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Lo stupore delle prese elettriche

Storia del nuoto nei forum di corsia 4

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STORIA DEL NUOTO CORSIA 4

 Questo è un copia e incolla preso dal forum di corsia 4 di un tempo

Ci sono degli articoli di pillole di storia a questo link: http://forum.corsia4.it/category/pillole-di-storia

Il nuoto è sempre stato presente nelle attività fisiche dell’uomo. Seppur assente nelle olimpiadi antiche, ve n’è traccia nelle imprese di Ercole, gli Egizi e i Cretesi lo praticavano, e nei tempi moderni si narra che il poeta lord Byron fu il primo ad attraversare lo stretto dei Dardanelli nel 1810.

 

Nel 1800, infatti, c’erano già competizioni anche a livello professionistico. Le più famose non si svolgevano in piscina ma in acque aperte; tant’è che le prime Olimpiadi, nonostante la presenza soprattutto in Inghilterra delle prime piscine coperte, si svolgono tutte fuori da impianti come oggi noi li intendiamo.

 

E’ nella baia di Zea, infatti, che si contendono i primi titoli i pochi iscritti alla prima edizione dei Giochi.

 

 

 

 

 

Una gara di nuoto nel 1896.

 

 

 

 

 

Il primo vincitore nelle acque del Pireo è Alfred Hajos, che ha anche il primato di essere il primo plurivincitore dei Giochi: si impone infatti anche nei 1200 metri, la seconda delle tre prove previste.

 

 

 

 

 

Tralasciando le tristi edizioni di Parigi e S. Louis (che sono più Giochi senza frontiere che vere Olimpiadi) in cui troviamo addirittura anche il nuoto ad ostacoli, arriviamo al 1908 dove abbiamo il più grande stadio del nuoto mai visto; era infatti una vasca da 100 metri costruita nella stadio olimpico con 70,000 spettatori!

 

Qui si assiste a una vera codifica del nuoto olimpico: si definisce, con la nascita della FINA durante i Giochi, un’autorità che gestirà gli eventi internazionali e si partorisce un programma olimpico (che rimarrà, incredibile a dirsi, invariato fino al 1956). Nascono i 100 e 400 stile e la 4×200 – ecco perché questa staffetta è considerata la più importante – i 200 rana i 100 dorso. Non c’è la farfalla perché… ancora non esiste.

 

 

 

Il protagonista del 1908 è Daniels che vince i 100 nuotando a crawl. Fino ad allora infatti si nuotava a over o trudgeon (stili che usavano la sforbiciata e saranno usati nelle lunghe distanze ancora a lungo). Si ripeterà nel 1912 a Stoccolma, e instaurerà una maledizione che nel nuoto moderno non è stata ancora sfatata: non esiste ancora un nuotatore che sia stato in grado di vincere tre edizioni consecutivi dei Giochi in una sola gara maschile. Ci riuscirà invece la mitica Fraser nel 1964 ma ne riparleremo.

 

Il tempo dei 100 è di 1’05”6, oggi tempo conseguito da un atleta esordiente A.

 

 

 

 

 

Nel 1912 in Svezia siamo in un bacino del porto, e nasce la leggenda di Duke Kahanamoku, cui si aggiungerà Warren Kehaloha nel 1920: gli hawaiani entrano nella storia del nuoto.

 

 

 

Duke Kahanamoku premiato da Re Gustavo nel 1912.

 

 

 

Duke era anche un grande surfista, tanto che entrò nella Hall of Fame di entrambi gli sport, e fu attore in vari film! Ma la Grande Guerra impedisce di centrare il tris di ori olimpici consecutivi a questo grande campione.

 

L’altro protagonista del 1912 è il canadese Hodgson, che è il primo a vincere due ori nelle distanze consuete (e con un po’ più di avversari…): vince infatti i 400 e 1500 stile libero in 5’24”4 e 22’00”0, a tempo di record (l’impresa riuscirà nel 1920, poi mai più fino al 1956 e poi altre due volte nel 1976 a Goddell e a un certo Salnikov nel 1980 – fino ad ora non è stata più ripetuta).

 

Sempre alle Olimpiadi svedesi del 1912 si introduce anche il nuoto femminile con i 100 metri stile e la 4×100. Curioso come la prima vincitrice, l’australiana Durack, si impone con lo stesso tempo del primo vincitore Hajos: 1’22”2, al decimo di secondo! Fino al 1924, queste saranno le gare femminili.

 

Curioso come per le donne non abbiano inserito la 4×200 (mai presa in considerazione fino al 1996, anno della sua introduzione!).

 

 

 

Ed infine arriviamo ad Anversa, nel 1920, le ultime Olimpiadi prima del nuovo avvento di Parigi. Come a Stoccolma, i campi di 100 metri furono allestiti in mare.

 

Arrivò la conferma di Kahanamoku nei 100 stile, e la sua vittoria della 4×200. I tempi sono sull’ 1’01”, ma sta arrivando l’era Weissmuller… la 4×200 è sull’orlo dei 10 minuti. Come detto nel dorso si impone l’era di Kehaloha che vince in 1’15”2.

