Sbobinatura
La gente è convinta che i contributi pensionistici che ha versato per anni siano depositati in qualche cassaforte e oggi facciano parte di una riserva detenuta dallo Stato.
Quindi si sente dire “io rivoglio i miei soldi”.
Non funziona così.
I contributi che ha versato non esistono più perché sono stati usati entro trenta secondi dal momento del versamento per pagare le pensioni di chi era già in pensione.
Non ci sono tesoretti. Il tesoretto versato dai lavoratori è già stato speso. Non solo viene speso mese per mese il contributo di chi è a lavoro per pagare le pensioni di chi si è ritirato, ma non basta. Lo Stato deve aggiungere a quei versamenti un’enormità per coprire il disavanzo dell’Inps.
Quando oggi paghiamo i contributi e poi pretendiamo quota 100 e pensionamenti anticipati perché ci sono i soldi che abbiamo versato sbagliamo: non ci sono i nostri soldi da venirci restituiti.
I nuovi entranti nel mercato del lavoro pagano chi è entrato prima in pensione e beneficia dei privilegi di legge.
Ci sono peraltro pensioni di reversibilità, di invalidità, sociali ecc. Per pagare queste obbligazioni lo Stato deve attingere al bilancio dell’Inps.
Si usa il carico fiscale generale per sostenere le pensioni.
Meccanismi di cambiamento nelle riforme pensionistiche, come il passaggio dal retributivo al contributivo.
Problema intergenerazionale. La riduzione del tasso demografico è costante. L’aliquota contributiva dei giovani che cresce e va in gestione separata, un pozzo senza fondo. I giovani hanno lavori sempre più precari, entrano più tardi nel mondo del lavoro. Sono meno i nuovi entranti di chi va in pensione e sarà così per venti anni.
Come si esce da tutto questo?
Il sistema è sostenibile se il numero di persone che lavora è molto superiore al numero di persione in pensione e se c’è una crescita forte (chi lavora è più produttivo di chi è andato in pensione e quindi può pagare i pensionati). Queste due condizioni in Italia non sussistono da decenni. Il paese è demograficamente stagnante. La popolazione residente sarebbe già diminuita se non ci fossero gli immigrati. La produttività del lavoro è a crescita zero da decenni. Negli anni 70 e 80 la demografia era favorevole perché i baby boomers entravano nel mondo del lavoro. A quei tempi l’Inps era diventato il bancomat delle clientele politiche. Esisteva la pensione di invalidità che riuscivi a ottenere facendoti raccomandare dal politicante. Ci sono stati i prepensionamenti per i fallimenti industriali ecc. L’Inps era diventato un ammortizzatore sociale, un volano di porcherie e oggi ne paghiamo il conto.
Perché è difficile disinnescare questa bomba? Perché è stato dato poco, ma a milioni di persone. Pensiamo alla pensione sociale. Dicono: “Ma io come faccio a campare se mi tagli la pensione?”. C’è quindi una massa di persone tenuta a guinzaglio perché detenuta dalla generosità pubblica, portatrice di interessi difficili da scalfire perché messi a livello di sussistenza dallo Stato. Quindi politicamente è difficile. Poi molta gente che prende la pensione sociale la prende perché non ha versato i contributi ma non perché aveva uno stipendio basso o non lavorava bensì perché evadeva o lavorava in nero. In particolare questo vale per commercianti, professionisti, artigiani ecc. Ci sono pensionati al minimo che hanno appartamenti propri. Non tutti sono a livello di sussistenza. Bisognerebbe andare a fare una cernita caso per caso
Allora per uscirne in tempi rapidi è andare a introdurre il sistema contributivo (ma bisognerebbe ricostruire l’intera storia delle remunerazioni di ogni individuo e non è detto che sia possibile) oppure fare un taglio orizzontale di tutte le pensioni chiamandolo magari contributo di solidarietà.
Oggi le pensioni assorbono, una volta pagati tutti gli stratosferici contributi, lo Stato mette un altro 12 13% di Pil per tenere in piedi il sistema. Con questa percentuale hai voglia a pagare ricerca, infrastrutture, giustizia, sanità, sussidi di disoccupazione, aiuti alle famiglie, istruzione ecc.
Invece si paga il moloch pensionistico per tenere i voti.
Inoltre pochissima gente lavora, in Italia. Sono circa 23 milioni gli occupati, su 60 milioni di residenti. Su questi 23 milioni campano gli studenti, i pensionati, i neet, i disoccupati. I lavoratori pubblici poi non producono valore aggiunto in buona parte ma sono percettori di valore aggiunto creato dal settore privato. Il medico o l’insegnante producono valore aggiunto ma anche loro prendono soldi dal settore privato e hanno questo stipendio. Questo è un patto sociale su cui si basa questo scambio. Ma comunque su una minoranza esigua di cittadini che lavorano campa una maggioranza di persone che non è coinvolta direttamente nella produzione di ricchezza.
Quando si parla di cuneo fiscale sui lavoratori dipendenti e sul costo del lavoro si deve sapere che il grosso del cuneo è fatto dai contributi pensionistici, che vengono trattenuti nelle buste paga e caricati sulle casse private e quindi nel costo dei fruitori dei servizi dei professionisti.
