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Lo stupore delle prese elettriche

Risorse naturali, inquinamento, crescita economica

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Le risorse naturali, l’inquinamento e altre considerazioni ambientali sono assenti dal modello di Solow. Però almeno da  Malthus (1798) molte persone hanno creduto che queste considerazioni siano critiche per la possibilità di crescita economica a lungo termine.
Per esempio l’ammontare di olio di altre risorse naturali sulla Terra sono fisse. Questo potrebbe significare che un percorso di crescita perpetua della produzione arriverebbe a far finire queste risorse e quindi fallirebbe.
Analogamente l’ammontare fisso di terra potrebbe diventare un vincolo stringente alla possibilità di produrre.
Oppure ancora l’output crescente potrebbe generare un incremento superiore di inquinamento che farebbe fermare la crescita o dovrebbe farlo.

Questa sezione (del primo capitolo di Advanced Macroeconomics di David Romer) analizza il tema di come le limitazioni ambientali influenzino la crescita a lungo termine e se lo facciano.

Nel pensare a questo argomento è importante distinguere tra i fattori ambientali per i quali esistono diritti di proprietà ben definiti, risorse naturali e terra essenzialmente, e quelli per i quali tali diritti non esistono, cioè essenzialmente l’aria e l’acqua non inquinate.

L’esistenza di diritti di proprietà per un bene ambientale ha due implicazioni importanti.
La prima è che i mercati forniscono dei segnali validi sull’utilizzo del bene. Supponiamo che le migliori prove disponibilie indichino che il petrolio cominci a scarseggiare e limiterà la nostra abilità di produrre in future. Vale a dire che in futuro i prezzi del petrolio si alzeranno. Allora i proprietari del petrolio non vorranno vendere il loro petrolio oggi a prezzi più bassi. Preferiranno aumentarne le scorte. Quindi non sono necessari interventi governativi per conservare la risorsa: ci penserà il mercato.
La seconda è che possiamo usare i prezzi del bene per avere una prova della sua importanza nella produzione. Per esempio poiché l’evidenza che il petrolio sarà un importante fattore limitante la produzione futura ne alza il prezzo oggi, è sufficiente guardare la reazione di questo a fronte della scarsità prevista per capirne l’importanza.

Per i beni ambientali per i quali non ci sono diritti di proprietà l’utilizzo del bene ha delle esternalità. Per esempio le imprese possono inquinare senza compensare le persone che danneggiano. In questo caso la richiesta di intervento governativo è più forte e non ci sono prezzi di mercato che forniscano prove dell’importanza del bene. Allora, gli economisti interessati a tematiche ambientali devono trovare prove delll’importanza da soli.

Consideriamo i beni ambientali che sono scambiati nei mercati. Analizziamo sia un semplice caso base che un’importante complicazione del caso base. Infince considereremo i beni per i quali non esistono mercati ben funzionanti.

Le risorse naturali e la terra. Un caso base.
Estendiamo la nostra analisi per includere le risorse naturali e la terra. Per rendere l’analisi gestibile, startiamo col caso della cobb douglas.
Alla fine dell’analisi l’equazione mostra che la crescita nel reddito per lavoratore di un percorso di crescita bilanciato può essere positiva o negativa. Vale a dire che la limitazione derivante dalle limitazioni di risorsa e terra per lavoratore può causare una diminuzione del reddito per lavoratore, ma non necessariamente.

La quantità di risorse non rinnovabili e la terra a disposizione per ogni lavoratore sono degli impedimenti alla crescita. Però il progresso tecnologico è una spinta alla crescita stessa. Se la spinta è più forte dell’impedimento, allora si verifica una crescita della produzione per lavoratore. Questo è esattamente quanto è avvenuto negli ultimi due secoli.