 

Ma il fatto curioso delle Olimpiadi è quello di Norman Ross: battuto ai trials americani del 1912 per 110 ostacoli, si da al nuoto e nel giro di 4 anni è uno dei più forti nuotatori del mondo. Arriva la guerra, Norman non si arrende, e va in Europa prima a combattere e poi a vincere gli ori dei 400 e 1500 stile libero. Non contento, vince la 4×200 con Kehaloha (che era un forte liberista), Kahanamoku e McGillivray. E’ terzo nei 100 ma danneggia un avversario e nella ripetizione della gara non si presenta, diventando il protagonista, nel bene e nel male, dell’Olimpiade.

 

Compare anche un po’ di Italia:quinta nella finale della 4×200 stile, col primo record nazionale; del quartetto fa parte Mario Massa, uno dei più grandi interpreti del nuoto in acque aperte di inizio secolo.

 

Si conclude ad Anversa la fase pionieristica dei Giochi. Parigi, che deve rifarsi della pessima figura del 1904, vedrà le gare disputarsi in un vero impianto. E da lì comincerà un’altra musica

 

Dal 1924 le Olimpiadi entrano dalla fase pionieristica a quella moderna grazie a Parigi che ospita per la seconda volta le Olimpiadi moderne. La sede è fortemente voluta dal padre padrone De Coubertin al fine di riscattare la magra figura fatta nel 1900.

 

 

 

La piscina di Parigi

 

Il programma è completo, sia per gli uomini che per le donne (eccetto i 1500 e la 4×200 sostituita dalla 4×100).

 

Le gare si svolgono allo stadio del nuoto di Les Tourelles, appositamente costruito: e da questa sede le competizioni si svolgeranno in una vera vasca olimpica.

 

Se Kahanamoku fu il protagonista dei Giochi del 1920, qui l’attenzione è tutta sul futuro Tarzan: esploso nel 1922 scendendo sotto il minuto nei 100 metri – in vasca da 100 yard!- “Johnny” domina i 100 in 59”0 con più di due secondi sui fratelli Kahanamoku, e i 400 in 5”04 su Arne Borg, grande mezzofondista svedese la cui carriera avrà il suo apice 4 anni dopo. I 200 non ci sono ancora, altrimenti nessuno avrebbe potuto battere un atleta da 2’15”. Difatti la 4×200 è la sua terza medaglia d’oro, insieme al bronzo della pallanuoto. Si ripeterà nel 1928 sui 100 e ci vorranno settant’anni prima che questo succeda di nuovo. La scuola statunitense domina, conquistando tutte le gare tranne due: la prima sono i 1500 stile libero appannaggio dell’australiano Charlton, uno dei più grandi mezzofondisti di tutti i tempi, che a suon di primato del mondo al limite dei 20 minuti (e nuotando a trudgen) batte appunto Arne Borg che fino ad allora deteneva il limite con 21’15”. La seconda va alla britannica Morton nei 200 rana in 3’33”…un tempo che oggi fanno anche le nostre Esordienti B.

 

Arriviamo così alle Olimpiadi del 1928. La gara delle gare, i 100 stile libero, sono appannaggio di Weissmuller in 58”6, ma il record mondiale è di 57”4 ottenuto in vasca corta nel 1924 (all’epoca non c’era distinzione di vasca) e tale resterà fino al 1934. Una curiosità: nei 400 il duello dell’epoca fra i due grandi mezzofondisti Borg e Charlton vede l’inserimento dell’argentino Zorilla, e così due che vantavano tempi al di sotto dei 5 minuti vengono beffati da quello che rimarrà l’unico oro olimpico dell’Argentina.

 

Borg, asso svedese, l’anno prima aveva stabilito nei 1500 un tempo stratosferico agli europei di Bologna (19’04”2) lasciando Perentin a più di due minuti: passò ai 400 in meno di 5 minuti, per l’epoca un passaggio incredibile, contando che il mondiale era di 4’50”.

 

Qui coronò con il titolo dei 1500 una splendida carriera a cui mancava solo l’oro olimpico: batté il rivale australiano Charlton e l’alloro fu suo in 19’51”.Nei 200 rana si impone il giapponese Tsuruta, esponente di una scuola che darà molti altri campioni negli anni successivi, seppur con una certa discontinuità. Lo cito perché ha una particolarità che pochi sanno: ancor prima di Kitajima, fu il primo ranista e fino a Kosuke l’unico a vincere un oro a rana in due edizioni consecutive. Infatti vincerà anche nel 1932.

 

Fra le donne si impone Martha Norelius, la prima donna a compiere la stessa impresa: conquista un oro in due edizioni consecutive vincendo infatti nei 400 con più di 15 secondi di vantaggio e migliorandosi di 20 secondi rispetto a 4 anni prima, da più di 6 minuti a 5’40”.

