Da “La lista della spesa” di Carlo Cottarelli
A fine 2013 c’erano 3.242.495 dipendenti pubblici, secondo la ragioneria dello stato, cui si aggiungono 79000 dipendenti a tempo determinato o con contratti di formazione, 20000 docenti universitari a contratto e ricercatori.
Scuola e università fanno un terzo dei dipendenti pubblici. La sanità conta per il 22%.
Il 18% dei dipendenti è costituito da regioni, province, comuni.
Tra corpi di polizia e forze armate si arriva al 15%.
I dipendenti dei ministeri sono circa il 7%.
Nel 2011, secondo l’ocse, il rapporto tra dipendenti pubblici e persone in età lavorativa era del 14%, più basso che in francia (22%) e regno unito (18%), più alto che in Germania ma lì la maggior parte dei dipendenti della sanità non è compresa tra i dipendenti pubblici.
Tra il 2008 e il 2013 l’occupazione pubblica è scesa di oltre 200mila unità. Ci sono state meno assunzioni.
Ci possono essere settori con poco personale e settori in cui è eccedente.
I confronti sono meno favorevoli all’Italia se si considerano anche i dipendenti delle imprese pubbliche. In Italia nel 2011 erano il 4% della forza lavoro, circa un milione di persone. Nel Rego Unito 1,7%, in Francia 2,5%.
A causa della spesa per interessi e pensioni possiamo permetterci di pagare meno i dipendenti pubblici.
La spesa per gli stipendi sul pil in Italia è del 12%. In Gran Bretagna è di poco superiore, 12,6%, a indicare che i dipendenti pubblici inglesi sono più numerosi ma vengono pagati meno.
Le regioni a statuto ordinario del nord hanno valori inferiori alla media di 54 dipendenti pubblici ogni mille abitanti. La Liguria, con 66 dipendenti pubblici ogni mille abitanti, fa eccezione. La Lombardia ha 42 dipendenti pubblici ogni mille abitanti, il Veneto 46.
Le regioni del centro sud hanno più di 50 dipendenti pubblici per mille abitanti. Il Molise, con 60, può essere penalizzato dalla dimensione. La Calabria è a 58, la Campania 51. Tra le regioni a statuti speciale la Valdaosta ha un indice di 93, il Trentino ALto Adige 76, il Friuli Venezia Giulia 70, la Sardegna 67, la Sicilia 57.
Nel settore pubblico non viene licenziato quasi nessuno. Nel 2013 sono stati fatti un migliaio di licenziamenti. Esiste anche una procedura per la messa in esubero nel caso un’amministrazione ritenga di avere un numero di dipendenti superiore alle proprie esigenze. Lo prevede il decreto 165 del 2011. È rimasta lettera morta.
Le misure di revisione della spesa stesse che venivano presentate dagli uffici non presentavano mai riduzioni di spesa per il personale.
Esiste la messa in disponibilità, la riallocazione di personale in eccesso in settori dove manca (decreto legge 90 del 2014, limitato a uno spostamento di 50km senza che il dipendente possa obiettare).
L’età media elevata, come quella di tutta la forza lavoro. Il blocco del turnover non ha riguardato la scuola. Carriera diplomatica, esercito, guardie forestali hanno visto un ringiovanimento. Sono invecchiati gli altri corpi di polizia.
Dal 2015 c’è un allentamento del blocco del turnover.
Tra il 2006 e il 2012 l’aumento dell’età media è stato solo di un anno e quattro mesi
Ogni anno va in pensione il 2,5% dei dipendenti pubblici.
Per risparmiare si possono pensare altri strumenti.
Si potrebbero reinternalizzare servizi che sono stati esternalizzati o che comunque vengono comprati dai privati. Occorre una mappatura dei servizi.
Ci sono dei risparmi dai prepensionamenti ma il coefficiente di rimpiazzo tra pensione e retribuzione è ancora alto in Italia e i pensionati non pagano più contributi, quindi il risparmio netto è basso. C’è il rischio inoltre di una spinta al prepensionamento dei privati, con forte aumento della spesa pensionistica.
Si può usare la procedura di messa in esubero come strumento di mobilità verso l’esterno del settore pubblico. Si possono offrire dei pacchetti di ricollocazione a chi volontariamente se ne va. Si devono creare ammortizzatori sociali per gli ex dipendenti pubblici in attesa che trovino lavoro nel privato.
I dirigenti pubblici sono pagati più che negli altri paesi, ma ci sono differenze tra settori. Hanno stipendi relativamente bassi i presidi, i dirigent idegli enti di ricerca, i dirigenti non medici del ssn. Al top ci sono gli stipendi dei dirigenti degli enti pubblici non economici.
Per riportare gli stipendi dei dirigenti italiani a livello (rispetto al reddito procapite) degli omologhi francesi, tedeschi e britannici si sarebbero dovuti dimezzare gli stipendi per i dirigenti di prima fascia.
È opportuna una riforma della struttura della struttura della retribuzione.
I dirigenti licenziati ogni anno sono pochissimi.
In base ai dati istat i lavoratori pubblici hanno avuto una retribuzione media del 28% superiore a quella dei privati negli ultimi 35 anni. Questo può anche dipendere da diverse funzioni, grado di istruzione ecc. In media gli stipendi pubblici sono più alti di quelli privati in Francia (11%) e più bassi in Gran Bretagna (che quindi può permettersi più dipendenti pubblici).
Ci sono comunque dei cicli. A volte il rapporto è più alto, altre è più basso. Tra il 2000 e il 2006 il rapporto era 1,35, poi è sceso fino a 1,28.
Dopo il 2010 si è arrivati a 1,24.
Occorre rivedere la struttura della retribuzione dei dipendenti pubblici, che è attualmente troppo complessa e con differenza tra settori difficili da capire. Sarebbe anche necessario introdurre migliori strumenti di premialità, legami tra aumenti di stipendio e aumenti di produttività, possibilità per i dirigenti di premiare che lavora meglio e penalizzare chi lavora peggio.