Nella storia recente i vantaggi del progresso tecnologico hanno superato gli svantaggi delle limitazioni derivanti dalle risorse e dalla terra. Questo non ci dice però quanto grandi siano questi svantaggi. Per esempio potrebbero essere talmente grandi che anche solo un moderato rallentamento del progresso tecnologico renderebbe la crescita del reddito procapite negativa.
L’analisi e le prove suggeriscono che la riduzione della crescita dovuta a limitazioni ambientali, anche se non è banale, non è grande. Inoltre l’evidenza mostra come ci dovrebbero essere notevoli incrementi nelle limitazioni alla crescita fornite dalle risorse e dalla terra (ben superiori al 25% annuo) affinché il reddito procapite inizi a calare a causa loro.

L’ammontare di terra è fisso e l’uso delle risorse deve alla fine cadere. Così anche se la tecnologia è stata capace di far fronte alle limitazioni delle risorse e della terra nei precedenti due secoli, può ancora succedere che quelle limitazioni diventino un vincolo alla possibilità di produrre.
Il fatto che la quota di terra e risorse rispetto agli altri fattori di produzione sia stata in declino nel tempo malgrado terra e risorse siano diventate più scarse significa che l’elasticità di sostituzione tra questi input e gli altri deve essere maggiore di uno.
A prima vista questo fatto può sembrare sorprendente. Se pensiamo in termini di beni strettamente definiti, come i libri, le possibilità di sostituzione tra gli input non sembrano grandi. Se però riconosciamo che il valore per le persone non è tanto dato dal bene in sé quanto dal servizio che svolge (i libri si possono considerare  un magazzino di informazioni o uno svago o un mezzo per acculturarsi ecc., per esempio) diventa plausibile pensare che ci siano spesso grandi possibilità di sostituzione. Le informazioni che si trovano nei lbri possono essere stoccate e divulgate anche attraverso altri strumenti: il passa parola, le pietre, i microfilm, le videocassette, i dvd, gli hard disk, i cloud ecc. Questi diversi mezzi usano capitale, risorse, terra e lavoro in proporzioni molto diverse. Come risultato, l’economia può rispondere a una scarsità crescente di risorse e di terra sostituendo i beni e i servizi esistenti con altri che utilizzano in modo meno intensivo tali fattori.