 

E così sbarchiamo di nuovo negli USA, anno 1932. E qui avviene l’incredibile, ma non inaspettato trionfo del Giappone che domina le gare della decima Olimpiade; l’anno prima i ragazzi di Matsuzawa, il maestro del nuoto nipponico, avevano battuto gli USA nello scontro a squadre; ma a Los Angeles la vittoria è totale e sancisce la consacrazione della loro scuola. Sono conquistati i 100 e i 1500, i 200 rana con il solito Tsuruta, i 100 dorso e ovviamente la 4×200 a tempo di record olimpico e mondiale, 8’58”4. L’unico oro che sfugge sono i 400, conquistati da Buster Crabbe, una leggendaria figura degli USA, che fu il nuovo Tarzan dopo Weissmuller. In un contestatissimo arrivo batté il francese Taris di un decimo, e terzo , manco a dirlo, fu un giapponese. Ma furono la doppietta dei 100, quella dei 1500 con un quattordicenne e un sedicenne e la tripletta dei 100 dorso (con argento a Irie, forse è un cognome predestinato!) a sancire il dominio degli atleti del Sol Levante. Nelle donne due le protagoniste: la Madison e la Holm. La Madison domina lo stile libero, conquistando con le compagne la 4×100. Imbattibile nella specialità da diversi anni, è impegnata in un arrivo al fotofinish da una sua compagna nei 400 e vince a tempo di record mondiale: 5’28”5. La Holm, vincitrice dei 100 dorso, viene invece ricordata per i suoi eccessi: amante della bella vita, nel 1936 durante un party dei dirigenti statunitensi finisce ubriaca sul ponte della nave e viene esclusa dalla squadra: guarderà le gare dalle tribune.

 

 

 

 

 

Berlino 1936

 

 

 

 

 

Il nostro viaggio sta per terminare: la guerra incombe, e infatti quelle di Berlino sono le Olimpiadi della grandiosità del regime e della propaganda nazista. Qui è ancora scontro Giappone-USA, quasi un preludio del ben più terribile duello che avverrà di lì a pochi anni. Il Giappone è ancora sugli scudi grazie a Terada nei 1500 e alla 4×200, che strapazza gli USA rifilandogli 11 secondi, oltre a Hamuro a rana; ma gli USA rispondono con Medica nei 400 e Kiefer a dorso.

 

Se otto anni prima la vittoria nei 100 dorso poteva sembrare una meteora, non lo è invece la squadra olandese che vince nelle donne tutti gli ori individuali (tranne i 200 rana) e anche la 4×100: la Mastenbroek può essere considerata a buon diritto il personaggio di questi Giochi, vincitrice delle gare a stile e dell’argento nei 100 dorso. Qui la beffa solo la rimonta della compagna Senff, che sbaglia la virata e poi torna per toccare e vincere, togliendo a Ria un fantastico poker.

 

Nei 100 stile vale la pena ricordare la più giovane vincitrice di una medaglia nella storia dei Giochi: la danese Inge Sorensen, 12 anni, bronzo a rana, e peperino fino in fondo non salutando col braccio teso il Fuhrer sul podio. I danesi, già a medaglia nel 1932 e qui all’argento anche nei 400 con la Hveger, “la fabbricatrice di record” torneranno a podio nel 1948 nell’edizione più favorevole a loro della storia.

 

Solo un ultimo ricordo: vince i 100, 40 anni dopo il primo, un altro ungherese, lo studente in medicina Ferenc Csik. In 57”6 beffa i giapponesi che vinceranno poi la 4×200 ancora sul passo del record. La guerra incombe e Csik non sarà fortunato, morirà durante un bombardamento mentre lavora come chirurgo nel marzo del 1945.

 

Prima di finire, una citazione sull’Italia: assente dai protagonisti in questi anni, ricordiamo però le presenze in due edizioni di due grandi del nuoto azzurro, medaglie europee sui 1500: Perentin e Paolo Costoli, grande e sfortunato coach azzurro.

 

Nel 1948 il nuoto torna a Londra, e da qui le Olimpiadi cominceranno a uscire dall’asse Europa-USA per arrivare in Oceania, Asia, Centro America. Questa alternanza in cui l’Europa torna in gioco ogni due o tre edizioni si mantiene tutt’ora. La guerra uccide i suoi figli, e vale anche per le scuole natatorie: il Giappone scompare, pagando il prezzo della sconfitta nel conflitto globale, tanto da non essere ammesso a Londra come la Germania; l’Australia è in grossa difficoltà. Una intera generazione in ogni caso perde la possibilità di mostrare il suo valore, dato che per ben 12 anni i Giochi non vengono disputati.

 

E così tornano per la seconda volta le Olimpiadi nella stessa città: accadrà di nuovo solo nel 1984 a Los Angeles e nel 2004 ad Atene. Londra quindi è l’unica città che avrà l’onore di avere i Giochi per la terza volta, mentre gli USA sono la nazione con più edizioni ospitate, ben quattro.

 

 

 

 

 

Tutto viene fatto bene o male al risparmio, per rispetto di una popolazione stremata dalla guerra ma che ha voglia di ricominciare.

 

In campo maschile Stati Uniti pigliatutto data l’assenza della scuola australiana e giapponese. Vincono tutte le gare e fanno doppietta nei 100, 400, 100 dorso, 200 rana (qui tripletta), e ovviamente 4×200. Non c’è un grosso personaggio da citare, mentre in campo femminile assistiamo all’exploit della Danimarca che vince qui due ori, dopo le medaglie del 1936: la Andersen nei 100 stile e la Harup nei 100 dorso. Nei 200 rana vince la Van Vliet che per la prima volta scende sotto i 3 minuti in vasca lunga, perpetuando la scuola olandese. Tutto ciò si ripercuote sulla 4×100 stile, dove l’ordine finale è USA, Danimarca, Olanda: ma la vittoria è sudata, soli 4 decimi separano le americane dalle danesi. A onor del vero, bisogna dire che un ultimo colpo di coda il Giappone avrebbe potuto farlo: il più grande mezzofondista dell’epoca, Furuashi, vince nei campionati nazionali con tempi che avrebbero distrutto la concorrenza americana… la guerra mietè la sua ultima vittima sportiva, ma la politica fece ancor più danni in seguito. Il Giappone però come scuola sportiva dovrà aspettare gli anni 2000 per rinverdire i fasti del passato, nonostante qualche episodio negli anni 50 e 70 soprattutto a rana, stile sempre a loro favorevole.

