1. Lungo i viali che portano dall’autostazione dei bus a Old Town, il presente e il passato si mescolano. Un grattacielo enorme con gli appartamenti adibiti a uffici direzionali, con le sue vetrate grandi, si staglia maestoso proprio sopra una piccola e pittoresca chiesa col muro a mattoni e il campanile giallo.
2. A scuola, prima della dissoluzione dell’URSS, venivano specificate le diverse nazioni ed etnie che ne facevano parte? Veniva chiarito che l’Unione Sovietica era una potenza occupatrice paragonabile alle occupazioni fatte dagli austriaci in Italia prima del Risorgimento, così glorificato, o a quelle dei nazisti? Qualcuno sentiva parlare di genocidio in Lituania o di occupazione della Lettonia o di deportazione dall’Estonia? Qualcuno sapeva che lo stesso giorno in cui i soldati tedeschi entravano a Parigi, i carri armati sovietici erano a Riga? Contemporaneamente ai campi di concentramento nazisti, cui non sfuggivano certo gli ebrei e idissidenti delle stesse repubbliche baltiche negli anni di occupazione tedesca, esistevano campi di lavoro forzato sovietici. Nei libri di geografia e di storia la Lituania, l’Estonia, l’Ucraina, la Lettonia,la Georgia, l’Armenia venivano nascoste? E cosa nascondevano o minimizzavano persone comuni, studenti, cantanti, giornalisti, redattori di enciclopedie, membri di partiti più o meno schierati politicamente?
3. Vadabuse (freedom) square. Prima impressione:”Se questa è una piazza.” Quando arrivo, dopo avere perfino chiesto indicazioni su come arrivarci, visto che non mi fido molto della Offmap e del mio senso di orientamento, la piazza e le vie circostanti sono piene di stand in vista delle gare del giorno dopo e di quella per bambini che si sta svolgendo.
4. Funerale. Mentre suona la musica, la folla degli atleti si dirige verso l’expo e i bambini schiamazzano, nella chiesa sul lato sud della piazza si svolge un funerale. Io scatto una foto proprio quando la gente esce, consapevolmente.
5. Vadabuse (freedom) square. “Ma là dietro, salendo quegli scalini, si arriva su una collinetta. Andiamo a vedere.” vengo trascinato in una multitude di vertigini. Basta fare un passo in più o spostare un attimo lo sguardo che si hanno continui cambi di prospettive, di colori, di vedute, di edifici: ecco un castello, un palazzo parlamentare, una cattedrale, una chiesa, pure un funerale che fotografo, una veduta mozzafiato su Old Town o sulla città intera, un parco, un vicolo, una casa in legno, una a mattoni, una con la facciata verde tenue, una con la facciata rosa. Il quartiere di Toompea, il cortile del re danese, il duomo, Maiden Tower, Town hall, le mura, gli archi, i cortili, i vicoli, i sentieri in grandi ciottoli di pietra, il corso d’acqua che cade su un prato che sembra uscito da un quadro, le statue di animali, la città vecchia propriamente detta, tipicamente medievale, tanto da ricordare Siena o Gamla Stan, con stradine in pietra, palazzi gotici o barocchi, chiese, musei, edifici, bar, ristoranti, negozi di souvenir, mercati dei fiori e night clubs che ricordano il periodo in cui questa città era chiamata la Bangkok dell’Europa. Questa città è un fiaba:” c’è una sorpresa a ogni pagina.
6. Rock. Un pub si chiama “Depeche Mode.” Un negozio vende vinili e grammofoni. Nelle strade capita di ascoltare musica rock classica, di quella che parte dagli anni Cinquanta del Novecento e finisce con i Novanta. Lo stesso si poteva sentire nelle altre capitali visitate : questa gente deve aver subito troppo a lungo un ostracismo musicale da parte di chi voleva imporre le proprie volontà a loro.
7. Nell’interno di alcune strade si vedono muri diroccati e palazzoni di tipo sovietico, così come ogni tanto si vedono moto che sfrecciano, barboni che frugano nei cassonetti, ferrovie abbandonate, strade ancora da asfaltare. Niente dà il senso di incompiuto: piuttosto di ricostruzione, di gentrificazione, anche se con sacche di mancato inserimento e di povertà.
8. Arrivo all’hotel Economy, di fronte alla stazione dei treni, a un quarto d’ora dal centro, una volta che si conosce la strada e non si fa il giro delle vie che lo circondano. Suono il campanello perché non mi riesce aprire la porta con forza. Faccio il check in. La camera e il bagno sono spaziosi, le receptionist molto carine, di una bellezza nordica naturale, come le estoni in generale. Vado a correre. Mi dirigo verso quello che si rivela essere il porto. Faccio anche dei gradoni perché devo scoprire cosa c’è là sopra. Un gruppo di ragazzini canta una canzone di Whitney Houston. In cima c’è una piattaforma sopra il mar baltico, calmo e di colore blu scuro. Riscendo i gradoni. Continuo a correre per le vie parallele al mare e scopro il Sea Harbour, il museo marittimo, alcune navi storiche, una specie di spiaggia, un parco tenuto con ordine teutonico in cui una coppia di adolescenti si bacia e molte mamme fanno giocare i figli sulle altalene. Faccio diciotto chilometri quasi senza accorgermene e torno in camera. La finestra dà sulla strada. Alla reception prendo una rc cola. Grazie a Google Maps arrivo ad uno dei ristoranti consigliati dalla Lonely Planet sbagliando direzione una sola volta, all’inizio. Le strade sembrano sempre più lunghe e complicate la prima volta che si fanno.
9. Olde Hansa, il ristorante in mezzo a Tallinn. Penso che ci sia un errore quando leggo i prezzi sul menu. Si arriva fino a centoottanta euro per del caviale, ma comunque si parte da cinque. “È un ristorante medievale,” mi fa notare un cameriere quando gli chiedo se c’è l’wifi. I vestiti dei servitori, le sedie e i tavolini in legno, le caraffe in cui servono la birra, i tegami in cui servono i piatti, l’illuminazione con candele lo confermano. I prezzi e le posate lo smentiscono in parte. Premesso che tra i piatti c’è anche “l’orso” a cinquantacinque euro, prendo un salmone affumicato in salsa di caviale con verdure ed è delizioso, delicato, saporito. La birra invece è buona, ma non eccezionale.
10. Passeggiare per la Old Town il sabato sera è gradevole, tra mercato dei fiori, gente che va in risciò, trenini, sosia di Ricky Cunningham di Happy Days che passano, gente che va in giro col costume da pinguino, negozi di souvenir aperti, chitarristi che suonano e cantano musica del pop e rock angloamericano classici, come i Beatles, un terzetto di giovanissimi composto da due maschi e una femmina che sembrano appena usciti dal suonare in un’orchestra durante un concerto a teatro e stanno per strada a concedere il bis con tromba e clarinetto. Intanto delle tipe sono vestite con abiti simili a quelli da matrimonio e fanno abbastanza casino. Tre ragazze si mettono in posa quando fotografo una chiesa nella piazza principale. Mentre io penso a come gestire la situazione, tre ragazzi inglesi si avvicinano e a uno viene concesso di fare un pezzo di strada con loro.