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Lo stupore delle prese elettriche

Scuola, sanità, dirigenti pubblici, rai, sussidi. Cosa va e cosa non va secondo Roberto Perotti

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 Da “Status quo” di Roberto Perotti


SCUOLA

Come scegliere gli insegnanti? In Italia: per anzianità. In un sistema che si basi su meccanismi di valutazione e incentivazione si ricorrerebbe ai curriculum, alle referenze, a colloqui, a periodi di prova.


Come dare loro gli incentivi giusti per fare bene il loro lavoro? In Italia: non si danno incentivi. Si ha tutti esperienza di insegnanti scandalosi. In un sistema normale il preside o un comitato valuterebbero gli insegnanti e deciderebbero chi tenere, chi promuovere, chi pagare meno, chi licenziare. Se il preside assume un cognato incapace i genitori manderebbero i figli in un’altra scuola e ci andrebbero di mezzo il preside e i professori, che controlleranno l’operato del preside.


Come far coincidere la domanda delle scuole con l’offerta di docenti? Cioè se una scuola ha bisogno di due insegnanti di matematica e tre di italiano, ma in zona ce ne sono tre di musica e due di scienze, come si fa? In Italia: col caos. Da cui insegnanti che arrivano dopo settimane dall’inizio della scuola, precari, gente che va e viene ogni anno. In un sistema normale vale quanto detto per il primo punto.

Se il preside promuove solo incapaci e il suo stipendio procede per anzianità e la scuola va a picco e lui è illicenziabile, non va bene.
Bisognava dare al preside più poteri ma prevedendo incentivi affinché li usasse bene. Cioè far dipendere una parte della carriera e dello stipendio del preside ai risultati.


Per fare questo bisogna però comparare gli istituti e valutarli. Bisogna poter misurare gli insegnanti. Se si lascia la valutazione agli insegnanti si rischiano il nepotismo e i favoritismi. Se si lascia agli studenti o ai genitori si rischia di penalizzare gli insegnanti severi. Bisogna allora partire da test standardizzati come gli invalsi. Non basta, perché una scuola in un quartiere disagiato produrrà invalsi peggiori anche se gli insegnanti sono bravissimi.


Probabilmente bisognerebbe considerare il cambiamento dei risultati nel tempo e non il livello dei risultati in sé. Una cosa simile varrebbe per gli insegnanti. Non tutte le scuole e le classi sono uguali. Bisogna distinguere il contributo degli insegnanti tenendo conto del contesto socio economico in cui operano. Che fare delle scuole che rimangono indietro? Ne andrebbero di mezzo gli studenti. Non ci sono risposte certe.

Sperimentazioni ci sono nel mondo. Singole città degli usa hanno avviato sperimentazioni sulle forme di finanziamento, sui poteri del preside, sugli incentivi di carriera, sulle valutazioni, sull’accoppiamento di scuole e insegnanti, su libertà lasciate agli istituti e alle famiglie per disegnare i cv.
I sindacati degli insegnanti sono conservatori: poiché la valutazione perfetta non esiste per loro è meglio non averne nessuna.

LOTTA ALLA POVERTA’

L’Italia non ha un programma strutturato contro la povertà ma una moltitudine di iniziative scollegate tra di loro che spesso finiscono per dare soldi a chi non ne ha bisogno e non riescono a raggiungere i veri indigenti. L’Inps eroga otto tipi di sussidi diversi: pensioni sociali, integrazioni al minimo, maggiorazioni sociali, assegni sociali, incrementi al minimo, importi aggiuntivi, incrementi della maggiorazione sociale, somme aggiuntive. Questi sussidi si sono accumulati nel tempo e non prendono in considerazione il reddito familiare ma quello dell’individuo. Spesso così vengono percepiti da chi non ne ha bisogno. Cinque miliardi di euro vengono erogati ogni anno a persone appartenenti al 30% delle famiglie più ricche d’Italia.

Come migliorare il targeting, cioè far sì che i fondi arrivino a chi ne ha bisogno? Si può dare un sussidio solo a chi è in una condizione verificabile come la disoccupazione o a chi ha un reddito o ricchezza sotto una certa soglia (come l’isee). Questo può migliorare il targeting ma può generare la trappola della povertà: se tolgo il sussidio di disoccupazione appena una persona trova lavoro rischio di disincentivare la ricerca di un impiego. Se tolgo un assegno per gli indigenti appena una famiglia eccede una soglia isee la famiglia potrebbe non avere incentivi a procurarsi redditi diversi dal sussidio. Un modo per evitare il problema è dare un sussidio a tutti, ma una misura del genere è molto costosa.
Ha senso che a persone che ricevono pensioni per 4000 euro al mese più magari altri redditi venga data un’indennità di accompagnamento? Forse no, ma è politicamente difficile togliere i sussidi quando si sono dati.
Una cosa importante è l’asdi, che cerca di migliorare le prestazioni assistenziali e spostare l’attenzione verso programmi di politiche attive che prevedono progetti personalizzati di inclusione sociale e lavorativa e offerta di servizi alla persona. Così’ si può aiutare che ha bisogno di assistenza personale come gli anziani soli o le famiglie con disabili o chi ha perso il lavoro prima della pensione o i giovani senza titolo di studio e senza lavoro o gli immigrati.

