Vi ricordate i negozi di un tempo?
Prendiamo il negoziante di articoli sportivi.
C’era un banco, nessun oggetto sopra, un negoziante dietro.
Chiedevi qualcosa. Se lui l’aveva in magazzino bene. Altrimenti, prima eventualmente di ordinarla e di farti aspettare qualche settimana per il suo arrivo, ti consigliava quello che aveva e ti assicurava che era la stessa cosa avere quello che ti dava lui invece di quello che desideravi tu.
Vuoi mettere Decathlon dove hai tutto a tua disposizione e puoi scegliere? O Mediaworld, dove potevi andare a dare un’occhiata dopo avere analizzato su internet tutte le caratteristiche del prodotto che desideri? O andare lì a vedere quali fotocamere c’erano, sceglierne una e comprarla su internet? Oppure usare l’accoppiata internet per le ricerche e i giudizi degli utenti e Amazon o simili per tutto questo e per gli acquisti? O Feltrinelli…sì insomma avete capito.
Se il prodotto aveva dei difetti o si guastava, erano dolori: bisognava fare accettare che non fosse colpa tua, farsi accettare la garanzia, farsi riprendere il prodotto, farlo inviare a chi di dovere, riprenderlo (forse) dopo sei mesi. Ricordo un commodore 64 mai più rivisto: dopo qualche mese fu sostituito. Non che adesso non succedano queste cose, ma vuoi mettere l’assistenza Apple? O Amazon che, dopo averti fornito il prodotto con velocità estrema, ti rimborsa il prodotto se lo ricevi all’una anziché, come previsto, a mezzogiorno? O accetta la restituzione senza motivo dopo trenta giorni. Si chiama assistenza post vendita vera. Si chiama vera soddisfazione del cliente. Che poi permette di acquisire fedeltà, ma non fedeltà obbligata dal monopolio o dalla concorrenza monopolistica dell’unico negoziante del paese o di quello sotto casa. E’ fedeltà in un mercato concorrenziale. Oggi poi gli acquisti online hanno raggiunto dimensioni importanti perché portano notevoli vantaggi in termini di costo monetario, di tempo risparmiato, di assistenza post vendita, di celerità nella consegna e così via: di questo parleremo in altri post.
Una volta il consumatore aveva minori possibilità di scelta, sia come numero di prodotti che come quantità di un singolo prodotto, (improbabile l’arrivo di oggetti da tutto il mondo) e pagava un prezzo più alto. Questo garantiva soltanto i redditi dei negozianti, i quali avevano anche imposto un sistema di dazi, protezioni, chiusure, tabelle merceologiche. Tutto volto ad assicurare rendite di posizione.
Poi sono arrivati i supermercati e hanno resistito, giustamente, solo i negozi che hanno saputo innovare, salvi sussidi a spese dei contribuenti.
Ora c’è chi propone di tornare al passato, ma quel passato è finito. Se ne può anche avere nostalgia, come del tempo in cui l’Italia era un paese contadino, ma è molto più bello poter scegliere in libertà ciò che ci soddisfa di più.
C’è chi non vuole gli orari no stop, ma possono essere comodi per i consumatori. E i cassieri, direte voi, in attesa che vengano sostiuiti dalle casse automatiche? Faranno i loro turni nel rispetto del contratto, avranno gli stipendi aumentati se lavorano di notte e comunque nessuno è obbligato a fare un mestiere dequalificato in eccesso di offerta, e quindi a prezzi (salari) bassi e forza di contrattazione debole. In un mercato dinamico potrebbero anche semplicemente andarsene oppure restare lì fino a che non si riqualificano studiando e poi cambiare lavoro. Il problema del mercato del lavoro è che è statico e ingessato, ma non si rende più dinamico imponendo chiusure ai negozi a difesa solo di una delle parti in gioco.
C’è chi non vuole i minimarket, forse perché se gli immigrati lavorano chi protesta contro gli immigrati perché non lavorano non avrebbe di che protestare.
Già. I minimarket. Ma allora esistono ancora i negozi in centro. Magari che offrono qualcosa: per esempio essere aperti di notte quando i giovani fanno nottata o l’hanno fatta.
Così come ci sono tanti negozietti carini, pittoreschi, tradizionali che offrono prodotti di qualità o caratteristici di un luogo oppure, semplicemente, diversi: l’inventiva, l’innovazione, la qualità, la capacità di marketing unite a quella di controllare i costi saranno sempre premiati dal mercato. Si possono rivitalizzare le piazze e i centri storici anche attraverso nuovi negozi: lasciate fare al mercato, che lui ci sa fare molto meglio di ogni pianificatore centrale. Se volete centri di aggregazione potete costruire un centro sociale o un campetto per giocare a calcio o organizzare eventi in piazza o rendere le piazze del centro fruibili per passeggiare o sedersi.
Vedrete che se le persone vanno in una piazza dove non ci sono negozi, perché improvvisamente quella piazza va di moda o perché viene in qualche modo riqualificata, spunterà anche chi vende qualcosa e, tenendo conto dei costi, aprirà e sopravviverà qualche bottega. In un negozio si va per spendere soldi, di solito, non per fare aggregazione sociale. È ancora e solo una questione di scelte, di preferenze individuali, di domanda e offerta.