Un po’ di considerazioni sulle tasse.
Una specie di prima parte è qui.
1. Dichiarare che le entrate future saranno maggiori grazie alla riduzione dell’evasione fiscale è poco credibile perché:
a. Queste entrate sono incerte.
b. Chi sente braccato può pensare di comportarsi in modo tale da pagare meno tasse (lavorando di meno, spendendo di più, intestando le proprietà ad altri, trasferendosi all’estero, portando capitali in paradisi fiscali, delocalizzando l’impresa, ingegnandosi a costruire artifici contabili legali).
c. L’effetto immediato di maggiori entrate è un aumento della pressione fiscale e quindi una crescita minore. (Vale anche per l’avanzo primario: è un male se deriva da eccesso di pressione fiscale ed è un male se non è temporaneo.)
2. Alzare le tasse è un incentivo all’evasione, se è ragionevolmente probabile che i controlli non siano efficaci, le scappatoie siano permesse da migliaia di leggi e deroghe, i processi siano lenti e le sanzioni non conducano in galera. Anche senza alzare le tasse, i tassati possono valutare accettabile il moral hazard di non pagarle: il gioco vale la candela. I benefici sono superiori ai rischi.
a. Il rischio contrario è che nel caso in cui un innocente incappi nella macchina tributaria si trovi in una situazione peggiore di quella di Josef K., il protagonista de “Il Processo” di Kafka.
b. Naturalmente la ragionevole certezza di controlli e sanzioni e un sistema tributario meno farraginoso, complicato e quasi nemico aiuterebbero a garantire che tutti i tassati paghino.
c. Chi è vicino allo scaglione di reddito oltre il quale si alza l’aliquota marginale potrebbe non volerci entrare e quindi nemmeno migliorare la propria condizione economica, con conseguenze negative per tutta l’economia nazionale.
d. Chi dichiara il reddito viene beffato doppiamente rispetto a chi non dichiara, quindi aumentare le aliquote di coloro che si suppone non paghino, è controproducente.
3. Gli attori economici non stanno fermi. Tutte le volte che si ipotizzano tasse su qualche attività produttiva, anche per favorirne altre, si deve pensare a questa cosa. Come esempio prendiamo le tasse sui beni di lusso e prescindiamo dal dare una definizione a quali sarebbero questi beni (“quelli degli altri?” “Quelli che non piacciono a noi?”) Se le tasse si applicano sui consumi, ci può essere un effetto sostituzione: le persone che li compravano decidono di non comprarli oppure di importarli. Se si applicano sui produttori, questi possono andarsene dal paese impostore, oppure accollarsele o ancora trasferirle sui prezzi. Di solito c’è una traslazione sui consumatori, anche se non sempre del cento per cento. Quindi che può succedere?
a. Le imprese spendono più in tasse che in ricerca, sviluppo, innovazione o stipendi oppure passano a produrre altro. L’effetto netto sull’economia nazionale dipende da quanti servizi pubblici più efficienti vengono dati ai cittadini? Da quanti prodotti innovativi potrebbero essere prodotti e migliorare il tenore di vita dei cittadini e non succede? Da quanti potrebbero essere assunti in lavori qualificati da quelle imprese e non succede? Da quanto le imprese non possono né sono incentivate a ingrandirsi o a internazionalizzarsi e quindi a poter competere sul mercato globale?
b. In caso di pagamenti maggiori di tasse senza traslazione, le imprese avrebbero comunque più costi da sostenere rispetto a concorrenti di altri Paesi e quindi sarebbero meno competitive dal lato dei costi e alla lunga perderebbero quote di mercato o non riuscirebbero a reggere la concorrenza che ha più risorse che restano in casa anziché uscire a favore dello Stato. Se sono quotate in borsa, il valore delle loro azioni calerebbe. Alla fine, ci sarebbero meno soldi in cassa e meno “mantenimento di soldi generati attraverso le proprie attività operative.” In pratica è come essere obbligati a distribuire dividendi agli azionisti anziché reinvestire gli utili: questo è quello che chiede lo Stato.
c. In caso di trasferimento dei costi da parte delle imprese sui prezzi, innanzitutto ci sarebbe una perdita di competitività rispetto a chi pratica prezzi più bassi sul mercato globale. Se le imprese decidono di andarsene chi ci rimette sono i lavoratori attuali dell’impresa, quelli che potrebbero entrarci se continuasse a operare nel Paese, le imprese dell’indotto e i loro lavoratori, lo Stato stesso che avrebbe un gettito fiscale inferiore a quanto previsto a seguito dell’aumento delle tasse (o imposte, ma non facciamo i sibillini.) Se ad andarsene sono i consumatori, che passano a prodotti sostitutivi o vendono i loro beni patrimoniali o emigrano ecc., chi ci rimette non sono quelli che avrebbero dovuto essere colpiti (i ricchi, certe categorie di automobilisti, certe categorie professionali, gli animalisti o chi merita la punzione secondo il legislatore.) Chi ci rimette sono ancora una volta le imprese, i lavoratori, lo Stato stesso.