A ognuno il suo bisogno a ognuno il suo percorso.

Questi programmi però necessitano di professionisti e assistenti molto preparati. Al ministero del lavoro sono molto indietro, non sanno a chi vanno davvero i soldi, non ci sono valutazioni sui progetti in corso, il sindacato è molto conservatore, la volontà è quella di non toccare chi già percepisce il sussidio così si creeranno assistiti di serie a e b o la riforma verrà annacquata per evitare differenze tra nuovi e vecchi trattamenti.
Dagli altri paesi forse si può imparare, ma ci vogliono anche persone competenti.

DIRIGENTI PUBBLICI
Gli stipendi pubblici valgono 160 miliardi, il 10% del pil. Ci sono dirigenti completamente inutili che non svolgono funzione produttiva. Certe poste di bilancio sono lì solo per tener buono un direttore generale.
Ci sono enti che non hanno prodotto niente di utile nonostante le migliaia di dipendenti e è inutile intervenire accorpando qua e riorganizzare là: se una persona non ha prodotto niente fino a cinquanta anni difficilmente pubblicherà in riviste scientifiche internazionali solo perché è cambiato il vicino d’ufficio.
Un ente inutile è L’enit, che non ha senso neanche se funzionasse, con internet. Chiudere una sede o spostare un dirigente o cambiare una funzione non serve se è tutto l’ente inutile. Si tiene in vita solo per ragioni sindacali e perché il ministero della cultura vuole così.
La riforma Madia della pa aveva provato a intervenire. Abolendo la pianta organica, introducendo il ruolo unico dei dirigenti che così potevano spostarsi da un ministero a un altro, valutando i dirigenti fino a licenziamento se sbagliano due valutazioni (il che è un rischio se la valutazione è affidata ad altri dirigenti: cane non mangia cane).
Se un ente, una direzione generale, una funzione sono inutili, si possono tagliare i finanziamenti diversi dai salari, si può non sostituire chi va in pensione, si può far morire l’ente o la funzione di morte naturale. Negli anni 80 l’Irlanda fece così.
È inutile che un piano di riorganizzazione funzioni quando i precedenti trenta sono falliti.

RAI
Differenze tra rai e bbc. La rai ha una percezione pubblica peggiore. Ha un costo del lavoro più alto. Ha entrate più basse ma più dirigenti, pagati di più, e più dipendenti. Nella bbc i dipendenti sono diminuiti nell’ultimo decennio.
La rai ha bisogno di una cura dimagrante, non di stanziamenti di risorse o di concentrarsi su aspetti legali e formali.

SUSSIDI ALLE IMPRESE
Non si sa quanti siano i sussidi, se escludiamo i cinque miliardi dati alle ferrovie, un miliardo dato alle società di trasporto pubblico locale, due miliardi alla difesa.
Esistono almeno sessanta miliardi di fondi fuori bilancio amminstrati da una miriade di enti e società, dal ministero dello sviluppo economico alla cassa depositi e prestiti al mediocredito centrale a invitalia.
Molte di queste contabilità si basano su fondi rotativi. È come avere un deposito di cento euro da cui si prendono cinque euro per prestare alle imprese o dare come garanzia alle banche. Quando i cinque euro vengono restituiti vengono passati ad altri. Se si abolissero tutti i fondi rotativi la spesa pubblica scenderebbe di uno o due miliardi.
Molti sussidi in realtà non dovrebbero esistere. Si dice di far valutare i progetti ai professori. Se Bill Gates o Steve Jobs avessero dovuto sottoporsi alla valutazione di un professore forse non avrebbero ricevuto capitali.
I sussidi sono semplicemente inutili e caotici, spesso. In certi casi sono dannosi. Hanno un effetto deleterio sullo spirito imprenditoriale e sul tessuto economico perché inducono gli imprenditori a cercare di accaparrarsi un sussidio piuttosto che innovare e far funzionare bene l’azienda. Richiedono schiere di dipendenti e dirigenti pubblici per gestirli e per inventarsi modi sempre più fantasiosi di usare fiumi di denaro che affluiscono alle regioni e ai gestori dei fondi. Alimentano il sottobosco dove si incontrano e colludono politici, affaristi, faccendieri, corrotti e corruttori.
A questo contribuiscono i fondi europei, miliardi gestiti dalle regioni e dispersi in una miriade di programmi di cui non c’è contabilità completa perché sono anch’essi fuori bilancio. Molti programmi sono insensati. Nel Lazio ci sono quindici programmi per le start up e otto programmi per l’innovazione, inclusi quelli gestiti a livello di piccole città come Frosinone.

SANITA’
Una soluzione tipica è quella di imporre un risanamento finanziario agli ospedali e alle asl in perdita. Ma un ospedale può essere in perdita perché è amministrato male o perché è un ospedale eccellente, con tanti pazienti e cure di qualità. È difficile assicurare la stessa qualità media delle prestazioni riducendo le risorse. Se ci si limita a ridurre gli stanziamenti per la sanità le regioni si indebitano e i pazienti muoiono nei corridoi.

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