CONTRIBUTI
Nei metodi a ripartizione, o pay as you go: soldi che vengono prelevati dai lavoratori non in nero e trasferiti (attraverso un ente pensionistico) nei portafogli dei pensionati.
“In grande maggioranza i pensionati italiani hanno versato contributi insufficienti a finanziare il valore complessivo delle pensioni di cui sono beneficiari” (Elsa Fornero, chi ha paura delle riforme).
Se i contributi sono insufficienti si attinge al gettito fiscale o si aumenta il debito pubblico
DAL BILANCIO INPS 2019
Il risultato economico di esercizio continua a essere negativo.
Vediamo la gestione finanziaria di cassa (pag.17). I contributi raccolti sono stati pari a oltre 227 miliardi di euro nel 2019. Le prestazioni istituzionali (=pensioni e assegni vari) sono state più di 330 miliardi di euro. Lo Stato ha tappato il buco con trasferimenti derivanti da tasse o debito per 113 miliardi. Queste cifre sono state quasi sempre in crescita a partire dal 2014. Il differenziale di cassa è stato sempre negativo negli ultimi sei anni. Lo Stato ha sempre dovuto apportare più di centodieci miliardi di euro per appianare il buco.
Pagina 24. Il risultato economico delle gestioni dei lavoratori dipendenti e dei parasubordinati è in attivo. Tutti gli altri sono in perdita: commercianti, artigiani, ex inpdap ecc. In ogni caso questi risultati comprendono i trasferimenti statali.
LAVORO E PENSIONI
La pensione è il frutto del lavoro e del risparmio dei cittadini.
“Persone in grado di lavorare che vanno in pensione significa che ci sono meno redditi da lavoro, ma questi sono la base per ogni pensione, presente e futura”. (Elsa Fornero, chi ha paura delle riforme).
STAFFETTA GENERAZIONALE
Idea sbagliata secondo cui se una persona va in pensione un’altra ne prende il posto di lavoro.
“La permanenza al lavoro dei più anziani non sottrae posti di lavoro ai giovani. Il ragionamento errato circa il numero fisso di posti di lavoro da distribuire fra i lavoratori non tiene conto dell’effetto moltiplicatore del reddito di coloro che si ritiene dovrebbero andare in pensione. Dotati di una maggiore capacità di spesa rispetto ai giovani i più anziani alimentano una maggiore domanda complessiva che favorisce l’accesso dei giovani al lavoro. Inoltre lo stato non deve erogare la pensione all’anziano che resta sul posto di lavoro e quindi può dedicare quella somma a investimenti e sgravi fiscali che aumentano la domanda di lavoro e consentono l’assunzione dei giovani
i paesi nei quali il tasso di attività degli anziani è più alto sono anche quelli col più alto tasso di occupazione dei giovani e delle donne. Quando i posti di lavoro crescono, e questo avviene solo con la crescita dell’economia, l’aumento riguarda entrambe le fasce di popolazione.
Non c’è alcuna prova che indurre i lavoratori anziani a uscire dal mercato del lavoro renda disponibili posti di lavoro per i giovani. È vero il contrario. Pagare perché un lavoratore anziano esca dalla forza lavoro riduce il tasso di occupazione e accrece il tasso di disoccupazione dei giovani e dei lavoratori con pochi anni di anzianità (Gruber Milligan Wise introduction and summary social security programs and retirement around the world the relationship to youth employment. Per europa: eichorst how to combine th entry of young pepole in the labour markjet with the retengion of older workers. (Elsa Fornero, Chi ha paura delle riforme).
DONNE E PENSIONI
“I trattamenti a favore delle donne servono a compensare le discriminazioni in famiglia e nel welfare e al lavoro. Andrebbero tolte quelle. L’offerta di servizi adeguati agevolerebbe la fatica delle donne al lavoro”. (Elsa Fornero, chi ha paura delle riforme).
