Zico vuole diventare presidente della Fifa. Ce lo vedrei bene. Non solo perché meglio di Blatter è chiunque, ma perché è carismatico, ha vissuto di calcio, è meno legato all’odore dei soldi di Pelé, è meno genio e sregolatezza di Maradona, ha una storia che parla a suo favore.
Già. La sua storia. Ho rivisto un dvd realizzato dalla Gazzetta e sono tornato ai tempi del Campetto. La maiuscola è d’obbligo: il Campetto è stato uno dei luoghi dell’infanzia, uno di quelli in cui andavo a giocare a calcio. In uno di quegli anni, era tutto un parlare di Zico, delle sue punizioni. I più bravi cercavano di imitarlo in quei tiri a effetto che erano magia, arte e poesia. La palla, quando Zico tirava una punizione attorno al limite dell’area, non entrava subito in porta con velocità: ci metteva del tempo, come se desse ai tifosi il tempo di riflettere, di lasciarsi accompagnare, di orientarla con delicatezza. La palla lasciava ai tifosi il tempo di ammirare il tiro.
Quelle del campione brasiliano non erano semplici punizioni a foglia morta. Semplici si fa per dire, certo. Il pallone si alzava sopra le teste dei giocatori in barriera, non importa quanto alti, e poi scendeva all’improvviso per finire spesso a mezz’altezza in gol. Lo ricorda Ranieri nel dvd. Un altro ricordo è legato a un portiere della Fiorentina che aveva affermato di sapere in quale angolo Zico avrebbe tirato: ovviamente in quella partita quel portiere si spostò da una parte (neanche si buttò) e dovette limitarsi a guardare il pallone infilarsi all’angolo opposto a quello verso cui si era mosso.
Tra l’altro la prima giornata di quel campionato 1983/84, la ricordo benissimo: l’ascolto di Tutto il Calcio Minuto per Minuto, i commenti scritti sui quaderni sportivi che scrivevo all’epoca, i direttori dei giornali sportivi che parlavano alla Domenica Sportiva dopo che in giornata i gol erano stati visti a Novantesimo Minuto e a Domenica Sprint. Ricordo anche la prima pagina del giorno successivo, quando la Gazzetta avrebbe titolato in prima pagina “33 gooool!” Quello era il risultato più eclatante. C’erano anche tantissimi campioni nella serie a di quella stagione, oltre a Zico: Platini, Falcao, Cerezo, e il campionato italiano forse da allora per qualche anno era davvero il più bello del mondo. Ci sarebbe stata anche una delle più belle Fiorentine della storia, ma questo è un altro discorso.
Questa è la mia storia, però, non quella di Zico. Lui aveva degli spettatori giunti apposta per lui già da bambino quando giocava per strada, in shorts, senza maglietta, senza scarpe, senza porte: era uno spettacolo fin da allora, ma era gracile. Prima di passare al professionismo, a diciassette anni, stette tre anni a potenziarsi. Racconta che la sua vita era stata tutta scuola e palestra: stava poco a casa, ma “i sacrifici sono indispensabili per arrivare.” La sua fragilità muscolare, per quanto diminuita, resterà: d’inverno cercherà di coprirsi il più possibile, si infortunerà troppo spesso e soprattutto troppo a lungo. Sarà costretto a rientrare anticipatamente e peggiorerà la situazione. Il suo rendimento in Italia sarà in parte inficiato dagli infortuni.
Negli ultimi anni Settanta e primi anni Ottanta la sua stella domina il calcio brasiliano. A Rio, la sua città, e nel Flamengo, la sua squadra da quando è nato, come tifoso prima e come giocatore poi, parlano di un’era prima di Zico e di un’era dopo Zico. La cosa curiosa è che lo stesso vale per Udine. Nella città friulana esiste un “prima e dopo il terremoto del’76” in generale e da un punto di vista calcistico un “prima e dopo Zico.”
Col Flamengo, la squadra del popolo Carioca, Zico ha vinto (o meglio: ha contribuito in larga parte a far vincere) campionati, coppe Libertadores, coppe Intercontinentali (contro il Liverpool.)
Alcuni suoi gol, in cui scarta chiunque o si libera con un tocco e via o una finta, sono deliziosi. Poi, certo, ci sono le punizioni, che lui provava e riprovava in allenamento (e quasi sempre i tiri finivano agli angoli dove metteva due magliette, se i portieri avevano abbandonato la sessione di allenamento. Ricordano a Udine che la gente ovviamente restava a guardare lui, che arrivava per primo ad allenarsi, e usciva per ultimo.) Lui preferiva le punizioni dal limite, che considerava simili a delle pitture, ai rigori.