 

 

 

 

 

Nel 1952 tocca a Helsinki, e qui esplode la grande scuola ungherese che sfornerà grandissimi talenti anche negli anni successivi. Una curiosità: in questa edizione, i ranisti nuotano tutti… a delfino! Infatti è in atto una rivoluzione tecnica, e i ranisti effettuano il recupero fuori dall’acqua, cosa permessa dal regolamento. Così nel 1952 nessun atleta nuota più la rana classica che rischia di sparire, ma la farfalla con le braccia a delfino e le gambe a rana. Già nel 1948 molti adottavano questa tecnica, ma ora è quasi un monopolio: è per questo motivo che dalle prossime edizioni verrà introdotta la farfalla e la staffetta mista. E proprio a rana vince un australiano, Davies, che pone le basi per la rifondazione del nuoto aussies dell’edizione successiva. Per il resto gli americani la fanno ancora da padrone, dominando lo stile, il dorso e la staffetta. Tanto vincenti in campo maschile, tanto gli USA subiscono come detto la nascita della scuola ungherese in campo femminile: zero gli ori, come nel 1936, mentre le ungheresi si pigliano tutto eccetto i 100 dorso che vanno al Sudafrica con la Harrison. Le americane dovranno aspettare il 1960 per rifarsi.

 

 

 

 

 

Nel 1956 infatti arrivano le prime Olimpiadi dell’emisfero australe, e nasce la scuola dei canguri vera e propria, con allenatori del calibro di Carlile e Guthrie, per citare i più famosi. Una scuola che si mantiene viva negli anni 60 e dopo un certo appannamento tornerà più forte che mai negli anni 90 per proseguire ancora oggi.

 

Nascono qui le leggende di Murray Rose, Dawn Fraser, Lorraine Crapp, John Henricks, David Theile, plurivincitori olimpici. La Crapp è la prima donna a scendere sotto i 5 minuti nei 400 in vasca lunga, battendo il record della sfortunata Ranild Hveger, la danese che non potè mai vincere un oro olimpico a causa della guerra. Alle Olimpiadi vince in 4’54" ma intanto il mondiale è 4’47". La Fraser inizia la sua cavalcata leggendaria, che la porterà a essere l’unica tra donne e uomini a vincere tre edizioni consecutive dei Giochi nella stessa gara – i 100 stile libero – e ad essere la prima donna sotto il minuto.

 

Insomma, un dominio totale soprattutto a stile libero dove non perdono una gara, e con Murray Rose protagonista assoluto: 400, 1500 e 4×200, un impresa riuscita dal 1908 al 1920 ma poi più ripetuta fino ad ora.

 

Dobbiamo citare per curiosità i primi campioni della farfalla; nei 200 uomini Yorzyk e nei 100 Mann, entrambi statunitensi, che però nuotano già a delfino. La farfalla quindi è lo stile fantasma delle Olimpiadi: quando venne nuotato si chiamava rana ma una volta istituzionalizzato divenne delfino.

 

Un’ultima curiosità: il vincitore della rana, Furukawa, nuota quasi il 75% della gara in immersione. Da qui verrà istituita la passata subacquea e sarà proibita l’immersione della testa fino agli anni 80. E sarà la fine di Furukawa. E l’Italia?

 

Assente a Londra dove trionfa la pallanuoto del grande Arena, a Helsinki vede schierati i suoi campioni: Pedersoli, Romani, che nel 1956 sarà il primo italiano a conquistare una finale individuale nei 400 stile e nella staffetta 4×200. E’ ancora però un nuoto pionieristico, che non può rivaleggiare con le grandi potenze.

 

 

 

 

 

E arriviamo finalmente alle Olimpiadi di Roma, che si svolgono nel Foro Italico: il Foro Italico di oggi, proprio quello dei Mondiali di Roma 1994 e 2009 e degli Europei 1983. Certo non la stesa vasca, ma il luogo è quello: non ci credete? Guardate la foto.

 

 

Qui gli USA come quasi trent’anni prima si sono riorganizzati: nascono gli Age Group, i campionati giovanili che servono a trovare i futuri campioni… e i risultati si vedono subito: dominio nella 4×200 stile a suon di record e così nella mista, neonata specialità che debutta a Roma, nei 200 rana, nei 200 farfalla (con record). Resistono gli aussies a dorso, a stile nei 400 e 1500 con Murray Rose e Konrads, e nei 100 con il duello epico fra Devitt e Larson. Questo fu l’evento che spinse poi i giudici a usare il cronometraggio elettronico e non manuale (che introdurrà i centesimi dal 1972 con un altro caso storico); infatti alcuni giudici videro prima l’americano altri l’australiano. Fu il giudice arbitro a favorire il successo definitivo di Devitt.

