there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Ricordi delle prime mezze maratone. A.d. 2009/2010

Ad Amsterdam rimanesti incagliato con la ruota della bici su un polpaccio di una ragazza. Quella mi fulminò con lo sguardo. Stava facendo stretching prima della partenza e io le franai addosso. “Sorry!”, dissi. “Sorry una sega!”, pensò sicuramente e per di più in italiano.
Come ti muovi ad Amsterdam? In bici, è ovvio. A volte, invece, a piedi. Se stai cercando di capire come piegare una cartina, o come leggerla, possono succedere due cose: arrivano degli olandesi, ad esempio una signora appena uscita dal parrucchiere all’angolo, per aiutarti, oppure ti urlano che state occupando una pista ciclabile (“That’s a street”, strepitò una freccia che sembrava avere le sembianze di una ragazza, supponendo che tutti conoscano l’inglese, come loro.)
Quando ti siedi al ristorante, se sei vestito in modo riconoscibile, ti guardano, sorridono e chiedono se correrete la maratona del giorno dopo:”I did last year”.
Attenti agli sguardi omicidi della ragazza che sta facendo stretching prima della partenza e tu gli sei appena piombato sul polpaccio con la ruota.
Se ti limiti alla gara non sai niente dei coffee shop, dei canali, delle case strette, della libertà. Vedi gente che parla vari idiomi alla partenza. Quindi inizi a correre e vai a velocità inusuali per te. Tanto che i tuoi compagni ti dicono di rallentare e partire piano. Cioè di fare dieci chilometri alla velocità da crociera di sette minuti al chilometro. Scopri il potere della banda che suona, quello dei bambini che ti danno il cinque e quello della gente che incita. Nessuno ti tira bottiglie, come a Bolt a Londra. Nessuno ti insulta perché blocchi il traffico. Insomma la gente ti resta simpatica. Della città che dire? Attraversi boschi e se ci fosse il mare potresti pensare di essere a Stoccolma. A un certo punto, dopo aver chiacchierato del più e del meno con altri corridori, decidi di mettere la quarta. Fai un balzo di circa due secondi al chilometro e dopo circa cinque chilometri crolli. Hai voglia a dare la colpa ai ponticini bastardi che gli organizzatori hanno messo sul percorso appositamente per creare difficoltà ulteriori agli sprovveduti. Hai voglia a dare la colpa alla pioggerellina e al vento: casomai daranno fastidio all’arrivo. Hai voglia a lamentarti dei ristori poco forniti, neanche dovessero darti un piatto di lasagne. Alla fine vedi l’arrivo, salvo accorgerti che il tendone era fasullo: entri nello stadio olimpico e i supporter sono a mangiare da burger king.

E a Berlino? Ti strafoghi di currywurst con tanta maionese e birra a volontà. Lì passi per la città. Ti diranno :”Hai visto che abbiamo passato la porta di Brandeburgo?” Ti elencheranno tutte le Platz. Ti chiederai che gara hai fatto, allora. In realtà eri tu contro te stesso. Pensavi solo al tempo. Hai visto una ragazza con la maglietta dell’ora e cinquantotto e tu, temerario, pensavi che lei fosse la tua Moby Dick e tu ti chiamassi Ismaele. Tanto per andare in affanno già dopo dieci chilometri e arrancare per gli ultimi otto. Vedrai i tuoi supporter e li saluterai, ma sarà il canto del cigno: quelle energie non le riavrai mai più in quella giornata. C’era musica e pubblico ovunque: era una vera festa, per gli altri. Non per te e ancora meno per l’uomo che è morto di infarto agli ultimi cento metri. Tu te la cavasti con due ore di dormita e una stanchezza allucinante. Neanche avessi corso una mezza maratona. O forse no.

Torni in Italia, a Roma. Pensi che Roma sia bella. Ti dicono di arrivare a Ostia. A Ostia c’è il mare. Può darsi, ma per te esiste soltanto una strada, un lungo viale che potrebbe congiungere due città qualsiasi. Ti ricorderai della compagna di running che al dodicesimo chilometro ti dirà che sembra che tu non abbia neanche iniziato a correre, di un uomo che distribuiva arance che tirava fuori da una cassetta di legno, di tre ragazze spagnole il cui inseguimento ti avrebbe portato al record personale. In quanto al mare, ti ricorderai soprattutto del vento che era talmente forte da frenarti. Sarebbe stato peggio ancora nel lungomare di Livorno qualche anno dopo: lì ci sarà anche la mareggiata e ti beccherai pure gli schizzi.

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