LEGGE 153 DEL 1969
Riforma Brodolini. La bozza di riforma venne contestata in piazza e dai sindacati, che volevano avere privilegi per i lavoratori del tempo, pensavano che la speranza di vita, i tassi di crescita, la demografia non sarebbero mai cambiati. Quindi ecco le pensioni sociali, le pensioni di anzianità, le pensioni legate alle retribuzioni più elevate, i regali pensionistici a chi non versa contributi, il mancato legame tra contributi versati e pensioni ricevute, il mancato legame tra andamento del reddito nazionale e dei benefici pensionistici.
In realtà la legge aveva un progetto e un perché. C’erano persone che avevano visto i propri contributi venire annientati dall’inflazione dell’immediato dopoguerra. C’erano imprenditori che non avevano versato i contributi a loro carico. C’era stato il passaggio dall’agricoltura all’industria e molti non avevano certo versato contributi nella loro epoca da coltivatori. Le casse previdenziali nel precedente sistema a capitalizzazione erano in rosso, quindi comunque lo stato sarebbe dovuto intervenire per sostenere gli anziani indigenti.
Rispetto al sistema precedente o rispetto all’impossibilità di avere un decente tenore di vita (analogo a quello dei lavoratori del periodo) la legge non fu di per sé sbagliata. L’errore fu quello di non prevedere meccanismi di aggiustamento automatico in caso di cambiamento delle condizioni di reddito, demografia, aspettativa di vita. L’errore fu anche quello di non spiegare “come funzionano le cose” e di lasciar credere che a tutti sarebbe stata garantita la pensione il prima possibile al più alto assegno possibile, che i diritti siano acquisiti per sempre a prescindere dalle risorse disponibili e prodotte dall’economia reale, che esista un tesoretto che ogni persona accumula coi propri contributi.
Le persone però avrebbero accettato la spiegazione? Il corpo elettorale voleva o non voleva sussidi e pensioni? Gli stessi imprenditori saranno ben contenti di scaricare sulle generazioni future il costo delle ristrutturazioni aziendali attraverso i prepensionamenti.
Per mantenere un blocco elettorale furono garantite pensioni indipendenti dai contributi versati a commercianti, artigiani, dipendenti pubblici, sindacalisti, militari ecc.
PIRAMIDE DEMOGRAFICA
Quella cosa per la quale gli italiani sono e saranno sempre più vecchi. Ogni anno a partire dal 2023 c’è un gap di persone tra nuovi pensionati e nuovi occupati. I nuovi occupati sono ogni anno meno dei nuovi pensionati. I nuovi potenziali occupati peraltro, comprendono persone che potrebbero emigrare, che potrebbero studiare, che potrebbero non cercare lavoro, che potrebbero trovare lavoro precario a bassa paga. Se la produttività e quindi il pil crescessero in modo mostruoso i nuovi potrebbero anche mantenere i vecchi, anche se di più. Altrimenti, se i pensionati vogliono mantenere il tenore di vita che avevano quando lavoravano, sono le aliquote contributive a dover aumentare. Con ciò riducendo la torta a disposizione dei giovani e alla fine anche dei pensionati stessi, poiché se chi vuole investire o vuole lavorare sa che il suo reddito verrà mangiato dai pensionati rinuncerà.
“ Nel tempo sono migliorate le condizioni di salute e di vita, è aumentata la speranza di vita, sono cadute le nascite. Questo è un successo anche del sistema di welfare e pensionistico. Adesso ci sono pochi giovani e molti anziani. La bassa crescita economica aggrava il problema demografico rendendo più difficile il finanziamento delle prestazioni promesse in anni passati.
Nel 2060 la quota di popolazione compresa tra 15 e 64 anni passerà da due terzi a metà. Chi ha più di 64 anni sarà il 29% anziché il 19%. In Italia i valori sono 64 e 55% per i 15*-64enni. 22 e 33% per gli ultra sessantacinquenni”.