In nazionale fu lui a siglare il gol che permise al Brasile di battere l’Inghilterra ed espugnare Wembley dopo anni. Fu lui insieme agli altri campioni della nazionale dell’82 a dare spettacolo puro nel primo turno del mondiale. Vedere quel Brasile era una gioia negli occhi. Lo fu, a rivedere la partita, anche nel famoso incontro con l’Italia che vide la vittoria degli azzurri. Zico parla della marcatura stretta di Gentile come “furba” (gli strappa la maglietta quando sa che l’arbitro non vede.) Dice di aver chiesto comunque ai compagni di passargli la palla avesse anche un metro libero e da quel metro, per dire, trovò lo spunto per passare a Socrates il pallone del’1-1. Riconosce che l’errore fu quello di non fermarsi mai, di continuare ad attaccare. I gol dell’Italia arrivarono subito dopo quelli brasiliani, fino al 3-2 finale, che sancì la qualificazione degli azzurri alle semifinali e la “Tragedia del Sarrià” per i verde oro.
A Udine lo ricordano ancora. I vicini di casa: “Facevamo attenzione a uscire con la macchina: non s’avesse a metterlo sotto.” “Il suo maggiordomo rimase stupefatto dalla neve.” “Era simpatico e gentile.” Lui stesso a volte è tornato e ha mantenuto un bel rapporto coi tifosi e con la città. Aveva rifiutato offerte per andarsene. “Io sto bene qua: se lei, presidente, mi garantisce di avere una squadra competitiva, perché dovrei andarmene?” Era l’idolo di tutti. Non era un corpo estraneo, anzi era un po’ friulano anche lui, schivo e lavoratore..
Il suo arrivo aveva scatenato polemiche: il presidente federale Sordillo aveva bloccato gli acquisti suo e del futuro romanista (e futuro doriano) Cerezo perché ritenuti troppo costosi. Poi sollevazioni popolari al grido di “O Zico o Austria” e rassicurazioni dei presidenti delle Società avevano fatto ritornare la FIGC sulle sue decisioni.
Il precampionato 1983 fu sensazionale: l’Udinese batté il Real, il Vasco de Gama, e ogni volta l’asso brasiliano dimostrò quanto fosse geniale e forte. “Ora ci chiederanno lo scudetto,” disse un compagno di squadra. “Sono qui per questo: se non volessi vincere, non giocherei a calcio,” rispose Zico. Le cose andarono benissimo all’inizio, per poi finire in un campionato di mezza classifica. L’Udinese finì nona, pur essendo in lotta per l’Uefa almeno fino a primavera quando accadde il patatrac in società: Dal Cin e Mazza litigarono e la squadra si sentì senza una guida dietro le spalle. Zico segnò comunque diciannove gol, fece una bella stagione, stette fermo quattro partite per infortuni, segnò a Milan, Inter, Juventus, Fiorentina, Napoli. A Catania i tifosi locali urlarono il suo nome durante la partita di ritorno mentre Zico si apprestava a battere una punizione e lo applaudirono a lungo dopo che il pallone era entrato in porta.
Il secondo campionato nasceva sotto i peggiori auspici: molti giocatori furono venduti, Zico disse che se l’obiettivo doveva essere la salvezza, si sarebbe impegnato per quello. Purtroppo un lungo infortunio, seguito a un’amichevole a Brescia, lo tenne fuori dai campi per molte giornate. Zico prese anche sei giornate di squalifica per aver detto a un arbitro, Pirandola, che non aveva visto un gol di mano di Maradona, e quindi per avergli urlato di tutto. Infine arrivarono anche delle accuse di evasione fiscale, che lo rattristarono per il pensiero che avrebbero potuto procurare nella sua famiglia a Rio. Alla fine rescisse il contratto e tornò al Flamengo.
I gol di Zico a Udine:
I guai al ginocchio lo tormentano. Ai mondiali dell’86 non giocherà quasi mai. Contro la Francia ai quarti di finale gioca mezz’ora, sbaglia un rigore, trascina poi la squadra, ma non basta: ai rigori lui segna, gente come Socrates e Platini sbagliano e alla fine passa la Francia. In un anno due nuove operazioni, un lungo stop, il rientro per il finale del campionato. Il Flamengo vince l’ultima partita e lo scudetto e tutto il Maracanà acclama Zico, che era stato sostituito, per il giro di campo.
Nel 1989 torna a Udine. Risultato alla fine estraneo alle accuse di evasione fiscale, è accompagnato dai tifosi dall’aeroporto allo stadio per un’amichevole tra Brasile e il Resto del Mondo. Udine è ancora tutta con lui e per lui.
Finisce la carriera in Giappone e là segna il suo gol più bello: un pallonetto di tacco al volo.
Nel 2014 torna in campo al Maracanà per festeggiare i 64 anni dello stadio e continua ad estasiare cinquantamila tifosi.
I suoi gol più belli? Eccoli: