Leggo in un commento su Facebook. “Nel 2013, cioè IERI, il figlio di un mio amico d’infanzia si è laureato in ingegneria informatica a Roma alla Sapienza, con 110 e lode, è stato a spasso due mesi, cercando lavoro presso le varie agenzie trova lavoro, ne aveva trovato uno in un call center a 400 euro al mese, ma prima di accettare è stato contattato telefonicamente da una ditta di informatica francese, che a seguito di informazioni prese all’università, gli ha proposto un colloquio in francia, lui ha accettato, e in macchina con il padre è andato al colloquio, sono tornati a casa e dopo una settimana è stato contattato dalla ditta per sapere se voleva lavorare per loro e quanto avrebbe voluto come compenso, lui ha risposto di si e per un compenso di 37.500 euro netti annuali; la ditta ha accettato chiedendogli di prendere servizio il lunedì prossimo. Quindi padre e figlio sono ripartiti in auto e sono andati in francia, dove un addetto della ditta li ha accompagnati a fare tutti i documenti, gli hanno trovato casa, la macchina, aperto un conto corrente in banca per l’accredito dello stipendio, hanno svolto tutte le pratiche inerenti la sistemazione anagrafica e legale, quindi il mercoledì seguente ha iniziato a lavorare, mentre il padre rientrava tutto contento a Roma, pensando di avere fatto 13 al totocalcio. Questo in FRANCIA.
28 anni, posizione manageriale, stipendio che è il doppio rispetto a quello dei miei genitori a fine carriera, progressione basata sul merito e flessibilità. I miei amici sono a casa a fare stage non pagati o a lavorare per 400 euro al mese senza alcuna, remotissima, possibilità di fare carriera perché l’età e le conoscenze sono quello che conta. Tornare in Italia? No grazie.”