 

Nelle donne continua la favola Fraser, ma in tutte la altre gare sono le statunitensi a farla da padrone, tranne nei 200 rana dove vince la britannica Lonsbrough. L’Italia coglie l’alloro nella pallanuoto, sport in cui eccelle per oltre un ventennio: infatti da Londra a Messico non scenderà mai oltre il quarto posto, con due titoli e un bronzo. In quei decenni domina il mondo. Nel nuoto centra la finale dei 200 rana con Lazzari a un soffio dal podio (4 decimi) e con Dennerlein, quarto ad un soffio anche lui da una storica medaglia che invece per il nuoto maschile dovrà attendere altri 28 anni! Citiamo però la prima finale femminile, la 4×100 stile settima.

 

 

 

 

 

Il 1964 è importante per due motivi: si va in Estremo Oriente ed arriva lo squadrone sovietico. In realtà nel nuoto non fa gran sfracelli, ma un oro lo porta a casa, con un gran talento della rana: la Prozumenshikova.

 

Il personaggio di Tokio è il grande Don Schollander: accoppiata 100 e 400, il divo statunitense da un’altra dimensione allo stile libero: il record mondiale scende da 55 e spicci a 52"9 (anche se non per merito suo, ma sicuramente sotto la sua pressione). Don è il primo atleta a vincere 4 ori ai Giochi, imponendosi infatti anche nelle staffette a stile (e sarebbero 5 se avesse partecipato anche alla mista). Atleta portato per i 200, specialità non olimpica in cui farà scendere il record da 2’00"00 a 1’54" e spicci: sarà battuto solo da un certo Spitz.

 

Un piccolo appunto: finisce, male, qui a Tokio un grande campione che porta la rana nella dimensione moderna: grazie a lui infatti i 200 rana passano in pochi anni da circa 2’37" a meno di 2’28". La rana diventa quella che conosciamo oggi, ma la sua parabola è alla fine, e sarà solo terzo nella sua gara: parlo di Jastremski.

 

Nelle donne Dawn vince i 100 stile sotto il minuto, prima donna a farlo nel consesso olimpico, e fa la storia. Nessun atleta, uomo o donna, prima di lei c’è mai riuscito: vince la stessa gara individuale per tre giochi di fila. E dire che solo pochi mesi prima una tragedia l’aveva toccata, poiché con lei alla guida la madre morì in un grave incidente. Ma lei si riprende, vince e ci mette pure un atto goliardico che tutti ricordano: ruba una bandiera dal palazzo imperiale, viene squalificata e riabilitata, ma oramai si ritira e la gloria per lei è imperitura. Dawn la più grande.

 

 

 

 

 

E arriviamo così per la prima volta in America Latina, Messico 1968.

 

Non iniziamo sotto i migliori auspici: per la prima volta la politica entra nei Giochi e non sarà l’ultima; vengono trucidati alla vigilia i dimostranti in Piazza delle Tre Culture, ma lo spettacolo deve continuare, non senza grosse polemiche.

 

E sono le Olimpiadi del fallimento di Spitz; il ragazzo è giovane, ma già in ascesa. Probabilmente sente la pressione, e fallisce in tutte le gare, vincendo solo le due staffette a stile (qualcuno, maligno, dice malgrado lui). Questo sarà probabilmente lo stimolo per una rivalsa quattro anni dopo, ma è un’altra storia.

 

Due i personaggi da citare in questa edizione. Roland Matthews, il sughero, autore di una doppietta nella prima edizione completa in cui abbiamo 100 e 200 dorso. Il tedesco est resterà infatti imbattuto per circa 8 anni vincendo 187 gare consecutive dal 1966 al 1974.

 

L’altro è l’unico vincitore di un oro per il Messico: Munoz, detto il tiepido poichè la madre era di Rio Frio e il padre di Aguas Calientes.

 

Nelle donne il personaggio è Debbie Meyer che realizza la tripletta 200, 400 e 800 (appena introdotti), diventando così la prima atleta a vincere tre ori individuali: la sua tripletta resta ad oggi ineguagliata. I tempi fanno ancora sorridere, tipo il 9’24" con cui si impone negli 800. Sta per arrivare però un ciclone, dall’est, che rivoluzionerà i tempi e porterà il nuoto (anche se non proprio del tutto onestamente) nella dimensione che conosciamo oggi.

 

Un po’ afro-americano, un po’ indiano d’America, un po’ ebreo, sicuramente californiano, talento precoce, freddo e vincente, piombato nell’elite mondiale come una meteora e scomparso altrettanto rapidamente. Questo è Anthony ERVIN, classe 1981, campione olimpico nella ribollente vasca di Sidney a soli 19 anni, nella gara più tesa del programma, i 50 SL, capace di scendere per ben 2 volte, prima dei 20 anni, sotto quota 22" netti.

 

Non è poco, decisamente. Di questo atleta si sa poco o nulla prima del 2000 e… dopo il 2003. Quattro stagioni, quindi, di cui una parecchio opaca. Questo si che è poco: uno sprinter che scompare a 22 anni non è cosa comune. Nella velocità, continuità e maturità anagrafica sono sempre andate a braccetto: FOSTER, POPOV, SCHOEMAN, LEZAK, NYSTRAND, etc… In genere si parla di giovani sprinter quando hanno 22-23 anni. ERVIN aveva già ottenuto tutto a quell’età e, forse, ha chiuso per quello.