d. Ricordatevi di questi casi quando scrivete sui social di aumentare le tasse su redditi, consumi o patrimoni a questo o quello. Ultimamente vanno di moda le imprese web come Google, Facebook o Amazon, che per la cronaca non produce utili ma flussi di cassa.
4. Esistono delle “tasse buone”, in senso di efficienza economica, che vanno ad aggiustare problemi legati al concetto di esternalità. Una carbon tax, per esempio, mette d’accordo economisti ed ambientalisti, ma avrebbe come primo effetto quello di far aumentare i prezzi di tutto quello che è legato all’energia proveniente da centrali a carbone. Come compensare l’effetto della carbon tax? Riducendo altre imposte, ad esempio.
5. Quanto si pensa di poter recuperare dalla lotta all’evasione? Quale frazione della spesa pubblica corrente?
Si è mai pensato che, forse, oggi, se tutti quelli che non pagano le tasse, dovessero realmente pagarle, converrebbe loro chiudere l’attività? Per qualcuno non sarà un male in sé, ma ci sarebbero meno servizi e quindi non certamente una maggior crescita economica. Consideriamo due aspetti un po’ tranchant.
a. Supponiamo che ci sia una produzione di reddito pari a 100. Nel caso di evasione fiscale, questi 100 restano all”interno dell’economia, trasferendosi eventualmente tra privati. Il singolo cittadino può anche tenere tutto per sé, ma alla fine qualcosa comprerà con questi soldi o comunque li reinvestirà e farà muovere l’economia. Darne una parte allo Stato non fa diventare magicamente quei 100 un numero più alto. E’ chiaro che la parte destinata allo Stato può essere usata per spese utili. Ma sappiamo tutti quanto siano inefficienti gli enti pubblici. Inoltre la spesa pubblica richiede anche la spesa di un burocrate.
b. Oggi è possibile pagare a un dentista evasore immaginario 100 euro senza fattura e 130 con fattura. Qualora questo non fosse più possibile, chi pagherebbe le trenta euro? Il dentista, con le tasse? Inizialmente, il consumatore, che forse potrebbe non permetterselo e quindi avrebbe un servizio in meno. Oppure un servizio più costoso per lui, che avrebbe meno reddito disponibile per altre esigenze. Nel primo caso il dentista avrebbe un ricavo in meno e lo Stato un’entrata in meno.
c. Attenzione! I punti precedenti non vogliono essere favorevoli all’evasione. Anzi. Però è chiaro che se davvero l’evasione fosse smantellata, la prima cosa da fare sarebbe ridurre di molto la pressione fiscale. Pagare tutti, in modo progressivo, ma pagare meno e far davvero crescere l’economia, agendo sul denominatore del rapporto debito/pil. Si può fare in modo di pagare tutti? Sì, con un sistema tributario semplificato, attento alle esigenze del cittadino. Con una burocrazia limitata al minimo e senza la necessità di andare dal commercialista per capirci qualcosa (a quel punto il commercialista potrebbe reinventarsi come consulente aziendale o altro o…cambiare mestiere.) Con poche leggi chiare, poche deroghe, poche aliquote e una forte credibilità: a quel punto lo Stato deve essere inflessibile in modo che i cittadini abbiano la percezione che non pagare non convenga loro.
d. Coloro che parlano di far detrarre tutto hanno mai pensato alla valanga di documenti che ognuno dovrebbe conservare e depositare? Come farebbero all’Agenzia delle Entrate a verificare tutto? Aumenterebbero la burocrazia e i costi. Sul punto “detrarre e dichiarare tutte le spese sì o no”, con varie considerazioni anche di natura economica, ha parlato spesso Mauro Seminerio su www.phastidio.net. Sul tema, anche Il Post: http://www.ilpost.it/2013/10/30/scontrini-stati-uniti-contrasto-di-interessi/
Sapevate, inoltre, che le imposte in teoria economica rappresentano una perdita secca di efficienza (e di benessere economico) tanto maggiore quanto maggiore è l’elasticità della domanda? Vedete, ad esempio, http://didattica.unibocconi.it/mypage/dwload.php?nomefile=LEZIONE520090310170105.PDF