Inquinamento
La crescita non è potenzialmente limitata dal declino delle quantità di risorse e di terra procapite.
La produzione crea inquinamento. Questo inquinamento riduce le possibilità di misurare correttamente l’output. Se includiamo l’inquinamento nella somma degli output derivanti dalla produzione, ne riduce il valore. Cioè l’inqunamento ha un prezzo negativo. In aggiunta, l’inquinamento può crescere fino al punto in cui riduce l’output convenzionalmente misurato. Il global warming, per esempio, può ridurre l’output attraverso il suo impatto sui pattern del clima e sui livelli del mare.
La teoria economica non ci dà motivo di essere sanguigni rispetto all’inquinamento. Poiché coloro che inquinano non sopportano i costi del loro inquinamento, un mercato non regolamentato conduce a inquinamento eccessivo. Analogamente, non c’è niente che eviti una catastrofe ambientale in un mercato non regolato. Per esempio, supponiamo che ci siano dei livelli critici di inquinamento che risultino in un cambiamento drastico e improvviso del clima. Poiché gli effetti dell’inquinamento sono delle esternalità non ci sono meccanismi di mercato che evitano che l’inquinamento salga a tale livello e nemmeno un prezzo di mercato di un ambiente non inquinato che metta in guardia sul fatto che degli individui con informazioni accurate credano che una catastrofe sia imminente.
Concettualmente, la policy corretta di affrontare l’inquinaemnto è diretta. Dare un prezzo a ciò che non lo ha. Dovremmo stimare il prezzo delle esternalità negative e tassare l’inquinamento per tale ammontare. Questo allineerebbe i costi sociali con quelli privati e ciò determinerebbe il livello socialmente ottimale dell’inquinamento.
Anche se descrivere la policy ottimale è semplice, è utile sapere quanto sono grandi i problemi posti dall’inquinamento. In termini di comprensione della crescita economica, vorremmo sapere quanto l’inquinamento potrebbe ridurre la crescita se nessuna misura correttiva fosse presa. In termini di policy, vorremmo sapere quanto grande debba essere una tassa sull’inquinamento. Vorremmo anche sapere se le tasse sull’inquinamento siano politicamente non fattibili e se i benefici di un approccio regolatorio superino i costi. Infine, in termini di comportamento individuale, vorremmo sapere quanti sforzi gli individui che hanno a cuore il benessere altrui dovrebbero fare per ridurre o migliorare le loro attività che causano inquinamento.
Poiché non ci sono i prezzi di mercato da usare come guide, gli economisti interessati all’inquinamento devono iniziare guardando all’evidenza scientifica. Per esempio nel caso del riscaldamento globale un punto di stima ragionevole è quello di una crescita della temperatura media di tre gradi centigradi in un secolo, con vari effetti sul clima (Nordhaus, 2008). Gli economisti possono stimare le conseguenze sull’welfare di questi cambiamenti. Per fare un esempio, gli esperti in agricoltura hanno stimato l’impatto probabile del global warming sugli agricoltori statunitensi e sulla loro possibilità di continuare a coltivare quello che coltivano adesso. Qeusti studi concludono che l’impatto del global warming sarà alto. Mendelsohn, Nordhaus e Shaw (1994), tuttavia, notano come gli agricoltori possano rispondere ai cambiamento cambiando le coltivazioni o spostando l’uso della terra su altri utilizzi e quindi su altre possibilità di fare reddito. Una volta considerate queste possibilità di sostituzione, l’effetto globale del global warming sugli agricoltori statunitensi è piccolo o addirittura positivo (vedi anche Deschenes e Greenstone, 2007)

Dopo aver considerato i vari canali attraverso cui il riscaldamento globale potrebbe influenzare il benessere, Nordhaus (2008) concude che una ragionevole stima sia che gli effetti globali sull’welfare al 2100 risultino leggermente negativi, l’equivalente di una riduzione del 2-3 per cento del PIL. Questo corrisponde a una riduzione nella crescita media annua di solo 0,03 punti percentuali. Non sorprendentemente, Nordhaus trova che misure dastiche per combattere il riscaldamento globale, come politiche che fermino l’ulteriore riscaldamento tagliando le emissioni di gas serra a meno della metà dei livelli del 1990 sarebbero molto più dannose che non fare niente.

Seguendo un approccio simile, Nordhaus (1992) concude che i costi sul welfare di altri tipi di inquinamento sono più grandi ma ancora limitati. Essi riducono la crescita annua correttamente misurata di circa 0,04 punti percentuali.

Alternativamente, potremmo trovare il livello sociale ottimale di inquinamento e mettere all’asta una quantità di permessi che consentano quel livello di inquinamento. Weitzman (1974) fornisce la classica analisi di scelta tra controllare i prezzi o le quantità.
È certamente possibile che questa lettura dell’evidenza scientifica o lo sforzo di stima degli effetti sull’welfare siano lontani dall’aver colto il punto. È anche possibile che i risultati cambino se consideriamo un orizzonte più lungo di 50 o 100 anni.
Resta il fatto che la maggior parte degli economisti che hanno studiato le tematiche ambientali seriamente, anche coloro i quali sono su posizioni di appoggio alle preoccupazione ambientaliste, hanno concluso che l’impatto probabile dei problemi ambientali sulla crescita è al più moderato.

This does not imply that environmental factors are always unimportant to long-run growth. Brander and Taylor (1998) make a strong case that Easter Island suffered an envi- ronmental disaster of the type envisioned by Malthusians sometime between its settlement around 400 and the arrival of Europeans in the 1700s. And they argue that other primitive societies may have also suffered such disasters.

 

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