I RISCHI DELLA TERZA ETA’ E COME AFFRONTARLI
Contro il rischio di reddito derivante da una carriera discontinua e povera, da una salute cagionevole, dal lavoro sommerso, dal cambiamento tecnologico ci sono misure come l’assicurazione contro la disoccupazione, l’istruzione gratuita per i meno abbienti, gli assegni familiari, le politiche attive per il lavoro e la famiglia, i programmi di assistenza per le persone bisognose di cura, l’alleggerimento della sussidiarietà delle donne ai compiti sociali.
Non ci può essere una buona pensione a fronte di una cattivà vita lavorativa. Entrano in gioco la pensione universale, la pensione minima, il ricorso alla fiscalità generale.
Contro il rischio di inadeguatezza delle contribuzioni ci sono le pensioni integrative.
Occorre contrastare l’evasione e il lavoro nero.
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE
Quanto viene prelevato dallo stipendio o dal reddito per garantire una pensione ai lavoratori attuali. A causa dell’evasione a un’aliquota alta non corrisponde necessariamente una pensiona alta. Chi paga lo prende in quel posto.
“ Anche le aliquote contributive sono diverse. In Belgio erano del 16%, in Francia del 25%, in Germania del 18%, in Italia del 33%. Una parte delle pensioni però può essere pagata ricorrendo alle tasse o all’indebitamento o la politica può introdurre un cuneo tra contributi e prestazioni rendendo la pensione meno legata ai contributi e favorendo questa o quella categoria o questa o quella generazione”.
SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE
I lavoratori di oggi versano contributi sulle loro buste paga. Questi vanno a un fondo pensioni. Il fondo impiega i contributi versati ricavandone un rendimento, che non si può conoscere a priori ma solo ragionevolmente stimare. I pensionati di domani (i lavoratori di oggi) ricevono una pensione mensile commisurata ai loro versamenti e al loro rendimento.
Se i versamenti sono pochi o il rendimento è basso ottengono ciccia, anzi nemmeno quella e lo Stato alla deve intervenire.
SISTEMA A RIPARTIZIONE
I lavoratori versano i contributi sulle loro buste paga e vanno a un ente pensionistico. Se i contributi sono insufficienti si attinge al gettito fiscale o si aumenta il debito pubblico. I pensionati di oggi ricevono una pensione mensile data dai contributi dei lavoratori di oggi.
Non ci sono risparmi accumulati e lo Stato può promettere pensioni legate a età e importi vari perché ciò che non è coperto dai contributi disponibili in un certo periodo sarà coperto dal deficit o dalle imposte (con quel che ne consegue in termini di crescita).
Tutto va bene se la popolazione cresce e il reddito medio dei lavoratori cresce. Quando le cose cambiano verso devi assicurare che l’ammontare totale dei contributi (numero dei lavoratori moltiplicato per il reddito medio da lavoro moltiplicato per l’aliquota contributiva media) siia pari all’ammontare totale delle pensioni erogate nello stesso periodo (numero di pensionati moltiplicato per l’importo medio delle pensioni in pagamento). Altrimenti si creano disavanzi. Come si mantiene il sistema in equilibrio?
Con un mix di misure che teoricamente comprendono: adeguare l’età di pensionamento all’aspettativa di vita,
ridurre la pensione media, in modo da contenere la spesa previdenziale per l’aumento dei pensionati; aumentare l’aliquota di contribuzione degli attivi così che, a parità di generosità del sistema, ci siano maggiori risorse per pagare le pensioni; aumentare l’età del pensionamento, in modo da compensare l’aumento nel numero degli anziani con un aumento dell’età di ingresso nel pensionamento; aumentare il carico fiscale, finanziando parte della spesa non più con contributi, ma con imposte e perciò rinunciando all’equilibrio finanziario tra contributi e prestazioni; ridurre la spesa pubblica diversa dalle pensioni; ricorrere al debito, ossia rinviare al domani le maggiori imposte che sarebbero necessarie per coprire il disavanzo. In pratica, quando l’aliquota contributiva è già relativamente alta e la pensione media relativamente bassa, l’onere dell’aggiustamento non può non riversarsi prevalentemente sull’età di pensionamento, tanto più se si considerano la maggior durata della vita e il miglior stato di salute della popolazione.