 

 

 

 

 

 

 

Questo è il tabellino riassuntivo dei suoi best stagionali su 50 e 100 SL.

 

1999 23"70 – 51"56

 

2000 21"80 – 48"89

 

2001 22"05 – 48"33

 

2002 22"28 – 50"30

 

2003 22"47 – 49"81

 

Da sempre la sua attenzione è concentrata soprattutto sul circuito universitario e sulle gare in yard. Alla fine i suoi personali saranno di tutto rispetto: 19"05 e 41"62.

 

 

 

Anthony si rivela a livello internazionale ai campionati NCAA del 2000, in primavera, quando tutti gli occhi sono puntati su uno sprinter emergente: Roland SCHOEMAN. In quell’occasione, in V25, il sudafricano fa il WR in prima frazione di staffetta (4×50 SL) in 21"28 (precedente: FOSTER 21"31). Pochi si accorgono della prima frazione di ERVIN: 21"32. Se ne accorgono il giorno successivo, durante la gara individuale: il 18enne americano passa SCHOEMAN in 21"21 contro 21"22. ERVIN replica nei 100 SL, vincendo con un più normale 47"36.

 

Questi sono i biglietti da visita per i trials, occasione nella quale il giovane sprinter dimostra tutto il suo talento e la sua freddezza: 21"80 per il secondo posto nei 50 (dietro a Gary HALL – 21"76) e 49"29 per il 5° nella distanza doppia.

 

Alle olimpiadi di Sidney il trend non cambia. Con una condotta perfetta a partire dalle qualificazioni (22"24 e 22"13), ERVIN giunge all’oro olimpico, nel mezzo di una bolgia ineguagliata: 21"98 a pari merito con HALL, davanti a VDH (22"03) e VISMARA (22"11). Fornisce il suo contributo anche all’argento della 4x100SL (48"89 in prima frazione, 3’13"86 il totale), dietro agli imprendibili padroni di casa (3’13"67).

 

 

 

Il 2001 è l’anno della conferma. Dopo il pro-forma dei trials (22"18 e 48"98), si sbarca a Fukuoka per i mondiali. Per vincere i 50, precedendo VDH e SCHOEMAN, basta un 22"09 (22"05 in semifinale). Il vero capolavoro è nei 100. con 48"98 non parte certo tra i favoriti e il faticoso 49"43 della semifinale non sembra far presagire nulla di buono. La finale è perfetta, partenza rapida e distacco subito sensibile sul campione olimpico VDH. Risultato: 48"33 contro 48"43. Viene così battuto anche l’ormai storico record nazionale di Matt BIONDI (48"42 nel 1988).

 

La nota stonata è rappresentata dalle staffette veloci, entrambe squalificate.

 

 

 

Nel 2002 il clou stagionale è rappresentato dai Giochi Panpacifici: 2° nei 50 in 22"28, dietro a Jason LEZAK, e 1° con la 4×100 SL.

 

 

 

Il 2003 è l’anno del declino e del conseguente ritiro: ad una faticosa qualificazione ai mondiali di Barcellona segue un’anonima partecipazione agli stessi: 22"74 nelle batterie, 17° posto ed eliminazione.

 

 

 

Anthony si dedica quindi ad altro. E’ qualcosa che comunque gli ha insegnato il suo allenatore, Mike BOTTOM: mai allenamenti invasivi, discussione aperta su cosa fare e cosa approfondire, spazio allo studio e agli interessi personali. Il nuoto è una parentesi, i nuovi interessi sono il Buddismo, la musica (entra a far parte della band “WEAPONS OF MASS DESTRUCTION” – un album pubblicato nel 2006), mette anche all’asta l’oro olimpico per raccogliere fondi per i sopravvissuti allo tsunami…

 

 

 

Altro? Bè, il nuoto a volte ritorna. Nel 2007, durante una gara master, realizza un ottimo 19"98 nelle 50yd, a 93 centesimi dal suo best del 2002.

 

 

 

Poi più nulla, fino al silenzioso comeback di questa stagione.

 

State attenti, sprinter di tutto il mondo, ora è tornato, (21"60 e qualificazione olimpica). Da lui ci si può attendere di tutto, CIELO è avvertito:

 

se c’è qualcuno che può mettere la mano davanti alla sua, quella persona è Anthony.

 

 

Nel 1972, appare sulla scena Mark Spitz, che anche chi non segue il nuoto conosce benissimo. Sette gare, sette ori, sette record. Lo stile, il delfino e le staffette sono appannaggio di questo grande atleta il cui record rimarrà imbattuto fino al 2008.

 

Per intenderci, Spitz vince con tempi di 51"22 e 1’52" a stile, 54" a delfino (avrebbe vinto i nostri assoluti fino al 2000 e passa) e 2’00"70 nei 200!!! La 4×200 americana vince in 7’35", un tempone.

 

Il dorso è appannaggio di Matthes, il tedesco dell’est, che conclude la doppia doppietta 100 e 200 in due edizioni: il sughero resterà imbattuto ancora due anni prima dell’avvento della sua nemesi, John Naber. Curiosamente anche i misti sono appannaggio dello svedese Larsson, quindi ogni stile ha un solo padrone eccetto la rana che dovrà attendere un certo Fioravanti.

