico fattore in campo: anche crisi bancarie, il crollo della fiducia e le strette creditizie hanno avuto un ruolo importante. Sarebbe eccessivamente semplicistico attribuire tutto quanto è accaduto in Europa tra il 2010 e il 2014 alla sola politica fiscale. Una delle ragioni per cui molti commentatori hanno sostenuto che adottare misure di austerità in Europa fosse una scelta sbagliata è che era troppo presto, dato che le economie europee non si erano ancora riprese dalla Grande recessione. Ovviamente non è facile prevedere cosa sarebbe successo se non si fossero adottate politiche di austerità.

Che sia stata troppa austerità? Forse sì.

In ogni caso l’austerità non sarebbe necessaria se le politiche fiscali si tenessero rigorose.

 

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