there is no life b

Lo stupore delle prese elettriche

Dovrebbe essere vietato morire a Barcellona

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Cosa sarà che mi ha colpito di questa vicenda così tanto da continuare a leggere, informarmi, cercare di capire? Cosa è che non accetto di questo incidente stradale?
Sarà che dovrebbe essere vietato morire a Barcellona?
Sarà che non si dovrebbe morire dopo un giorno di festa?
Sarà che non si dovrebbe morire dopo aver vissuto una festa in Spagna?
Sarà che non si dovrebbe morire prima di aver potuto raccontare il bello della giornata precedente al proprio mondo?
Sarà che non si dovrebbe morire quando stiamo vivendo a mille il presente e stiamo costruendo il futuro?
Sarà che non si dovrebbe morire a vent’anni o poco più?
Sarà che appena mi sono messo in un pullman ho pensato a cosa succede se si ribalta e ho pensato a delle persone sbattute da una parte all’altra, a donne schiacciate, a cinture che non vengono mai allacciate da nessuno, a colpi di sonno che una volta hanno preso quasi anche me mentre ero in macchina?
Sarà che quelle ragazze inseguivano sogni, speranze, ambizioni. Avevano obiettivi concreti e condividevano lo studio, i viaggi, i divertimenti, i centri estivi, le camminate, l’ansia per gli esami, gli impegni sociali.
Sarà che a vent’anni io conoscevo molti meno ventenni di adesso e non sarei certo stato in Erasmus anche se ci fosse stato e vabbe’ alla fine ho fatto certe cose più avanti e loro…chissà cosa sarebbero state capaci di fare e adesso non potranno più farlo? Sarà che il cumulo di assurdità e di fatalità in questo caso è stato davvero enorme? Sarà che penso molto alla morte, ai punti di svolta, a cosa sto facendo cosa ho fatto dove sto andando? Sarà che una parte di me avrebbe voluto essere capace di vivere come loro? Sarà che negli ultimi anni un po’ l’ho pure fatto?
Sarà per la loro voglia di volare e di essere libere?
Sarà che erano studentesse di economia, alcune, e potrei averle viste a Novoli o, certo, in Via dello Statuto, da cui sono passato miliardi di volte?
Sarà che adesso non sono sicuro, ma secondo me, una di loro aveva messo una firma per diventare volontaria di Greenpeace?
Sarà che affidarsi a un pilota che mi guida è del tutto normale visto che non ho più la macchina e comunque è del tutto normale in tutti i miei viaggi?
Sarà che mi ha ricordato il viaggio in bus da solo a Milano per andare a vedere gli U2. Non ricordo quanti autisti c’erano. E quanti ce ne erano nei viaggi per le trasferte della Fiorentina?
Sarà che loro e tutto il mondo Erasmus ha il cosmopolitismo nell’anima ed è un mondo aperto, dinamico, un mondo “come dovrebbe essere” e la generazione Erasmus è quella, tra tutte, che più merita di sopravvivere. Non solo per questioni di età, ma anche di mentalità. Sarà che con sedici nazionalità diverse, in quei pullman c’era la vera Europa unita?
Sarà che la morte è un evento definitivo e sì va bene che ultimamente sono molto fatalista: dopo la nascita, l’unica cosa certa è la morte, no? Certo che se tu muori di schianto, semplicemente, non ti rendi conto che non esisti più da lì in poi. Dodici ore prima sei a farti un selfie insieme ad altre quattro amiche a Valencia davanti a un monumento. Dodici ore dopo non tornerai più dai genitori in Italia, non organizzerai più quel viaggio con le tue amiche, non andrai a trovarle, non aspetterai i tuoi genitori a Barcellona. Dodici ore dopo, semplicemente, la tua vita diventa un “tutto quel che avresti potuto essere, avere, fare se fossi rimasta in vita.” Per quanto sia vero che “quando si è giovani è strano poter pensare che la nostra sorte venga e ci prenda per meno,” per te “la vita finiva quel giorno e non avrebbe fatto ritorno.” Dodici ore dopo continuerai a esistere solo nei pensieri di chi ti sopravvive.
Saranno le frasi dei genitori che hanno pensato al suicidio, saranno i pensieri di una vita senza senso, sarà che è sconvolgente pensare a delle persone riconoscibili solo attraverso una panoramica dentale o quell’anello portato al dito.
Sarà che avevo passato una bella giornata e volevo scrivere alcune belle frasi di Kurt Vonnegut che rendevano l’idea? Sarà che ero rimasto colpito dal titolo di un suo libro:”Quando siete felici, fateci caso?” Io ero stato felice, in quel giorno a Roma insieme ad altri grinpisini. Quelle ragazze erano state sicuramente felici quel giorno a Valencia. Loro non avranno più occasione di esserlo.
Certo, certo. E’ successo tante volte che un bus si ribaltasse o che qualcuno morisse in un incidente stradale. E’ successo a tanti anche di perdere degli amici di quell’età, anche a quell’età o perfino ai tempi delle superiori. Cosa ha avuto di diverso questo caso? Che ci sono state più persone coinvolte? Che penso a quella ragazza che ha fatto la foto davanti al monumento a Valencia e si ritrova con le altre quattro morte? Che penso a quelle due ragazze che erano in camera a Barcellona con due delle toscane morte?
Sarà che erano amiche. Sarà stato come interrompere un’amicizia?

Restano i racconti degli amici e dei parenti. Tutti ricordano le amiche morte “come erano” e vogliono pensare che “ancora vivono, ancora sorridono” e che li stiano “abbracciando dal cielo.”
Il ricordo resterà e resterà l’unità tra i loro amici, che si ritroveranno, che faranno feste insieme, che le penseranno, che andranno a trovare le famiglie, finché il tempo diluirà quasi tutto e magari dopo trent’anni qualcuno si ritroverà a piangere come in questo giorno per colpa di un ricordo che capiterà all’improvviso, per un’esperienza che “se tu non fossi morta quel giorno di trent’anni fa avrei potuto raccontare a te, cara Elisa o Valentina o Francesca o Elena o Lucrezia o Elisa o Serena.”

 

 

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