 

I 400 misti sono curiosamente noti per l’episodio che riguarda l’arrivo. Infatti Larsson arriva a pari merito con l’americano McKee. Il giudice arbitro però non è impreparato: la tecnologia oramai è imperante, e sono stati introdotti il crono elettronico e i centesimi. Non solo, ma il regolamento stabilisce che in caso di parità si guardino i millesimi: e 2 millesimi tradiscono McKee che ironia della sorte è l’unico a subire questo destino. Difatti si stabilisce da ora che in caso di parità al centesimo di secondo la posizione sarà attribuita pari merito. McKee sarà secondo di nuovo sui 200, poi secondo nei 400 a Montreal pur migliorandosi di sette secondi…

 

Nelle donne appare la meteora Shane Gould: il talento australiano più immenso e più breve che si ricordi. In due anni, dal 1971 al 1972, stabilisce undici record del mondo e vince 200, 400 stile e 200 misti, con l’argento di 100 e 800 stile libero. Si ritira a sedici anni, dopo i Giochi. Vince i 200 in 2’03" nel 1972, quaranta anni fa. Nel dorso fa doppietta (la prima) Melissa Belote, e da lì sarà una consuetudine che si ripeterà: curiosamente, ha la stessa età della Gould (un fenomeno non raro all’epoca). Tre stelle cominciano a sbocciare e si daranno battaglia negli anni successivi: le USA Rothhammer oro negli 800 e Babashoff (la più grande sconfitta dal fenomeno valchirie) e la nostra Calligaris: la piccola Novella, il limone d’argento (nota la sua simpatia per la stampa, ricambiata…), vince l’argento nei 400, il bronzo nei 400 misti (tra l’altro con l’oro a un passo) e la stessa medaglia negli 800.

 

Sarà oro mondiale con il record del mondo l’anno successivo, unica fino a Giorgio Lamberti.

 

Purtroppo è anche l’Olimpiade della strage di Settembre Nero: la politica, il terrorismo, la paura entrano nei Giochi e non li lasceranno più.

 

 

 

E così siamo in Canada nel 1976. Esplode il fenomeno della Germania Est, ancora una volta costruito dalla propaganda e in modo scientifico e… tecnologico (anche se proprio legittimo non direi).

 

Non sapremo mai se le medaglie di Kornelia Ender siano vere o meno: 100 e 200 stile, 100 farfalla e staffetta mista. Tempi stratosferici che portano le donne a scendere sotto i 2 minuti nei 200 e a sfiorare il minuto nei 100 delfino, con la mista che passa da 4’20" di Monaco a 4’07"95. Il nuoto entra veramente nella sua fase moderna ma lo fa con sospetto. La Babashoff disgustata dalle tedesche, dopo aver vinto solo la 4×100 stile con una spettacolare rimonta, lascia il nuoto a 19 anni.

 

La Ender fu protagonista di un’impresa: in mezz’ora vince 100 farfalla e 200 stile abbattendo il muro dei due minuti con negative split. Nei 100 stile si impone in 55"65.

 

Nel dorso è la Richter che detta la sua legge, il muro del minuto sembra a un passo. Vengono tolti i 200 misti e la 4×200 continua a non essere presente, e tranne i 200 rana e la 4×100 stile tutto è firmato DDR.

 

I maschi vedono brillare la grande stella di Naber che vince in 55" i 100 dorso ma soprattutto è il primo uomo a scendere sotto i due minuti nella doppia distanza e lo fa proprio in sede olimpica. Nei 100 stile si sfonda il muro dei 50" con Montgomery, nei 400 Goodell vince con 3’51" quindi ampiamente sotto i 4′, i 1500 vedono un duello stellare; sono protagonisti i due americani, Goodell e Hackett (sarà un caso) e l’australiano Holland. Il record del mondo è 15’06"66 stabilito ai trials, ma l’anno prima era sopra i 15’20", e quattro anni prima di 15’50". I tre rivali si gettano in una gara stupenda, che potete vedere [URL="Errore. Riferimento a collegamento ipertestuale non valido.;]qui

 

In tre scendono sotto il vecchio record, ma Goodell sfrutta il suo finish terrificante (e la virata pessima di Holland): si vedono bene qui le due scuole differenti. Questa è stata considerata la gara più bella di ogni tempo, con Goodell che chiuse gli ultimi 400 in 3’56".

 

Infine ricordiamo lo scozzese volante, David Wilkie. Cosmopolita, stravagante, il britannico vince i 200 rana in 2’15"11, un tempo che fu record mondiale per ben 6 anni.

 

Anche in questa edizione entra la politica, con il boicottaggio dei paesi africani che si oppongono al Sudafrica, ma nel nuoto questo si sente meno.

 

 

 

Si sente invece il boicottaggio americano a Mosca 1980. Molti atleti che sarebbero stati sicuri protagonisti chiudono qui la carriera, altri dovranno aspettare il 1984 per rifarsi.

 

E così le DDR fanno bottino pieno togliendo un paio di gare: gli 800 e i 200 rana, la solita gara che evidentemente non era digerita. Qui si completa l’ultima tripletta ai Giochi ad opera di atlete sovietiche, da ora gli atleti ammessi saranno solo due per nazione.