Il sistema pensionistici si riverbera sull’efficienza del sistema produttivo. Quindi il problema non è solo di bilancio pubblico ma anche di intoppi sull’efficienza del sistema produttivo.
Allora serve costruire una pensione diversa? Con un secondo o terzo pilastro privatistico in modo da far sì che il sistema pubblico eroghi meno e venga sostituito dal sistema privato. O invece ci vogliono dei tagli, che non possono essere fatti sempre in modo orizzontale? L’appesantimento del costo del lavoro e quindi anche la minore occupazione dipendono anch’essi da questo sistema pensionistico e vanno ad alimentare i problemi.
Il problema non è risolvibile in modo politicamente indolore. Bisogna togliere una parte cospicua di benefici a chi ne gode adesso. I diritti acquisiti non sono più acquisiti perché vanno a scapito del paese, della sua produttività, dei giovani, di chi vorrà andare in pensione in futuro.
Le decisioni della corte costituzionale risentono o segnano l’humus del paese.
Esiste un vincolo di pareggio di bilancio in Costituzione. Esiste dal 1948. E’ stato rafforzato nel 2012. Non c’è mai stato un bilancio in pareggio. L’humus è quello che è. L’humus è anche in Corte Costituzionale. Nella Corte Suprema americana ogni nomina è discussa in senato. In Italia i giudici sono degli sconosciuti all’opinione pubblica e sono irresponsabili delle proprie decisioni.
Bisogna cambiare il sistema giuridico, quindi? Si tratta di riforme non fattibili nel breve ma il sistema deve sopravvivere prima di arrivare all’efficientamento. Come intervenire sui temi di pensioni, cuneo fiscale, fiscalità generale?
C’è troppa gente abbarbicata a poche risorse. Bisogna decidere chi paga i costi dell’aggiustamento. Non si può portare tutti quanti dall’altra parte del fiume. Qualcuno non puoi portartelo. Chi paga i costi? Non li può pagare il settore privato perché è quello che finora ha tenuto a galla il paese, è quello che genera risorse (soprattutto quello esposto alla concorrenza internazionale, che esporta e produce la gran parte del valore aggiunto, quindi è il salvagente). Gli altri devono fare uno o due passi indietro: impiegati pubblici e pensionati.
È politicamente fattibile?
Il rischio è che il paese si trovi presto alle strette. Vedi ulteriore calo del pil e rialzo del debito. Recuperare per noi sarà più difficile che per altri paesi come già lo è stato finora.
Torneranno fuori temi di patrimoniale (che andrà a colpire chi ha e il settore privato, oltre a ridurre gli investimenti, che sono ciò che serve).
La correzione di sistema può avvenire solo a livelli politici. Se le partite iva non contano niente a livello politico resteranno l’obiettivo della classe politica che pensa a sopravvivere.
Parte della grande industria e delle banche con le norme dei prepensionamenti hanno ottenuto scivoli per restare in vita. Come del resto ci sono parti del settore privato che restano in vita grazie a benefici fiscali o che hanno pensioni dopo una vita da evasori. Ci sono delle incrostazioni in tutto il sistema.
Gli interessi sono così vasti che è difficile per il settore privato fare una battaglia cristallina. Lo stesso settore è stato aiutato dagli incentivi che hanno scassato i conti pubblici.
Se andiamo a cercare colpevoli e innocenti entriamo in una diatriba infinita. Anche il sistema privato risponde agli incentivi. Se il sistema è tale per cui non puoi licenziare e offri come alternativa i prepensionamenti (così sono tutti contenti tranne chi non vota, chi va a scuola, chi non è ancora nato che dovrà pagare il debito fatto per gli altri) lo stesso privato avrà l’incentivo a usare quegli strumenti.
Oggi l’Italia è già in bancarotta. Se la bce non avesse messo un trilione sul tavolo per sostenere eurolandia l’Italia e forse anche Spagna e Francia sarebbero già fallite o quasi. Oggi la bce tiene a galla questi paesi e fino a quando? Già la corte costituzionale tedesca ha protestato.
A sparare contro la bce ci sono sia i falchi tedeschi che i no euro nostrani.
Chi vuole il ritorno alla Lira dice di distruggere il paese. Vuole una situazione peggiore di quella che si avrebbe dopo una
guerra. Per trent’anni rimaniamo in una situazione da terzo mondo e poi vedremo.
Il governo tecnico? Il problema è il parlamento, non il governo tecnico. Le decisioni da prendere sono impopolari. Un’operazione di questo tipo è molto costosa. Succederebbe cosa è successo con Monti, ma al cubo. Avresti la Fornero che si assume tutte le responsabilità di fronte al paese, che si prende montagne di insulti, mentre i partiti che sostengono il governo partecipano al linciaggio pubblico. Ammesso che il parlamento passi qualche riforma difficile, il governo verrebbe messo dopo pochi mesi in condizioni di non operare. Verrebbe imbrigliato dalla burocrazia, dalle conventicole ecc.
Serve un mandato politico che duri cinque anni per un governo che non debba pagare dazio a ogni lobby o che rischi di cadere ogni secondo o debba giustificare ogni sillaba di ogni decreto. Le riforme profonde peraltro avrebbero effetti visibili dopo anni e non dopo settimane.