 

Sono Giochi dimezzati, ma brilla una stella fra tutte: quella di Salnikov, che vince i 400 e i 1500 scendendo sotto il muro dei 15 minuti; oramai non c’è distanza che non possa venir coperta col ritmo di un minuto a 100 metri: che differenza con il Weissmuller di 60 anni prima!

 

 

 

Stiamo arrivando alla fine del viaggio; la prima Olimpiade sponsorizzata, in cui si pensa al business, è ovviamente americana e anche qui si consuma la vendetta dei paesi dell’Est che non vedono l’ora di ripagare lo smacco. A pochi mesi danno l’addio ai Giochi, sarà quindi una nuova edizione ridotta.

 

Nonostante tutto ricordiamo grandi personaggi: Gaines, vincitore dei 100 stile e primatista mondiale prima di un certo Biondi, e soprattutto l’albatros, Michael Gross. Los Angeles dovrebbe essere la sua consacrazione, infatti vince i 200 stile e i 100 farfalla, e potrebbe essere agilmente padrone dei 200 di cui è primatista mondiale. Invece sbaglia tattica di gara, forza troppo ai 150 e trova un australiano in giornata di grazia: Jon Sieben lo beffa all’ultima vasca ed è oro e record del mondo. Stessa cosa accadrà nella 4×200: ultimo frazionista, Michael si butta a inseguire l’americano Hayes ma con troppa foga, ai 100 lo ha già preso, sembra fatta, ma le forze gli mancano e quindi viene sconfitto al finish per 4 centesimi. Questa forse è la sconfitta che gli brucia di più.

 

Nelle donne grande protagonista è la farfalla Meagher, che ricordiamo padrona del record più longevo dell’era moderna: il suo 2’05"96 durò 19 anni e fu battuto per 15 centesimi nel 2000. Ancora oggi è uno dei primi 15 e l’ottavo al mondo senza poliuretano! Io l’ho vista e vi posso garantire che non aveva rivali, porta il record del delfino a 57"9 da 59" e appunto 2’05" da 2’09".

 

L’altra protagonista è Tracy Caulkins, una delle più grandi mististe di sempre.

 

Vince entrambe le gare, i 200 tra l’altro appena reintrodotti, ma qui l’aiuta l’assenza delle tedesche; comunque almeno lei può rivalersi del boicottaggio che la penalizzò nel 1980.

 

 

 

Siamo allla fine. Oramai siamo vicini alla nostra "era", i costumi cominciano a essere importanti, tanto da durare anche meno di una stagione; qualcuno ricorda ancora il famoso costume di “carta" strettissimo.

 

Seoul rivede le nazionali a ranghi compatti, ritorna lo squadrone sovietico e tedesco est, le grandi rivoluzioni sono alle porte.

 

Due sono i grandi personaggi: Matt Biondi e Kristin Otto.

 

Il primo vince cinque gare, la seconda sei.

 

Biondi si aggiudica 50 e 100 ma perde (male) i 100 farfalla dall’atleta del Suriname Nesty, mentre nei 200 il duello è più difficile; siamo a livelli del record del mondo e a sorpresa vince l’australiano Armstrong in 1’47"25 su Holmertz – che raccoglie qui uno dei suoi innumerevoli podi senza mai vincere nelle sue quattro partecipazioni – e appunto Biondi. Le staffette completano il suo palmares.

 

 

 

 

 

Nesty sul podio

 

 

 

La Otto non può contare sulla 4×200 ma vince le due staffette, i 50 e 100 stile, i 100 delfino e i 100 dorso. Probabilmente anche la 4×200 non avrebbe avuto storia e la Otto sarebbe stata la prima e unica donna a vincere sette ori. Ma questa gara deve aspettare ancora 4 anni prima dell’ingresso olimpico a pareggiare finalmente uomini e donne dopo 100 anni!

 

Tantissimi protagonisti che hanno fatto la storia del nuoto degli anni 90 sbocciano qui; una certa Egerszegi ad appena 14 anni vince i 200 ed è argento nei 100 dorso; in particolare nei 200 non perderà più ai Giochi fino al 1996 e tutt’ora è l’unica donna ad avere vinto 5 ori individuali. Janet Evans vince 400 e 800, più i 400 misti. I record di Egerszegi e Evans sono stati anch’essi imbattuti per quasi un ventennio, e quello della Evans battuto solo grazie ai costumoni. Si conclude qui il volo della Meagher, ma inizia nei misti quello di Tamas Darnyi, forse il più grande mistista di sempre prima di Phelps. E proprio nei 400 misti si conclude la corsa alla medaglia dei ragazzi italiani. Un giovane Battistelli, che spazia dal dorso, al mezzofondo, ai misti, spara la sua cartuccia dopo l’argento di due anni prima nei 1500 ai mondiali di Madrid. Ed è bronzo. In questa squadra ci sono Lamberti, Gleria, Minervini, Trevisan, Rampazzo, Sacchi, Persi, Dalla Valle, Tocchini, Carosi, Vigarani e tanti altri che l’anno dopo per la prima volta faranno la storia a un Campionato Europeo, raccogliendo più di quello fatto finora.

 

 

 

 

 

Stefano Battistelli

 

 

 

Insomma l’Italia è arrivata, e non ci lascerà più. Ci sarebbe tanto da raccontare ma è storia di oggi… e il nostro viaggio è finito. Arrivederci a Londra.

dd

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